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Il tesoro di Como è un caso giudiziario. E lo Stato si difende: “Non è un ritrovamento casuale e vale 4 milioni”

La notizia, oggettivamente gustosissima quindi complimenti al collega Stefano Ferrari, è arrivata dal quotidiano La Provincia di Como che, pochi giorni fa, ha dato conto del contenzioso aperto tra lo Stato italiano e la Srl comasca Officine Immobiliari che ha trovato, durante gli scavi per la ristrutturazione dell’ex Teatro Cressoni di via Diaz, le celeberrime mille monete romane. Il tesoro di Como, per capirci.

Il quotidiano ha raccontato come la vicenda sia finita al Tar poiché l’azienda, il cui amministratore unico è l’imprenditore Saba Dell’Oca, ritiene che il premio di rinvenimento stabilito (sancito dalla legge) sia eccessivamente basso: 369mila euro a fronte di un valore ipotizzato del tesoro pari a 11 milioni. Qui un estratto dell’articolo de La Provincia.

In queste ore lo Stato ha fatto il suo e ha preso posizione con una nota diramata dal Ministero della Cultura.

La riportiamo integralmente:

Sul tesoro di Como ritrovato nel cantiere dell’ex Teatro Cressoni è necessario rettificare alcune notizie, non rispondenti al vero, di recente diffuse da vari articoli di stampa.

Anzitutto, va chiarito che il ritrovamento del tesoro non è stato casuale, e il soggetto proprietario dell’area non ne è lo “scopritore”.

L’area dell’ex Teatro è “a rischio archeologico”: già nel 2011 (in seguito a richiesta dei precedenti proprietari) la Soprintendenza aveva perciò disposto che gli interventi fossero eseguiti con assistenza archeologica, e così lo scavo connesso al progetto edilizio della società Officine Immobiliari, che ha assunto natura di indagine archeologica, è stato condotto sotto la direzione dei funzionari archeologi del Ministero della Cultura; per questa ragione, il rinvenimento non si può considerare fortuito.

Riguardo alla determinazione del valore delle monete d’oro, la stima di circa 4 milioni di euro è stata condotta sulla base di una lunga e complessa attività di analisi e studio, con l’impiego di professionisti di diversa competenza. Contrariamente a quanto si è affermato, il Ministero ha tenuto informata Officine Immobiliari delle attività in corso: la relazione finale è stata inviata alla società il 26 marzo 2021 (con la determinazione del valore di stima, i criteri seguiti per la sua quantificazione, e la proposta di premio di rinvenimento), ma già in precedenza a più riprese la Soprintendenza ha trasmesso alla proprietà note informative, e in particolare l’elenco delle monete rinvenute con le relative zecche e la catalogazione secondo il Roman Imperial Coinage, ovvero il catalogo scientifico di riferimento per la monetazione romana imperiale.

La legge stabilisce che il premio di rinvenimento, previa stima delle cose ritrovate, sia determinato dal Ministero, che si avvale di tabelle di riferimento o di ricerche sul mercato antiquario per attribuire ai reperti un valore commisurato alla loro natura di beni sottratti al commercio legale, in quanto essi appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato. Nel caso i privati non concordino con tale stima, possono chiedere che sia nominato un perito, concordato dalle parti o nominato dal Tribunale, per procedere a una nuova stima. La legge prevede quindi tutte le garanzie necessarie per la proprietà.

Per una corretta informazione sui criteri di determinazione dei premi di rinvenimento (oggetto di tante critiche) si precisa che la misura del premio può andare da un minimo dello 0,1% fino ad un massimo del 25% del valore dei beni rinvenuti. Per garantire uniformità di trattamento e trasparenza il Ministero ha predisposto precisi criteri e un’articolata casistica, definendo quali percentuali applicare ad ogni singolo caso; per il tesoro di Como si è tenuto conto quindi che la proprietà

dell’area ha potuto realizzare interamente il suo progetto edilizio apportando solo minime modifiche, e che ha sostenuto per intero le spese relative alle attività di scavo, pertanto la percentuale massima applicabile in questo caso (così come in tutti quelli analoghi) non può che essere quella del 9,25% del valore di stima.

Gli scavi realizzati nell’area, comunque funzionali alla realizzazione del progetto edilizio della proprietà, hanno dalle fatture di spesa comportato un costo “aggiuntivo” pari a 120.000 euro e non, come dichiarato, a 297.000 euro. La società ha poi sostenuto i costi per analisi scientifiche per € 10.614, nonché commissionato un parziale lavoro di catalogazione delle monete per 8.000 euro (peraltro ad oggi non ancora liquidato). Non vi è alcun contratto di sponsorizzazione con la Soprintendenza, per l’importo di 37.000 euro.

Da ultimo, il premio di rinvenimento viene corrisposto con denari pubblici, ovvero con quanto versato dai cittadini come contribuenti. Pertanto è assolutamente necessario procedere con estrema attenzione nello stimare il valore del bene e del connesso premio, in modo da corrispondere agli aventi diritto la cifra a cui hanno strettamente diritto e non di più, servendo il premio esclusivamente ad incentivare il rispetto della normativa in materia di rinvenimenti archeologici in proprietà privata.

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