Dopo l’elezione di Michele Pierpaoli nel Consiglio Nazionale, da fine aprile è Elisabetta Cavalleri la nuova presidente dell’Ordine degli Architetti di Como. Vicepresidente dal 2014 e membro delle Commissioni Paesaggio del Comune di Como, ora spetta a lei, prima donna al comando dell’ente comasco, il compito di traghettare l’Ordine fino alle prossime elezioni di ottobre.
La sua sarà, necessariamente, una presidenza molto breve.
Cosa farà in questi mesi?
Sicuramente porterò avanti quanto già iniziato sotto Pierpaoli a partire dalla partecipazione attiva, nel Consiglio, dei professionisti che operano sul campo. Manterremo aperto il dialogo costruttivo che abbiamo instaurato con la Soprintendenza e, soprattutto, continueremo a sostenere la presenza degli architetti ai tavoli di lavoro come quello che stiamo costruendo a supporto dell’attività di Como Acqua.
E per quanto riguarda il rapporto con la città? Nonostante le potenzialità enormi, l’architettura non è sicuramente il cavallo di battaglia di Como, basti pensare alle condizioni in cui versano monumenti come lo Stadio o l’Asilo Sant’Elia.
Il problema è che si arriva a pensare alle manutenzioni sempre quando c’è un’emergenza mentre dovrebbero essere la prassi. Così come la valorizzazione di alcuni edifici. La scelta di trasferire la sede dell’Ordine al Novocomum parla già da sola: abbiamo reso un edificio privato accessibile al pubblico. Ma poi penso al Monumento ai Caduti che viene aperto solo in rarissime occasioni mentre è un punto panoramico eccezionale. In Toscana ogni torre è aperta con tanto di biglietto e c’è la fila per salirci, e noi?
Sfruttiamo troppo poco il patrimonio razionalista della città dal punto di vista turistico?
Abbiamo sicuramente un patrimonio invidiabile ma attenzione, non è l’unica cosa. Come Ordine abbiamo fatto ad esempio un lavoro enorme di valorizzazione del territorio con il progetto Fisionomie Lariane studiando quattro percorsi tematici che, ai tempi dell’assessore Cavadini, erano stati valorizzati. In questo senso noi siamo sempre a disposizione per dare una mano.
Valorizzare significa attirare più turisti, tema molto dibattuto in questi giorni tra chi è contrario alla “massa” e chi invece paventa un turismo troppo d’élite. Lei cosa ne pensa?
Como assomiglia sempre più a Venezia: subisce il turismo. Ma ora che il Covid ci ha ricordato com’è vivere senza, nel bene e nel male, è il momento di organizzarlo. Non certo arrivando a una selezione all’ingresso, ma neanche facendoci travolgere come succede ora. Tutti hanno diritto a venire a Como e non si può impedire il turismo mordi e fuggi. Ma Como ha un equilibrio delicato che va tutelato.
In che modo?
Bisognerebbe evitare di cadere nella politica delle buche. A fare manutenzione ci pensano gli uffici preposti, i politici devono avere una visione più a lungo termine, quasi decennale, della città che vogliono. Per cominciare fermerei i pullman fuori città, magari nella zona di Grandate, e farei usare treno, soluzione che in molte altre città piace ai turisti e che eviterebbe molte criticità dal punto di vista della viabilità.
Quando si parla di visione a lungo termine è inevitabile pensare a cantieri che possono cambiare il volto della città come la Ticosa, i Giardini a lago e il Lungolago. Che ruolo può avere l’Ordine degli Architetti nella costruzione del nuovo volto di Como?
Proprio in questi giorni siamo stati invitati a un tavolo di lavoro di Fondazione Volta e abbiamo dato la nostra totale disponibilità a supportare il Comune nella stesura di un bando per l’allestimento finale del lungolago.
Il Comune sfrutterà questa opportunità?
Lo spero. Il tema dei bandi è molto delicato e se non lo si sa affrontare nel modo giusto si rischia, in corso d’opera, di scoprire criticità che bloccano i progetti come, ad esempio, in quello per il rifacimento dei Giardini a lago che non conteneva le informazioni sui sottoservizi. Un bando ben costruito, con tutte le informazioni necessarie, invece, permette anche a professionisti stranieri di partecipare e le potenzialità sarebbero enormi.