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Da 90 anni a Como c’è la bottega che inventa i colori: “La famiglia, il trauma, la svolta. Così è nato un amore”

La Bottega del Colore di via Milano, lo storico negozio di belle arti della famiglia Bogani, compie novant’anni, quasi un secolo fatto di passione vera per i colori che ha attraversato due generazioni partendo dal capostipite, il pittore comasco Alberto Bogani, ed è arrivata fino ad oggi con i figli Flavio e Marco. E a raccontare questa lunga storia è proprio Flavio Bogani, volto noto e anima gentile sia dietro al bancone del negozio di via Milano, sia nel mondo del volontariato comasco.

Quando è nata la Bottega del Colore?
La Bottega era stata inaugurata nel 1933 o nel 1934 in via Cesare Cantù, davanti al Liceo Volta (dove è rimasta fino a cinque anni fa prima di essere trasferita in via Milano Ndr) da Bajo, un artigiano che macinava da solo i pigmenti e preparava gli smalti misticando olio di lino cotto.

Quando è passato alla vostra famiglia?
Mio papà Alberto lavorava come pittore in giro per il mondo, realizzando opere in oltre 130 chiese, ed è stato uno dei fondatori dell’Accademia Galli. L’amore e l’interesse per i colori, quindi, erano di famiglia inoltre, lavorando con la tecnica dell’affresco fiorentino aveva bisogno di colori puri. Così nel 1970 ha rilevato l’attività che però, visto che lui era spesso assente per lavoro, era gestita da mia mamma, Franca Pleuteri.

Nato e cresciuto tra i colori, per te è stato naturale prendere in mano le redini dell’attività di famiglia. Quando hai iniziato a lavorare in negozio?
Era il 1990 ma assolutamente no, non mi interessava quel mondo, anzi. Volevo fare l’ingegnere aeronautico e, infatti, mi ero iscritto al Politecnico di Milano. Purtroppo però, il giorno di Natale la mamma ha avuto un infarto e all’Epifania ero già al suo posto dietro al bancone del negozio senza capire niente di colori e pennelli.

Ma poi è scoccato l’amore, visto che dietro quel bancone ci sei rimasto portando avanti un’attività non solo amatissima dai comaschi, ma anche di assoluto valore.
Diciamo che sono l’esempio vivente di come possa nascere qualcosa di bello anche da eventi traumatici.

Talmente bello che non solo la Bottega del Colore continua ad essere un punto di riferimento per gli amanti delle belle arti, ma siete anche riusciti a mantenere vive e a far crescere le radici legate alla produzione artigianale dei colori.
Si, negli ultimi vent’anni abbiamo continuato a portare avanti l’idea della preparazione artigianale di colori per il restauro e la pittura a cui si è aggiunto il desiderio di sviluppare un’economia locale fatta di piccoli produttori. Da qui è nata la collaborazione con una piccola azienda di Castelmarte, la Iridron, con la quale elaboriamo nuovi colori e che macina per noi i pigmenti che andiamo a cercare fino in Afghanistan che poi vengono confezionati grazie alla collaborazione con l’Opera Don Guanella e i suoi laboratori artigianali.

Quanti colori producete?
Ormai siamo arrivati a 160 colori che riusciamo a vendere a prezzi concorrenziali anche rispetto ai marchi più noti, a riprova che il territorio è una risorsa da sviluppare e fare rete può portare a ottenere ottimi risultati. E stiamo per presentare una linea di acquerelli tridimensionali, resine trasparentissime capaci di dare un effetto a rilievo. Il nostro obiettivo è promuovere sempre novità capaci di stimolare i nostri clienti ad esprimersi, a riscoprire la propria manualità e vocazione artistica. È una cosa che, in un mondo ipertecnologico e iperconnesso è, secondo noi, ancora più importante fare.

E in più pubblicate anche libri dedicati al mondo della pittura.
Sì, ho appena ultimato un libro in due volumi, in vendita nel nostro negozio, che racconta nove secoli di pittura attraverso oltre 400 opere spiegandone le tecniche pittoriche, dal disegno a matita all’opera finita. È la quarta pubblicazione che faccio ed è un modo per tramandare la cultura pittorica e la passione di nostro padre per il colore, che poi è diventata anche la nostra.

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