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Como, 21.23, tutte le campane suonano per don Roberto. Il vescovo: “Gesto di uno squilibrato. Era un prete felice, ora un martire come don Renzo Beretta”

In un duomo gremito – tanto che centinaia di persone hanno ascoltato dalla piazza – questa sera il vescovo di Como, Oscar Cantoni, durante il rosario convocato poco dopo l’efferato omicidio di don Roberto Malgesini, ha pronunciato parole nette.

Subito dopo la celebrazione tutte le campane della città, alle 21.23, hanno suonato contemporaneamente.

E il vescovo, finita la celebrazione nella cattedrale, ha incontrato le persone rimaste all’esterno (spazio limitato all’interno a causa delle misure anti-covid ma, di fatto, il duomo si sarebbe riempito anche in tempi normali).

DIRETTA – Omicidio di don Roberto, centinaia di persone per il rosario in duomo con il vescovo Oscar

Riportiamo i passaggi centrali del discorso del presule:

Non è un caso se proprio in questo giorno il nostro don Roberto è passato dal nostro mondo alla casa del padre per il gesto inconsulto di uno squilibrato.

Maria ha preso tra le sue braccia don Roberto come ha fatto con suo figlio.

Anche la chiesa di Como abbraccia don Roberto e tutta la comunità di Como, traumatizzata da quanto accaduto.

Abbiamo un nuovo martire della carità, come don Renzo Beretta nel 1999 (ucciso in circostanze pressoché identiche nella parrocchia di Ponte Chiasso, Ndr). Come Maria stava sotto la croce di Gesù, don Roberto stava sotto le tante croci dei nostri poveri, senza distinzioni tra italiani o stranieri, cristiani o di altre confessioni, lavorando sempre in sordina.

Ricordo don Roberto come un prete felice di servire Gesù nei poveri. In essi riconosceva la carne viva di Cristo, a cui si era donato con uno speciale ministero, che potremmo definire di carità spicciola.

I comaschi, almeno quelli che preferiscono gli occhi alle orecchie, nutrivano per lui garbata ammirazione e non hanno mancato di riconoscere in lui un pastore degno di stima e affetto.

Mi ha sempre stupito quanti comaschi lo salutavano camminando per strada.

Stasera lo piangono i suoi assistiti di ogni nazionalità, cultura e religione, in lui riconoscevano un padre che aveva sempre cura di loro.

Egli riflette, in questo clima spesso disumano, il segno vivo della tenerezza di Dio padre che vuole fare della chiesa un ambiente di misericordia.

Che il sacrificio di don Roberto possa contribuire a promuovere quella cultura della misericordia che è lo scopo fondamentale del sinodo che celebriamo. Che don Roberto dia nuovo impulso al nostro presbiterio e a me stesso.

Vorrei che tutti ci dimostrassimo un cuore solo e un’anima sola e animati dalla lezione che ci ha insegnato questo nostro fratello.

Dobbiamo sentirci tutti fratelli. La fratellanza è il nuovo nome della pace: o ci salviamo insieme o ci danniamo insieme. A noi questa grande responsabilità” ha aggiunto.

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