Nonostante la pandemia, l’Ufficio Vertenze della Cisl dei Laghi ha continuato ad assistere i lavoratori. Spesso per nuove problematiche emerse proprio in virtù dell’emergenza sanitaria che ha colpito fortemente l’economia in vari settori.
Nel 2020 il sindacato ha assistito 1.365 lavoratori, di cui 864 in vertenze individuali (390 a Como, 474 a Varese) e 501 nelle procedure concorsuali (305 a Como, 196 a Varese).
Rispetto al 2019 è stata registrata una riduzione del 10% nelle vertenze ed un -4% nei fallimenti. Per le vertenze individuali, nel 2020 sono stati assistiti 461 lavoratori (il 53%) per il recupero crediti, 184 lavoratori (il 21%) per delle conciliazioni (vs 165 nel 2019), 105 lavoratori (il 12%) per licenziamenti, 56 lavoratori (il 6%) per il controllo delle buste paga.
I settori maggiormente coinvolti sono il terziario con 448 lavoratori (52%), l’industria meccanica con 94 lavoratori (11%), il tessile – chimico con 98 lavoratori (11%), i trasporti con 79 lavoratori (9%) e l’edilizia con 59 lavoratori (7%).
“L’emergenza sanitaria – spiega Antonio Mastroberti, Responsabile Ufficio Vertenze Cisl dei Laghi – ha modificato nel profondo l’attività tipica degli Uffici Vertenze della Cisl dei Laghi, in genere per il 90% impegnati sul fronte licenziamenti e recuperi crediti. Le limitazioni agli spostamenti imposti dalla pandemia e il blocco dei licenziamenti hanno comportato una significativa contrazione di questa tipologia di servizi. Ciò non significa però che si sia ridotto il nostro lavoro”.
Infatti, a seguito della pandemia è aumentato in maniera esponenziale il numero di lavoratori che si sono rivolti agli uffici di Cisl dei Laghi per avere delle consulenze. L’emergenza sanitaria ha provocato una serie di situazioni nuove per le quali i lavoratori hanno fatto fatica a capire quali erano, e sono tuttora, i comportamenti da dover tenere.
Tra i vari casi ci sono gli infortuni da Covid, le cui conseguenze ancora non possono essere pienamente valutate, le diverse tipologie di quarantena a cui i lavoratori sono stati sottoposti, e i lavoratori positivi ma asintomatici che pur non avendo sintomi non potevano rientrare al lavoro e non sempre avevano la copertura della malattia.
“A fronte di una riduzione del numero dei lavoratori licenziati, vi è stato un aumento considerevole dei licenziamenti per giusta causa – comunica la Cisl – spesso infatti i datori di lavoro, non potendo licenziare per motivi economici, hanno cercato a tutti i costi una giusta causa per risolvere il rapporto di lavoro. In qualche altro caso, soprattutto le donne, sono state licenziate perché impossibilitate a conciliare problematiche familiari legate alla pandemia con il lavoro. Anche l’uso che in questi mesi è stato fatto degli ammortizzatori sociali spesso nascondeva comportamenti discriminatori, dove le aziende hanno collocato in cassa i lavoratori più fragili, meno disponibili e quelli per i quali avevano già previsto il licenziamento appena le norme lo consentiranno”.
Il settore che ha registrato il contenzioso più alto rimane sempre quello dei servizi e del terziario. La conflittualità è dovuta prevalentemente alla tipologia di aziende (medio-piccole) e all’esigenza di conciliare flessibilità e costo del lavoro. Nell’ultimo anno l’e-commerce ha fortemente messo in discussione il commercio tradizionale. Anche i fallimenti si sono notevolmente ridotti, nel 2020. Gli stessi tribunali hanno rallentato le procedure concorsuali.
Di contro, negli ultimi anni le Procure della Repubblica hanno aperto gli occhi sulle aziende che dichiarano fallimento, contestando i reati di bancarotta fraudolenta, oppure attività illecite di natura malavitosa.
“Da troppo tempo assistevamo a fallimenti di società che avevano il solo fine di scaricare sulla collettività i costi e poter proseguire l’attività attraverso altra ragione sociale – così la Cisl – Nell’ultimo anno, nonostante la riduzione dell’attività, attraverso il nostro lavoro abbiamo recuperato per i lavoratori circa 5.237.981 euro, di cui 3.404,981 euro dai fallimenti e il resto dalle vertenze. Tra i nostri assistiti, circa il 50% (515) non era già iscritto al sindacato. Mentre 2.126 lavoratori si sono rivolti ai nostri uffici per convalidare le dimissioni, il 40% rispetto allo scorso anno ma sintomo di un mercato del lavoro che comunque ha manifestato una certa mobilità, trattandosi di lavoratori che hanno cambiato lavoro”.
Nell’anno della pandemia ci sono stati comunque settori che hanno incrementato l’organico. Molti sono passati dalla sanità privata a quella pubblica.
“La riflessione che ci sentiamo di fare – conclude Mastroberti – è che avvertiamo sempre di più la necessità di un intervento organico sulla materia del diritto del lavoro. Siamo passati da una stagione ove si legiferava poco e tutto era demandato alla contrattazione collettiva, ad oggi, ove negli ultimi anni ogni governo è intervenuto sul diritto del lavoro, senza dare organicità alla materia e determinando una situazione di generale incertezza del diritto. Abbiamo aree che conservano ancora a pieno titolo i loro diritti ed altre totalmente scoperte o solo parzialmente tutelate. In aggiunta, la proliferazione della contrattazione nazionale e il proliferare delle sigle sindacali, non accompagnate da norme chiare sulla rappresentanza e quindi sulla validità di questi contratti, non aiutano”.