Nuovo stadio del Como: dopo la lettera dei 111 tra architetti e intellettuali di mezzo mondo contro il progetto, arriva – un po’ a sorpresa, se non altro per la pubblica riservatezza proverbiale dell’autrice – un parere pesante e di tutt’altra natura. Arriva da Ebe Gianotti, architetto e presidente dell’associazione culturale Made In Maarc, nata e attiva al fine di “valorizzare, promuovere e divulgare la conoscenza delle architetture razionaliste e del patrimonio artistico astrattista di cui Como e il suo territorio”. Insomma, un nome che dello studio delle architetture e dei monumenti razionalisti, e in generale della storia della città con le sue trasformazioni e gli impatti relativi, ha fatto il fulcro della professione.
Ebbene, tramite il canale ufficiale del Museo Virtuale su Astrattismo e Architettura Razionalista a Como, Gianotti prende chiaramente le distanze dall’ormai celebre lettera dei 111.

“Archistar, intellettuali e vip contro il nuovo stadio di Como – esordisce Ebe Gianotti – ma non sempre i grandi nomi hanno ragione! Anzi, spesso le loro sono battaglie di retroguardia. Spesso hanno davvero torto“.
“Il primo esempio che mi viene in mente è l’assurdo no dell’esercito di nomi illustri, più di 200, messo in campo da Sgarbi nel 2019: tutti contro il progetto vincitore del concorso per l’ampliamento degli spazi espositivi di Palazzo dei Diamanti a Ferrara, compresi Mario Botta, Mario Bellini, Paolo Portoghesi che qualche esperienza di opere criticate l’avevano pure avuta in prima persona…”,
Pubblicando a corredo il rimando all’elenco, Gianotti rimarca: “Interessante lista delle personalità contrarie, dall’ex presidente RAI, a psicologi, attori, storici dell’arte, imprenditori e perfino il primo ministro dell’Albania: ridicolo!“.
E poi, per concludere il ragionamento tornando a Como: “Ma l’elenco delle opere boicottate è lungo, un altro esempio emblematico riguarda la pensilina di Isozaki a Firenze, una storia che ha più di 25 anni e che racconta della paralisi tutta italiana all’idea di lasciare il segno della contemporaneità nelle città storiche. Esattamente il copione che sta andando in scena a Como“.