Ma quant’è bella la città dei Piani del traffico che vanno piano, pianissimo. Come quale città? Como, naturalmente! Ma se vi siete persi uno o più episodi di questa avvincente serie cittadina, ecco un breve riepilogo degli ultimi 5-6, facciamo 20 anni.
Correva l’Anno Terzo dell’Era Lucini, Gerosa-Lorini regnanti, fine 2015 insomma, e la società Polinomia sfornava finalmente la nuova bozza del nuovo piano del nuovo traffico. Costo complessivo 75mila euro, pur se basato in larga parte su analisi dei flussi di traffico già analizzati anni addietro. Ma vabbè, passi.
La vera goduria fu apprendere i contenuti, una sorta di luna park. Fu così che si apprese dell’ipotesi di semafori in fondo alla Napoleona, ad esempio (seconda immagine da sinistra in alto, per credere). No, non è uno scherzo: nel Piano del traffico era ipotizzato che una tavolozza di rossi, gialli e verdi riuscisse nell’impresa di rendere più scorrevole la circolazione. Anzi, di più: quella per i semafori era una vera passione degli studiosi incaricati da Palazzo Cernezzi, tanto che una soluzione identica venne proposta per rendere finalmente un paradiso del cerchione anche l’incrocio tra via per Cernobbio, via Bellinzona e via Borgovico.
Sistemati così questi due santuari dell’ingorgo (vietato ridere) molti altri erano i punti nevralgici affrontati dallo studio di Polinomia. C’era, per esempio, l’opera ormai più mitologica del Sacro Graal: la rotonda che ogni sindaco, ogni assessore, ogni consigliere comunale ha invocato almeno una volta nella vita, quella che dovrebbe planare come un’astronave tra via Grandi-viale Roosevelt-via Italia Libera e che fluttua ovviamente ancora nel cosmo.
Al che, si potrebbe dire: se queste erano le “bombe” di quello studio, c’erano anche interventi minori/realistici? Eccome. Vediamo alcuni.
Andando per sommi capi si ricordano: la possibile chiusura del lungolago nei periodi festivi o in occasioni speciali (ma mai negli orari di punta) con la riduzione della carreggiata a una sola corsia e una nuova rotonda all’altezza di viale Cavallotti; la trasformazione dei restanti tre lati del Girone a doppio senso di marcia, lungo i viali Lecco, Cattaneo, Battisti e Varese; e poi, per un tocco esotico finale, la realizzazione di due maxi rotonde in piazza del Popolo tra i binari e la Casa del Fascio. Spettacolo, insomma, tralasciando l’ovvio (per dire, la “valorizzazione dei parcheggi di interscambio”, motto che ormai a Como ha superato in popolarità “non c’è due senza tre” e simili).
Ok, ma che ne è stato di tutto questo patrimonio di inventiva e fantasia? Semplice: sommerso di critiche, il documento non è mai nemmeno approdato in Consiglio comunale ma è rimasto nel cassetto fino all’arrivo della Gioiosa Armata del Centrodestra vittorioso nel 2017 con il Maresciallo Landriscina. Il quale, appena un anno dopo – era il maggio 2018 – ha aperto quello stesso cassetto, ha tirato fuori le 170 pagine firmate Polinomia e le ha letteralmente buttate nel cestino.
E poi? Poi la Giunta Suprema ha dato incarico agli uffici di prepararne uno nuovo di zecca in cui, tra gli indirizzi generali emersi, naturalmente non mancano tutte le generiche buone intenzioni di cui è lastricata la Napoleona dall’ultima approvazione di un Piano del traffico vero (2001, firmato Nini Binda) a oggi.
Però, si dirà, ora siamo nel 2021, tra una manciata di mesi si tornerà a votare, sarà pronto quel nuovo maxi-studio per le sorti meravigliose e regressive del traffico in città, vero? Qui la risata è lecita perché non solo non è pronto, ma il percorso verso un’approvazione ha mosso giusto i passi incerti del neonato con la procedura Vas. Qui sotto alcuni dei documenti principali.
ANALISI DELLO STATO – ANALISI DEGLI OBIETTIVI – DOCUMENTO DI SCOPING
Tanto che l’assessore alla Mobilità in carica, Pierangelo Gervasoni, ne ha vaticinato una possibile apparizione-ostensione in Consiglio comunale per fine anno, quando la politica sarà già in piena campagna elettorale. Probabilmente, nemmeno se fosse una barzelletta farebbe ridere. Insomma, il destino del nuovo Piano del traffico di Como è uno soltanto: andare piano. Pianissimo. A volte così tanto da sembrare assolutamente fermo (da 20 anni).
Un commento
Il “vuoto a perdere” di questa classe politica ha un nome e cognome, si chiama elettore comasco, che dovrebbe sforzarsi almeno un minimo nello scegliere chi eleggere a certe cariche e pretendere molto di più di una seplice occupazione della poltrona.