Il Comitato Comasco di Riprogettazione (Co.Co.Ri.Pro.) chiede trasparenza e partecipazione, e rilancia l’appello a rivalutare la destinazione d’uso dell’ex centro di accoglienza di via Sacco e Vanzetti, nel quartiere di Prestino. “Prima di vendere un bene pubblico, chiediamoci come potrebbe ancora servire il bene comune”, ha spiegato Ernesto Volonterio, membro del Co.Co.Ri.Pro. A intervenire sono stati Volonterio, Federica Douglas Scotti e Roberto Adduci, membri attivi del comitato, che hanno spiegato come il Co.Co.Ri.Pro. intenda monitorare le trasformazioni urbane della città e sollecitare processi decisionali che coinvolgano tutti quanti: cittadini, esperti e associazioni.
“L’immobile è stato costruito nei primi anni 2000 grazie a un cofinanziamento della Regione Lombardia per realizzare un centro sperimentale di integrazione sociale, con 60 posti letto e accatastata come B1, quindi destinata a funzioni sociali – ha spiegato Douglas Scotti – Una volta completato l’edificio non è stato subito utilizzato a causa di difficoltà nella gestione. Dal 2008 al 2020 l’immobile ha accolto migranti, finché è stato chiuso e abbandonato. Nel 2023, il Comune ha annunciato l’intenzione di convertirlo in un centro per disabili, ma nel novembre 2024 il Consiglio comunale ha invece deciso di metterlo in vendita. Tuttavia, la destinazione d’uso dell’immobile è vincolata per 30 anni ai fini sociali previsti dal finanziamento regionale, e per venderlo il Comune dovrebbe restituire l’intero contributo ricevuto, ovvero 800 mila euro. È uno spreco! Oggi la struttura è in buono stato e potrebbe ancora servire la comunità, invece la si mette in vendita”.
Secondo il Comitato i primi risultati del dossier sull’ex centro di accoglienza, oggetto nei mesi scorsi di discussioni in Consiglio comunale per una possibile alienazione dell’edificio, avrebbero evidenziato diverse criticità nel processo decisionale dell’amministrazione, tra cui la “mancanza di un confronto pubblico” e la “valutazione poco trasparente del valore strategico dell’area”. “L’edificio, per posizione e struttura, potrebbe essere recuperato a beneficio della comunità, ad esempio come spazio sociale, culturale o per l’housing temporaneo”, ha affermato Volonterio.
Critico con decisione del Comune di mettere in vendita l’immobile anche Adduci, che solleva dubbi sulla legittimità e sull’opportunità politica dell’operazione. “Questa vicenda è emblematica del cambio di rotta dell’amministrazione del sindaco Alessandro Rapinese, che sta orientando le politiche pubbliche verso i privati. L’edificio ha ricevuto fondi pubblici vincolati all’uso sociale per almeno 30 anni. Ne sono passati solo poco più di 20! Se l’edificio cambia destinazione d’uso, il Comune rischia di dover restituire gli 800 mila euro di cofinanziamento. Una falla preoccupante nella gestione amministrativa. Il sindaco dovrebbe rispondere chiaramente: è stata una dimenticanza, una leggerezza, o una scelta deliberata?”.
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