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Angelo Frigerio, a sinistra, con Graziano Brenna
Attualità

Lascia l’azienda tessile e porta la speranza nelle favelas in Brasile: è comasco l’Angelo delle zuppe

Una zuppa che è più di un, seppur importante, pasto caldo offerto a chi non ha nulla, ma è vicinanza, sorrisi, abbracci e la certezza che qualcuno ti veda davvero, al di là dei vestiti sporchi e della vita ai margini estremi della società. Questo è il regalo che, da venticinque anni, porta nelle favelas di San Paolo del Brasile un comasco dal cuore immenso, capace di non girarsi dall’altra parte ma di provare a fare, nel suo piccolo, la differenza.

Lui è Angelo Frigerio, nato settantatré ad Albese con Cassano, carriera promettente da calciatore e lavoro in una stamperia tessile fino al giorno in cui l’offerta di un’azienda brasiliana l’ha portato dall’altra parte dell’oceano per quella che doveva essere un’esperienza di un paio di anni e che poi, invece, si è trasformata in una vita intera e in nuove radici.

“Vivo a San Paolo ormai da quarantaquattro anni, da quando un’azienda del posto di proprietà di imprenditori di origini italiane mi ha chiamato offrendomi un lavoro qui – racconta Frigerio – ero giovane, mi piaceva viaggiare e pensavo che sarei rimasto qualche anno per poi tornare a casa, invece sono rimasto, mi sono sposato e ora sono nonno di tre nipotini”.

Una vita apparentemente simile a quella di tanti connazionali che hanno trovato lavoro e fortuna all’estero ma che, in questo caso, diventa speciale perché in Brasile, invece di limitarsi a godersi la serenità che si è costruito, Frigerio ha scelto di immergersi a piene mani in una realtà difficilissima anche solo da immaginare, quella delle favelas.

“Da venticinque anni faccio parte di un’associazione che si chiama ‘Anjos da Sopa’, ‘Angeli della Zuppa’ con la quale, una volta alla settimana, prepariamo e distribuiamo circa seicento zuppe a chi vive nelle baraccopoli di San Paolo, tra povertà assoluta, dipendenza da crack, alcolismo e bambini lasciati crescere da soli e destinati a un futuro che è facile immaginare – racconta – siamo una trentina di volontari tra chi prepara il cibo e chi lo distribuisce di cui io, insieme al fondatore, sono ormai il più anziano e con la macchina porto un piatto di zuppa, un panino e un dolce a persone che, ormai, considero amici e che aspettano di vedermi arrivare con ‘Samarcanda’ di Vecchioni a tutto volume al grido di ‘Zuppa! Zuppa italiana!’”.

Perché il vero senso di quello che fa Frigerio nella miseria assoluta delle favelas è proprio nel saper trasformare un piatto di zuppa in una scusa per avvicinare chi, altrimenti, non sarebbe guardato da nessuno creando un legame fatto di ascolto, amicizia e sorrisi. “Ci vuole coraggio a entrare in una favelas perché qui le persone vivono davvero senza nulla, tra droga w alcolismo e portare un pasto caldo, una coperta o dei vestiti è un modo per avvicinarsi – racconta – sono felice di poter dire di avere degli amici ‘barboni’ e sicuramente questa esperienza fa molto più bene a me che a loro”.

Ma se gli si chiede se il forte legame che ancora ha con tanti amici comaschi è mai stato anche l’occasione per raccogliere aiuti per questa bellissima iniziativa, Frigerio si schermisce come solo chi fa le cose con un cuore limpido sa fare: “Qualcuno ci manda degli aiuti, ma quello che mi fa più piacere è che vengano qui di persona a vedere che il Brasile non è quello che vedono quando sono in vacanza”.

E tra gli amici di una vita che sostengono questa splendida iniziativa, un posto speciale l’ha sicuramente l’imprenditore comasco Graziano Brenna con il quale Frigerio ha condiviso tanti anni sui campi di calcio prima di partire per il Brasile: “Quando ero a San Paolo ho accompagnato Angelo ed è stato incredibile vedere i sorrisi e gli abbracci con cui lo accolgono nelle favelas – racconta – anche se vive lì da più di quarant’anni, lui non riesce a girare la testa dall’altra parte davanti al contrasto spaventoso tra quartieri benestanti e, pochi metri più in là, persone che non hanno da mangiare o bambini che chiedono l’elemosina”.

Ma c’è un altro piccolo “miracolo” di gioia e bellezza che Frigerio è riuscito a far nascere nelle favelas, una squadretta di calcio di bambini che vestono una maglia che richiama i colori del Calcio Como sognando, un giorno, di poter avere in dono le divise ufficiali per sentirsi grandi calciatori o, forse, semplicemente bimbi come tutti gli altri. “Ho contribuito a comprare maglie e scarpe e avevo già provato a far conoscere alla società il sogno di questi bambini, ma purtroppo non ci sono riuscito – racconta Brenna – penso che si tratti di un investimento davvero piccolo che, però, porterebbe davvero tanta gioia”. E chissà che un giorno, magari, un pezzetto di Como 1907 arrivi davvero a portare sorrisi non solo ai bambini sugli spalti del Sinigaglia insieme ai loro genitori, ma anche a una squadretta di ragazzini delle favelas che ritrovano il sorriso grazie al loro Angelo.

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