Ieri sera, 12 maggio, il cardinale Oscar Cantoni ha presieduto il solenne pontificale nella memoria della dedicazione della Cattedrale. E’ stato uno dei momenti del calendario di “Memoria Cathedralis”, ossia i momenti di preghiera e di appuntamenti culturali che per tutto il mese di maggio, ruoteranno intorno alla data che ricorda la consacrazione della prima Cattedrale di Como, Santa Maria Maggiore. Di seguito, il testo del pontificale del cardinale Cantoni.
Nella festa della dedicazione della basilica Cattedrale, ritrovandoci in questo luogo santo quali discepoli del Signore, gustiamo la bellezza di sentirci tutti figli e figlie attesi e amati, un unico popolo di fratelli e sorelle, riuniti insieme per celebrare le lodi di Dio. Qui prendiamo coscienza di essere per grazia “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”.
Sono numerosi i turisti che quotidianamente visitano questa Cattedrale, vero scrigno di tesori artistici, ma ben diversa è la risonanza interiore di chi entra come semplice visitatore incuriosito, da chi vi accede con lo sguardo e il cuore del credente. Chiunque viene a Como non può fare a meno di entrare anche solo a rimirare le bellezze artistiche della nostra Cattedrale, al di là della sua fede o della semplice religiosità. Ci auguriamo che tutti possano percepire, proprio attraverso la bellezza di questo luogo, quel senso religioso di cui ogni uomo è immancabilmente dotato e attratto. La visita di questo tempio può essere una occasione favorevole di risveglio, uno strumento di cui il Signore si serve per entrare in relazione con le sue creature.
Entrando, invece, nella Cattedrale come credenti siamo subito attratti dal senso di mistero che promana da questo ambiente. Ecco perché un religioso silenzio dovrebbe caratterizzare questo tempio, luogo di grazia e di santificazione, spazio favorevole in cui Dio visita il suo popolo e lo riempie dei suoi beni. A noi percepire questa silenziosa presenza, per poterci sintonizzare con Dio, che vuole incontrare i suoi figli nella liturgia che qui viene celebrata, così che noi possiamo trasformare la nostra vita in una offerta spirituale a Dio gradita.
La Chiesa Cattedrale non è una chiesa qualunque, è ben di più. Ha un valore che supera le altre chiese dove i fedeli regolatamente si radunano perché le collega le une con le altre, divenendo così spazio di unità e di comunione. È un luogo speciale dove Dio incontra i suoi figli, membri di un popolo sacerdotale, profetico e regale, è la sede del successore degli Apostoli, chiamato ad annunciare autorevolmente la Parola, a celebrare i divini misteri, a raccogliere in unità tutti i figli e le figlie di Dio dispersi, nella varietà dei loro doni e ministeri. Qui vengono benedetti dal vescovo, il giovedì santo, i santi Olii nella SantaMessa crismale e consegnati alle singole parrocchie, diffuse nella diocesi. Qui vengono consacrati i diaconi, i presbiteri e i vescovi per l’edificazione del popolo di Dio.
Qui ogni discepolo di Gesù può sentirsi a casa, in relazione profonda con tutto il popolo di Dio, diffuso nelle diverse sedi cittadine e diocesane, dal momento che la cattedrale è il luogo dove sperimentare l’unità della Chiesa, riconoscersi un cuore solo e un’anima sola, al di là della provenienza e delle condizioni dei singoli, in una sintonia spirituale affettiva ed effettiva. Si tocca con mano la comune identità del popolo di Dio, che si edifica come tempio vivo e cresce come corpo del Signore.Ecco perché qui possiamo percepire e anticipare l’immagine della Città santa, la Gerusalemme nuova, pronta come una sposa adorna per il suo sposo, come la definisce l’Apocalisse, dove Dio abiterà con gli uomini e con i popoli ed essi saranno i suoi protetti. Qui è il luogo dove possiamo toccare con mano la bontà misericordiosa del nostro Dio, che ci rinnova con il suo perdono che vivifica e gustare la stessa gioia pacificante che sperimentò Zaccheo quando Gesù lo visitò nella sua casa. Non fu più quello di prima. Zaccheo decise una rivoluzione nella sua vita: quella di non vivere più per se stesso, ma di usare la legge della condivisione, come espressione del suo nuovo modi di vivere.
Impariamo anche noi a sentirci un unico corpo, gli uni uniti agli altri, proprio perché qui prendiamo parte all’unico pane che ci nutre e ci dà vita. Membri di una stessa famiglia gareggiamo nello stimarci a vicenda e costruiamo rapporti di fraternità, in un reciproco scambio di doni.