Questa sera, martedì 22 aprile, alle ore 20.45, la Diocesi di Como è stata convocata in Cattedrale per una Veglia di Preghiera in suffragio del Santo Padre Francesco. La preghiera è stata trasmessa via streaming sul canale YouTube del Settimanale della diocesi di Como e su quello della Basilica Cattedrale di Como. La Veglia è stata presieduta dal vicario generale monsignor Ivan Salvadori, delegato dal Vescovo, cardinale Oscar Cantoni, convocato in Vaticano per le Congregazioni generali. Ecco il testo della meditazione di monsignor Salvadori:
In morte di papa Francesco
1. Nel prendere la parola, vi porto anzitutto il saluto del nostro vescovo Oscar che, insieme agli altri cardinali sparsi nel mondo, già nella giornata di ieri è sceso a Roma per prendere parte alle Congregazioni generali e ai funerali del Santo Padre.
Nella mattinata di ieri siamo stati raggiunti dalla notizia della morte di papa Francesco, che per 12 anni ha guidato la Chiesa di Cristo offrendo, al mondo disorientato, una luce alla quale guardare: quella di Cristo, che illumina ogni uomo (cf Gv 1,9) e i cui raggi donano la vita1. La notizia della morte del papa ha presto fatto il giro del mondo e, tra il dolore e lo sgomento generale, ci siamo trovati a riconoscere che il papa e la Chiesa sono ancora, per il mondo, una guida morale e spirituale.
Soprattutto oggi, mentre il mondo si lascia avvolgere dalle tenebre della guerra, della distruzione e dell’egoismo, abbiamo bisogno di una parola che ci aiuti a ricordare il mistero della vita e l’alta dignità alla quale Dio ci ha chiamati.
2. L’ultima apparizione pubblica del papa – il giorno di Pasqua – è coincisa con la benedizione urbi et orbi dal loggiato di San Pietro, lo stesso loggiato dal quale si era affacciato il 13 marzo 2013, immediatamente dopo la sua elezione. Il giorno di Pasqua abbiamo potuto ammirare, ancora una volta, la determinazione del papa che – debole e fragile, sfigurato in volto dalla malattia – non ha voluto rinunciare a dare un ultimo abbraccio alla Chiesa e al mondo. Ora, proprio questo fatto deve farci riflettere.
Il compito di Pietro, infatti, è quello di continuare l’opera di Gesù che, nel suo ministero, andava incontro a tutti per abbracciare tutti e affermare in tutti la vita di Dio. Cristo non è vissuto per sé, ma sempre con gli altri e per gli altri, portando a tutti la benedizione di Dio. La forza di Cristo – insegna la fede – non ha però la forma del dominio, ma della debolezza (cf 2Cor 12,9). E questo vale anche per la Chiesa e per ciascuno di noi.
Anche il papa, come tutti, è rivestito di fragilità e debolezza, anch’egli – come tutti – ha bisogno di invocare ogni giorno la misericordia di Dio, ma proprio a lui Cristo affida il compito arduo e soprannaturale di confermare i fratelli: «e tu, una volta ravveduto, conferma i miei fratelli» (Lc 22,32). Anche papa Francesco – sulle orme del santo papa Giovanni Paolo II – ha reso visibile che la forza del ministero non dipende dalle energie umane, ma si basa sulla partecipazione interiore alla croce di Cristo e alle sue sofferenze. «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Entrare nel cuore di Cristo, che abbraccia tutti e va incontro a tutti, e partecipare della sua debolezza: è questa l’anima più profonda del ministero di Pietro.
3. C’è però almeno un secondo elemento che deve farci riflettere. Il pontificato di Francesco è stato costantemente segnato, fin dai primi giorni, dall’annuncio della misericordia, dalla consapevolezza che il mistero della fede trova, proprio nella misericordia di Dio, la sua sintesi. «Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace». Così scriveva nella bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia. E – poco più avanti – affermava che la misericordia è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità, è la legge fondamentale che abita il cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita, è «la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato». Per un singolare disegno, il Signore ha chiamato a sé papa Francesco all’inizio della Settimana Eucaristica Pasquale della Divina Misericordia, settimana che il nostro vescovo ha istituito per la nostra diocesi, ma che il Signore desidera diventi presto di tutta la Chiesa. Non può sfuggire, a noi comaschi, questa singolare e provvidenziale coincidenza. La Pasqua è per gli uomini la suprema opera della misericordia: qui il Figlio di Dio scende fino al gradino più basso dell’obbedienza – quello della morte – per morire uomo come noi e renderci nuovi con la sua potenza divina. L’ottava di Pasqua, cioè i giorni che vanno da Pasqua alla domenica “della divina misericordia” servono proprio a questo: a rendere grazie alla Trinità per il grande dono della redenzione, realizzato nell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo. È bello pensare al fatto che il Signore abbia voluto chiamare a sé il papa della misericordia durante la settimana pasquale della divina misericordia. È come se il Signore – che opera nel tempo e per il quale le date sono importanti – avesse posto un sigillo su questo messaggio centrale della fede cristiana.
4. Così, dunque, dobbiamo leggere quell’ultima apparizione pubblica del Papa il giorno di Pasqua. Papa Francesco ha voluto abbracciare per l’ultima volta, con uno sguardo di misericordia, il mondo intero, il mondo in tempesta per la guerra e l’egoismo degli uomini, per invocare su di esso la protezione di Dio, la protezione della Trinità.
5. Questa sera vogliamo affidare ancora una volta papa Francesco alla Misericordia del Signore, al Giusto Giudice della storia, che egli ha amato e instancabilmente annunciato. Lo accolga, sulla porta del Paradiso, la Vergine Maria, la Salus Populi Romani, che nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma ha più volte invocato e ai cui piedi, sulla nuda terra, ha chiesto di essere sepolto. Così la invocava all’inizio del suo pontificato: «Aiuta, o Madre, la nostra fede! Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata […]. Semina nella nostra fede la gioia del Risorto. Ricordaci che chi crede non è mai solo. Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce della fede cresca sempre in noi, affinché arrivi quel giorno senza tramonto, che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!».
Ivan mons. SALVADORI
Vicario generale della Diocesi di Como
GUARDA LA VEGLIA IN DUOMO A COMO