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Il caso parcheggi, la giunta in cantina: quando l’inesperienza produce danni devastanti

Il caso delle novità per i parcheggi a Como (una soltanto, in particolare: la sosta limitata a due ore, non ripetibile, in alcune vie del centro) andrebbe inserito in un manuale per studenti e aspiranti consiglieri, assessori, sindaci. Il titolo potrebbe essere più o meno questo: “La politica, l’amministrazione e i danni potenzialmente devastanti dell’inesperienza”.

Ha tratti persino allucinanti l’autolesionismo assoluto, gratuito, senza alcuna giustificazione pratica e/o teorica in cui si è andata a ficcare la giunta Landriscina in questa vicenda, con la coda avvelenata (e tutto sommato sgradevole) del tentativo almeno iniziale di addossare ogni colpa all’unica capro espiatorio di nome Vincenzo Bella.

Già soltanto l’elenco delle microtappe del caso è eloquente:

1) il 6 dicembre, sindaco e assessori (assenti soltanto Alessandra Locatelli, Adriano Caldara e Simona Rossotti) approvano la delibera che prevede anche i punti tanto contestati;

2) nessuno obietta, nei minuti e nelle ore immediatamente successive molti organi di informazione riportano esattamente i contenuti del documento (che peraltro suscita qualche timido dibattito e nulla più);

3) in maniera del tutto legittima e a questo punto sagace, viste le turbolenze innescate successivamente, oltre un mese dopo la Provincia riporta nuovamente gli stessi identici contenuti, in un articolo che però sarebbe potuto apparire immutato il 6 dicembre precedente;

4) dal “coma politico” lungo 40 giorni circa, si risvegliano alcuni assessori che a quel punto invocano modifiche, retromarce, presunte (e inesistenti) modifiche intercorse quasi a loro insaputa nel lasso di tempo in questione;

5) l’assessore alla Mobilità, Vincenzo Bella, su cui vengono riversate tonnellate di accuse e di fiele a mezzo stampa, casca in un assurdo e del tutto ingiustificabile mutismo, visto il ruolo pubblico e – comunque – alla luce della delega specifica;

6) per lunghi giorni, nessuno nell’esecutivo parla più in pubblico della questione, che intanto monta (in maniera del tutto artificiosa, per molti aspetti), mostrando una inconcepibile tendenza suicida della giunta nell’era della comunicazione e prestandosi alla inevitabile macellazione-stampa e agli ovvi attacchi delle opposizioni.

E siamo a oggi, con l’emergere della possibile e banalissima soluzione: togliere dalla delibera il limite della sosta di 2 ore non ripetibile entro la giornata (obbiettivamente punitivo) in alcune vie del centro.

Verrebbe da dire: ma di costa stiamo parlando? Di cosa abbiamo parlato? O meglio ancora: di cosa hanno fatto parlare sindaco e assessori con questa fantozziana gestione di una vicenda sostanzialmente virtuale?

Perché virtuale? E’ semplice, perché la delibera in questione è stata sì approvata, ma non è mai entrata in applicazione. Chiariamoci: il pasticcio c’è stato, è stato tutto politico e comunicativo, e questo è innegabile. Il provvedimento in sé non ha oggettivamente alcun senso e le “morti apparenti” di alcuni assessori poi tornati alla vita contestandone in via postuma alcune parti a mezzo stampa (e non in giunta) sconfina quasi nella barzelletta.

Ma tutto questo popò di polverone si sarebbe potuto risolvere in 20-25 minuti al massimo, con un pizzico di collegialità, di astuzia, di esperienza, in ultima analisi.

Anche ammettendo (l’unica cosa, questa, che resta grave sotto ogni profilo) la “distrazione” dei partecipanti nella riunione del 6 dicembre su un tema così cruciale, non appena riacquisite tutte le facoltà post-letargiche, la politica di un tempo avrebbe riunito la giunta d’urgenza (meglio ancora la maggioranza intera), si sarebbe scannata anche qualche ora, e – se davvero tutti convinti di trovarsi di fronte a un errore o a un fraintedimento, pur pesante – da Palazzo Cernezzi si sarebbe innanzitutto evidenziato che l’applicazione del provvedimento era di là da venire e non aveva ancora trovato alcuna applicazione pratica. E subito dopo, nello stesso documento (ipotizziamo: un comunicato senza firme, collegiale, in una forma “anonima” ma apparentemente condivisa) avrebbe immediatamente garantito una modifica, magari pure ammettendo la superficialità iniziale che comunque male non fa, ed è sempre meglio che rintanarsi in cantina aspettando che il temporale passi mentre lo si alimenta.

Qualche titolone sulla “retromarcia”, sul “dietrofront” o comunque lo si voglia chiamare, l’immancabile e comprensibilissimo comunicato polemico di Pd e Svolta Civica, e poi partita chiusa.

Invece no: giorni di silenzi, imbarazzi, lacerazioni, persino voci di dimissioni e rimpasti. Un mostro nutrito, di fatto, dall’assurdo attendismo imbavagliato dei protagonisti, dall’inazione tremebonda che aspetta di leggere i titoli del giorno per capire cosa fare e non viceversa.

Chiaro, ora, cosa si intende quando si dice che l’inesperienza, in politica, non è e non sarà mai in assoluto un valore, e che, anzi, maneggiandola male può diventare un nodo scorsoio al collo, soprattutto quando si governa?

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