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“Como: mortalità covid record a novembre. Vittime smog, siamo tra i peggiori d’Europa”. La denuncia del Comitato Cittadella Salute

A quasi un anno dal primo caso di Coronavirus in Italia, il Comitato Cittadella della Salute chiede di ripensare a un nuovo modello per la sanità pubblica a partire da quella comasca e lombarda.

“Il 20 febbraio sarà passato un anno dal primo paziente affetto da Covid – ha spiegato Manuela Serrentino di Cittadella della Salute – non vogliamo dimenticare quanto è successo in tutta Italia, ma in particolare in Lombardia e sul nostro territorio. Spesso di fronte ad un’esperienza dolorosa, la reazione è quella della rimozione, con la voglia di vivere una apparente “normalità”. Riteniamo invece fondamentale utilizzare questa esperienza per trovare un nuovo equilibrio attraverso una rielaborazione individuale e collettiva”.

Il Comitato ha poi evidenziato un’altra scadenza che porta a una riflessione fondamentale sulla sanità.

Manuela Serrentino

“Ad agosto sono scaduti i cinque anni di sperimentazione della Riforma Maroni che ha dimostrato il suo fallimento, come è stato ampiamente dimostrato dalla pandemia del Covid che ha messo in evidenza, in tutta la Lombardia, e anche nella provincia di Como, tutte le inefficienze di un sistema ospedalocentrico – ha aggiunto Serrentino – la nostra rete è nata proprio in concomitanza dell’uscita del “Libro Bianco” di Maroni e già in quella circostanza ne aveva evidenziato le criticità e aveva proposto un modello di organizzazione territoriale con la Cittadella della salute nell’area dell’ex Ospedale S. Anna”.

E ancora: “La prima e la seconda ondata, in provincia di Como, hanno visto 36.401 casi di persone positive, dato al 14 gennaio 2021. Al 25 novembre erano 883 i decessi nel comasco dall’inizio della pandemia. Nel periodo gennaio-novembre 2020 a Como si sono verificati complessivamente 7.028 decessi, ovvero 1.984 in più rispetto alla media dei decessi avvenuti nel periodo 2015-2019, in percentuale il 39,32% in più. Como è tra le cinque province d’Italia con la più alta crescita della mortalità nel solo mese di novembre”.

Inoltre, secondo lo studio del Global Health Institute di Barcellona, Como si trova al 17° posto tra le città europee in cui si registrano più vittime da particolato fine (PM 25).

“Questi dati sono impressionanti perché non riguardano solo il Covid – ha osservato Serrentino – ma anche i decessi determinati dal fatto che, in questo periodo di pandemia, tutta la sanità si è fermata. Gli accertamenti, le visite di controllo già programmate, le riabilitazioni ambulatoriali sono sospesi o rimandati ed è difficile trovare un posto letto per emergenze diverse. In provincia di Como si è partiti già con un numero di posti letto per acuti inferiore rispetto a quello previsto a livello nazionale: 2,4 ogni mille abitanti, anziché 3 ogni 1000 abitanti, e quindi ci sono 200 posti letto in meno. Molti reparti sono diventati esclusivamente reparti Covid, il pronto Soccorso è spesso in difficoltà nel riuscire a fronteggiare tutte le richieste. Il tracciamento è completamente saltato e non si è neppure riusciti a far fronte alla vaccinazione antinfluenzale nei tempi dovuti. Le Usca, che sono state costituite al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria, sul nostro territorio sembrano inesistenti”.

Come evidenziato anche dai sindacati, tra cui Matteo Mandressi di Cgil, “il Comune non si è minimamente preoccupato di stilare una mappa del territorio che riguardasse le persone con maggiori bisogni di assistenza, non solo sanitaria ma anche socio-assistenziale, con il risultano che sono molti i cittadini che non hanno punti di riferimento a cui rivolgersi anche per i semplici bisogni quotidiani. Il coordinamento tra sanitario e sociale è rimasto su carta bianca. Molti Sindaci lombardi hanno inviato una lettera a Regione Lombardia, richiedendo, in fase di ridefinizione della legge 23, di essere coinvolti nelle decisioni che riguardano l’assistenza socio sanitaria dei territori, anziché avere solo un ruolo consultativo, ma nessun sindaco della nostra provincia si è mosso in questa direzione”.

Secondo Cittadella della Salute, si tratterebbe di un “errore sistemico: il prodotto di decenni di smantellamento e deriva del servizio sanitario pubblico la cui ultima vetta è stata proprio la Riforma Maroni. E’ questo modello sanitario, non solo l’impreparazione, che ha causato un incremento di contagi e di decessi. Il “sistema” sanitario regionale ha dimostrato di essere una (presunta) “eccellenza” ma coi piedi d’argilla: l’impatto della pandemia ha squassato le strutture pubbliche mentre i privati stavano a guardare”.

“A un anno dal paziente uno il vero ammalato, di neoliberismo oltreché di imprevidenza e incompetenza, è la sanità lombarda – hanno sottolineato dal Comitato – anche Agenas e il Ministero della Salute hanno riconosciuto l’incompatibilità della Riforma con i principi che regolano il servizio sanitario nazionale. Neppure il rimpasto in Giunta regionale con l’esclusione di Gallera e l’arrivo di Letizia Moratti può essere la soluzione visto che difficilmente gli stessi che hanno distrutto la sanità pubblica lombarda la possono ridefinire. Per questo quasi 100.000 cittadini hanno chiesto il commissariamento della sanità lombarda quale primo passo di un cambio politico”.

Alcune associazioni, compresa la rete Cittadella della salute, hanno denunciato tale deriva ma ora chiedono che siano i cittadini a dettare l’agenda al Governo Regionale e locale. I principi da cui il Comitato chiede di partire riguardano i dati epidemiologici, che devono guidare la programmazione sanitaria indicando i bisogni di cura attorno ai quali costruire la rete dei servizi; un discorso di promozione della salute e prevenzione che deve essere nuovamente intrapreso garantendo la partecipazione dei Sindaci, delle Associazioni e dei cittadini; un intervento reale per la riduzione dei tempi di attesa; la medicina territoriale da potenziare attraverso la ridefinizione dei medici di base e dei Pediatri di libera scelta con la costituzione delle “Cittadelle della salute” su tutto il territorio provinciale; la realizzazione di un’integrazione tra aspetti sanitari, socio-sanitari e sociali per garantire una reale presa in carico dei pazienti cronici, con al centro le persone e non le singole patologie; percorsi di cura garantiti principalmente presso il proprio domicilio per chi ha problemi di non autosufficienza.

Inoltre, secondo il Comitato, il finanziamento delle Ats e Asst “deve essere fatto non sulla base di logiche di puro pareggio di bilancio e sulla moltiplicazione delle prestazioni, ma su obiettivi di salute collettiva misurabili con strumenti epidemiologici, ricostruendo un corretto rapporto tra medicina preventiva e primaria, ovvero territoriale, e di cura specialistica, ovvero gli ospedali. Non dobbiamo permettere che quanto è successo venga dimenticato. Ci impegniamo, come rete e come singoli, alla costruzione di vertenze territoriali sulla base dei bisogni immediati locali chiedendo a tutti una partecipazione, un sostegno e una mobilitazione che soli possono cambiare lo stato di cose presente”.

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