Una delle pagine più tristi e demotivanti della storia politica e culturale della città negli ultimi anni risale all’11 gennaio 2019 quando ComoZero raccontava come l’amministrazione dell’allora sindaco Mario Landriscina per motivi mai veramente chiariti (sotto trovate dichiarazioni che parlano genericamente di un eccesso di fretta degli elvetici) decise di dire no all’Università della Svizzera che proponeva di realizzare una sede del preziosissimo Archivio del Moderno a Como, in particolare in un edificio simbolo, l’Ex Uli (Unione Lavoratori dell’Industria) in via Pessina, situato esattamente dietro Casa del Fascio, insomma un trionfo di cultura, architettura, arte e storia.
Fu una lettera inviata alla redazione dalla presidente del Maarc (Museo Virtuale Astrattismo e architettura Razionalista Como) Ebe Gianotti a portare a galla la faccenda.
Poi, qualche giorno dopo, la consigliera d’opposizione Barbara Minghetti chiese lumi al sindaco in consiglio comunale dopo l’articolo.
E Landriscina rispose: “Se vogliono lamentarsi (gli svizzeri, Ndr) hanno sbagliato indirizzo, l’Ex Uli non è di proprietà comunale ma di Ats e quindi Regione. Sia io che il presidente del Consiglio regionale, Alessandro Fermi, ci siamo attivati, abbiamo fatto lobby ma, ripeto, loro avevano troppa fretta. L’edificio ha bisogno di interventi. E’ vero, l’Università aveva messo sul piatto cifre importanti. Ma le cose non si fanno con uno schiocco di dita”. Insomma, questi elvetici e la loro brutta abitudine di fare le cose velocemente.
Questo l’antefatto, trovate il racconto completo qui. E qui il sito dell’Archivio, giusto per farsi un’idea della portata della struttura.
Così oggi la novità fa dispiacere due volte: i lavori per la sede distaccata dell’Archivio del Moderno, che sorgerà nei nuovi spazi dell’ex Caserma Garibaldi a Varese, procedono benissimo. E questa mattina a fare un sopralluogo in città sono arrivati la rettrice dell’Università della Svizzera italiana Luisa Lambertini, il direttore dell’Accademia di architettura dell’USI a Mendrisio Riccardo Blumer. Ad accoglierli il sindaco di Varese Davide Galimberti con gli assessori Andrea Civati ed Enzo Laforgia.
La visita si è concentrata nelle sale dell’ultimo piano, dove si stanno ultimando i lavori di rifinitura degli spazi destinati all’Archivio del Moderno, centro di studi che fa parte all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana. “Il nuovo polo culturale prende forma per accogliere il patrimonio costituito dai lasciti dei più importanti architetti moderni svizzeri e italiani – sottolinea il sindaco Galimberti – con l’intento di valorizzare le connessioni non solo geografiche ma anche culturali dell’area insubrica”.
La sede principale dell’Archivio del Moderno resterà in Svizzera. “Questa nuova sede all’interno del polo culturale varesino da un lato è legalmente necessaria per il rientro di alcuni archivi in Italia e, dall’altro, apre nuove opportunità significative per valorizzare ulteriormente questo prezioso patrimoni”, ha spiegato la rettrice Lambertini.
Como, culla e madre del Razionalismo, avrebbe potuto essere protagonista di un’operazione culturale di altissimo livello. Ma miopi scelte passate lo hanno impedito. Peccato.
QUESTO L’ARTICOLO PUBBLICATO ALL’EPOCA
Mendrisio Addio
di Davide Cantoni
Contattati, lusingati, coccolati ma troppo lenti per accettare quella che chiunque altro avrebbe considerato un’offerta che non si può rifiutare. Strani i comaschi, strani davvero.
I fatti.
L’Università della Svizzera italiana da tempo era in cerca di una nuova sede per il preziosissimo Archivio del Moderno di Mendrisio, nato nel 1996 (divenuto fondazione nel 2004) “per analizzare le conoscenze e la valorizzazione del dibattito storico, moderno e contemporaneo, intorno alla cultura architettonica italiana, svizzera e internazionale, tra passato e presente”.
Scelta naturale è stata Como, culla del razionalismo, e in particolare l’edificio l’Ex Uli (Unione Lavoratori dell’Industria) di via Pessina, situato esattamente dietro la Casa del Fascio. Un modo per dare la prima pennellata al sogno di un sistema museale/culturale che in futuro avrebbe potuto includere il capolavoro di Giuseppe Terragni.
Nulla di fatto. L’Archivio andrà a Varese. E’ stata una lettera accorata inviata a ComoZero.it dal presidente del Maarc (Museo Virtuale Astrattismo e architettura Razionalista Como), Ebe Gianotti a segnalare il rischio.

“Brutti presagi! Passano i mesi – scriveva Gianotti – e non c’è nessuna novità ufficiale sulla possibilità di avviare il recupero in funzione di polo di ricerca e museale dell’isolato razionalista che comprende oltre alla Casa del Fascio di Terragni anche l’edificio retrostante di Cattaneo e Lingeri e, se questa ipotesi alla fine cadrà nel nulla, non potremo che chiederne ragione all’amministrazione comunale”.
Come spesso accade la profezia poi si è drammaticamente trasformata in realtà. Il Moderno andrà a Varese nell’ex Caserma Garibaldi. La conferma c’è ed e più che qualificata. “Il sindaco di Varese Davide Galimberti – spiega Riccardo Blumer, direttore dell’Accademia di Architettura di Mendrisio – ha contattato l’Usi e ci ha offerto di entrare nell’accordo di programma, già finanziato, dell’ex Caserma Garibaldi. Entrando potremo prestare servizi, saremo soci e protagonisti attivi sul territorio”. Non bazzecole, insomma.
Resta da capire cosa sia accaduto con Como. “Abbiamo parlato tanto, abbiamo chiesto molte volte all’amministrazione cosa volesse in cambio dell’edificio. Non sono mai riusciti a dircelo, a definire quello che sarebbe stato il nostro impegno”. Eppure il capoluogo sarebbe stato perfetto. “Per l’Archivio Moderno, l’ex Uli sarebbe stato, come si dice: la morte sua. La città ha un bacino culturale intrigante, il Razionalismo e anche più vicina a Mendrisio. Cosa vuole che le dica? Non so cosa sia successo”.
Peccato.
Peccato sì, la città ne avrebbe di carte da giocare ma deve ancora identificarsi e la Casa del Fascio, che certo non ha colpe, sembra bloccare come un tetto di vetro tutta la cultura architettonica comasca. L’ho detto anche ai colleghi dell’Ordine cittadino.
Decisione irrevocabile?
Per noi è cosa fatta entro il 22 dobbiamo aprire la sede italiana, il rettore Boas Erez ha deciso e la direttrice dell’archivio sta già lavorando coi progettisti di Varese.
Una lettura molto diversa dei fatti arriva dal sindaco di Como, Mario Landriscina. “E’ stata un’offerta estremamente affascinante cui ho dato piena disponibilità e massimo impegno – spiega – ma l’Usi aveva tempi davvero troppo stretti.
Gli svizzeri accusano il Comune di aver esitato troppo. Landriscina replica duro duro: “Se vogliono lamentarsi hanno sbagliato indirizzo, l’Ex Uli non è di proprietà comunale ma di Ats e quindi Regione. Sia io che il presidente del Consiglio regionale, Alessandro Fermi, ci siamo attivati, abbiamo fatto lobby ma, ripeto, loro avevano troppa fretta. L’edificio ha bisogno di interventi. E’ vero, l’Università aveva messo sul piatto cifre importanti. Ma le cose non si fanno con uno schiocco di dita”
Così paiono ancor più tristemente lungimiranti le parole vergate da Gianotti nei giorni scorsi: “La delusione per come appare arenata la trattativa è grande, perché non si era mai arrivati tanto vicini all’obiettivo del recupero dell’isolato razionalista a scopo culturale, di ricerca e museale, progetto posto al cuore di Made In MAARC e per cui ci battiamo dal 2013″.
A PROPOSITO DELL’EX ULI
Ecco le novità: