È passato poco più di un un anno da quel 3 aprile 2024, giorno che ha segnato la fine, senza appello, della Bocciofila di Como in via Balestra. Una decisione, quella presa dal sindaco Alessandro Rapinese, contestata da una parte di città, che si è tradotta in manifestazioni e proteste purtroppo rivelatesi inutili.
E così ancora oggi quando si passa di fianco a quelli che furono gli spazi e i campi da bocce frequentati prevalentemente da persone anziane, ci si domanda cosa ne sarà di questo angolo ricreativo e di socialità così amato in passato. E soprattutto ci si domanda se si stia facendo qualcosa per mettere a disposizione delle persone un luogo altrettanto confortevole e capace di ricreare quello spirito aggregante e di amicizia che si respirava in via Balestra.
Per sapere se ci sono novità abbiamo chiesto lumi al presidente della Bocciofila Renato Fumagalli. “Purtroppo no – dice sconsolato Fumagalli – Una volta, al pomeriggio, andavo a trascorrere il tempo con gli amici alla Bocciofila ora faccio il volontario in Croce Azzurra”.
Impegno certamente meritevole che però non fa dimenticare l’amarezza per una vicenda finita “veramente male. Passo a volte in via Balestra e ciò che più mi rattrista è vedere come nulla sia stato fatto. Ci hanno mandato via come se si dovesse intervenire subito e in maniera invasiva sui luoghi e invece è sempre tutto uguale, cantiere immobile e nessuno a lavoro”, aggiunge Renato che sottolinea forse l’aspetto più triste dell’intera storia. Da quel 3 aprile del 2024 “non ho più rivisto né sentito nessuno dei tanti anziani che passavano il tempo in via Balestra. Non me la sono sentita. Alcuni, pace all’anima loro, vista l’età ormai non ci sono più, gli altri non li vedo. Forse si poteva aspettare a cacciarci fino a quando non partivano in maniera definitiva i lavori in vista del restauro dell’intero compendio museale tra via Balestra e piazza Medaglie d’Oro. Mi pare che il sindaco abbia voluto fare il prepotente”, dice il presidente.

Considerazioni che nascondono anche un piccolo rimpianto anche “se per noi sarebbe stato impossibile dal punto di vista economico, forse si poteva provare a fare un ricorso – rimugina Renato – Certo voleva dire affidarsi agli avvocati e, soprattutto, prevedere delle spese non indifferenti che per noi non sarebbe stato possibile in alcun modo sostenere. Oltre ai tempi lunghi che solitamente sono richiesti per arrivare a una decisione in tal senso. Ecco perché alla fine la Bocciofila ha chiuso e ora siamo qui a parlarne un anno dopo”.

E osservando quanto sta accadendo in città in queste ultime settimane, emerge” spontanea una riflessione. La Bocciofila, luogo di ritrovo per gli anziani è stata chiusa, i giovani si lamentano, come ho letto di recente, per la mancanza di spazi e opportunità per loro. Ma Como che città sta diventando? Mi sembra brutto non prestare la massima attenzione a quanti, vecchi o giovani, la vivono la città”.

Rattrista infine sapere che i rapporti con le altre persone, nella maggior parte dei casi, sono andati perduti dopo la chiusura del ritrovo di via Balestra. “Purtroppo, era inevitabile. Si trattava di un gruppo di persone anziane, ognuna delle quali magari con piccoli o grandi problemi quotidiani da affrontare. La Bocciofila era un luogo in cui il tempo – per alcune ore – si fermava. Adesso ognuno deve cercare di andare avanti come meglio può. Alcuni dei compagni li incrocio, a volte, in qualche bar. Ma non è la stessa cosa, passo di lì, saluto ma non è un posto dove comportarsi come se si fosse a casa propria come accadeva prima”, spiega il presidente.

Senza contare anche un alto aspetto non trascurabile. “In effetti alla Bocciofila c’era anche un altro piccolo vantaggio: il caffè costava poco, così come il gelato. Non tutti, con la loro pensione, possono magari andare al bar dove i prezzi sono ovviamente ben differenti”, conclude Renato che ci lascia con un’ultima battuta. “Mi capita a volte di incontrare il sindaco Rapinese, ci salutiamo e scambiamo civilmente due parole, ma che amarezza”.