E’ un’ampia e approfondita analisi quella realizzata in questa fine del 2024 dal sindacato Ocst (Organizzazione cristiano sociale ticinese) a proposito di tutte le questioni aperte per i frontalieri, il titolo è chiarissimo: “Frontalieri, quanti problemi ancora aperti!”. Andrea Puglia, sul sito del sodalizio, ha diviso per punti e osservato ogni singola questione. Riportiamo quanto scrive.
Indennità di disoccupazione
Nonostante il 2024 volga ormai al termine, sono molti i problemi ancora oggi aperti relativi ai lavoratori frontalieri. Un primo grande tema riguarda la nuova indennità di disoccupazione, che sarebbe dovuta partire con il 1. gennaio 2024 e che invece non è mai stata realmente implementata, nonostante la relativa legge sia stata approvata dal Parlamento e pubblicata in Gazzetta ufficiale da diverso tempo (articolo 7, Legge numero 83 del 13 giugno 2023).
In base a questa nuova indennità, a partire da quest’anno i frontalieri rimasti senza lavoro avrebbero dovuto percepire per i primi tre mesi una rendita di disoccupazione secondo i criteri di calcolo svizzeri (80% del salario per chi ha carichi di famiglia, 70% per chi non ne ha), per poi percepire i normali importi di NASPI (disoccupazione INPS) dal quarto mese in poi. Nulla di tutto questo è però accaduto, con i frontalieri che hanno continuato a percepire gli importi canonici di NASPI fin dal primo mese.
La ragione di questa impasse è dovuta a una mancanza di accordi tra Italia e Svizzera sui rimborsi che quest’ultima dovrebbe riconoscere all’Italia proprio per le prime tre mensilità di disoccupazione pagate ai frontalieri da parte dell’Ente pubblico italiano. Il sindacato farà quanto è in suo potere affinché gli Stati trovino un’intesa in tal senso, chiedendo altresì all’Italia che possa procedere comunque a riconoscere la nuova disoccupazione anche in mancanza dei rimborsi da parte di Berna.
Assegni familiari
Vi è poi il problema degli assegni familiari. Da quando in Italia è entrato in vigore il nuovo «assegno unico e universale», molti frontalieri hanno infatti subito un gravoso blocco degli assegni familiari svizzeri.
Il problema come noto è dovuto al fatto che l’INPS non trasmette alle Casse di compensazione svizzere i dati degli importi dell’assegno unico già pagato in Italia all’altro genitore (la Svizzera infatti ha la facoltà di scalare questi importi dagli assegni familiari dei frontalieri, pagando di fatto una quota integrativa).
In assenza di queste comunicazioni da parte dell’INPS, molte Casse di compensazione (tra cui lo IAS) hanno deciso di adottare sistemi alternativi per certificare questi importi, ad esempio richiedendo direttamente ai lavoratori una prova dei pagamenti ricevuti dall’INPS. Si tratta tuttavia di un sistema macchinoso e che peraltro ancora oggi non è stato implementato da tutte le Casse di compensazione. La speranza è quindi quella che l’INPS e le Casse svizzere possano tornare a scambiarsi i dati in modo automatico, risolvendo così il problema alla radice. Per fare questo, è tuttavia necessaria una modifica della Legge italiana che regolamenta l’assegno unico e universale; la strada appare pertanto in salita.
Tassa sulla salute
Un terzo tema riguarda la tassa sulla salute. Ricordiamo infatti che, nella manovra finanziaria varata lo scorso anno, il Governo aveva deciso per l’introduzione di un contributo di compartecipazione al servizio sanitario nazionale da far pagare a quei frontalieri dei Comuni di confine che erano già tali tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023 (ovvero ai cosiddetti «vecchi frontalieri»).
Tale imposta, sempre in base alla legge finanziaria, dovrebbe attestarsi tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo, con importo minimo di 30 € mensili e importo massimo di 200 € mensili.
Le Regioni di confine, su tutte Lombardia e Piemonte, sono poi state demandate dal Governo a decidere i dettagli economici e operativi per l’incasso di questo contributo. Ad oggi, tuttavia, le Regioni non hanno ancora emesso alcuna direttiva in merito.
Come noto, infatti, i sindacati italiani e svizzeri si erano fin da subito mobilitati con ogni forza per opporsi a questo provvedimento che riteniamo iniquo, ingiustificato, intempestivo e, verosimilmente, illegittimo, perché in aperto contrasto con i contenuti del neonato nuovo Accordo sulla tassazione dei frontalieri tra Italia e Svizzera, il quale prevede che sia solo la Confederazione ad avere il diritto di tassare i «vecchi frontalieri». Per altro la norma è anche di complessa applicazione. Ad oggi, infatti, le Regioni non dispongono degli elenchi dei «vecchi frontalieri», ne è previsto da alcun patto bilaterale che la Svizzera debba trasmettere questi nominativi in futuro.
Le Regioni si trovano quindi tra l’incudine e il martello. Da una parte non possono andare contro una legge nazionale varata dal Governo, dall’altra sanno che tale norma è tutt’altro che basata su fondamenta legali solide, oltre al malcontento generale che si genererebbe applicandola e che il sindacato ha già manifestato.
Il governo italiano non convoca il tavolo interministeriale
In chiusura, citiamo il fatto che il Governo italiano non ha ancora provveduto a convocare il tavolo interministeriale che è stato costituito con l’articolo 13 della Legge numero 83 del 2023. Lo scopo di quest’assemblea, alla quale dovrebbero prendere parte i sindacati dei frontalieri e i principali Ministeri italiani (Economia e Finanze, Lavoro, Affari Esteri), sarebbe proprio quello di avere un luogo diretto di confronto su questi e altri temi, con lo scopo di raggiungere soluzioni concrete. Ebbene, come detto, il Governo italiano non ha ancora provveduto a effettuare nemmeno la prima convocazione, con il risultato che tutti questi problemi restano ancora oggi fermi al palo. Il 2025 porterà quindi con sé molto lavoro e non ci vedrà di certo arrendevoli.