Sempre di meno, sempre più poveri e sempre più in fuga verso la Svizzera. E’ la doppia, drammatica fotografia degli infermieri italiani – e in particolare di Como e Lecco – fatta dal sindacato di categoria Nursing Up che parla di una autentica “bomba a orologeria pronta a esplodere nei mesi estivi”. D’altronde, tra le regioni più in difficoltà figurano al primo posto – benché poste agli opposti estremi della penisola – la Lombardia, dove la fuga degli infermieri verso la Svizzera appare inarrestabile, e poi la Campania, con i pronto soccorso in tilt. Secondo il sindacato, in queste regioni ormai ogni infermiere si trova a dover gestire una media di 12-14 pazienti, “che va ben oltre quella di massimo sei pazienti per avere una sanità di qualità”.
E se da un lato i concorsi per le assunzioni finiscono deserti per gli stipendi ridotti all’osso, Nursing Up lancia l’allarme: “Si rischia il taglio di almeno il 10% dei posti letto a causa dei deficit di organico. Alcuni reparti potrebbero essere accorpati se non addirittura chiusi. In pericolo le aree di emergenza-urgenza”. Con il problema ‘classico’ dell’estate, quando “si prevede almeno il 30% in più di afflusso dei pazienti nei pronto soccorso, che non sarà assolutamente gestibile dal personale ridotto all’osso presente nelle strutture sanitarie da Nord a Sud. Le ferie degli infermieri potrebbero saltare”.
La zona di confine, come ormai arcinoto, patisce poi – oltre a tutti i problemi strutturali italiani – la concorrenza della Svizzera, capace di offrire stipendi e condizioni di lavoro nettamente migliori. “In questo momento, nell’occhio del ciclone – spiega il presidente di Nursing Up, Antonio De Palma – ci sono realtà come l’Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) di Lecco, quotidianamente alle prese con la fuga di professionisti verso la Svizzera. L’azienda sanitaria lecchese avrebbe una necessità immediata di 400 infermieri. Scendendo al sud, c’è il caso della Campania, dove accanto alle croniche emergenze di realtà da sempre in difficoltà, emergono situazioni a dir poco esplosive”.
“Nelle province della Lombardia più vicine alla Svizzera, in particolar modo nell’area sanitaria di Lecco, ma anche nel territorio di Como, ovvero nell’Asst Lariana si rischia da qui a breve un vero tracollo – aggiunge – I posti letto, già numericamente limitati, potrebbero essere ulteriormente ridotti del 10% per garantire un minimo di ferie e turnazioni dignitose ai pochi infermieri rimasti, mentre si rischiano chiusure di reparti nevralgici e pronto soccorso con accessi decisamente oltre il limite”.
A chiudere il cerchio, le cifre diffuse dal sindacato: “Definire gli infermieri i ‘nuovi poveri’ potrebbe sembrare una forzatura, una esagerazione – dice De Palma – Numeri alla mano, però, non è affatto così. I professionisti sanitari italiani dell’area non medica, con il proprio reddito medio di 24.168 euro annui, si attestano nettamente al di sotto della media del reddito nazionale (36 mila euro). A ben guardare i numeri delle nostre retribuzioni, siamo molto più lontani dalla media nazionale e molto più vicini alla soglia della povertà (1150 euro), con un infermiere che senza premialità porta a casa 1400 euro netti e che con una retribuzione del genere, in una grande città del Nord, un infermiere è di fatto da considerare un povero a tutti gli effetti”.
E sullo stipendio medio degli infermieri italiani di circa 1.700 euro mensili (“Che non tocca certo a tutti gli operatori sanitari, dal momento che è comprensivo di premi e di straordinari, ciò equivale a dire che ci sono quegli infermieri che percepiscono cifre ben inferiori”, rimarca De Palma), si è abbattuta anche l’inflazione. “Solo nel 2020, con una inflazione già preoccupante, ma non certo alta come quella di oggi, alla luce della sua magra retribuzione, l’infermiere era collocato ampiamente al di sotto della soglia di povertà Istat per una città del Nord Italia pari a 1.700 euro circa – osserva De Palma – L’aumento vertiginoso delle responsabilità dei professionisti della salute e l’arrivo di un nemico invisibile, ci ha proiettati in un sistema sanitario che ci ha letteralmente risucchiato e ingabbiato in turni massacranti, e questo non fa certo il paio con una valorizzazione che da anni segue il vergognoso e inspiegabile percorso del ‘vorrei ma non posso’ e delle pacche sulle spalle”.
“L’attualità parla chiaro – conclude – i rincari vertiginosi delle utenze domestiche, e adesso anche l’aumento dei beni di prima necessità, a partire dal carrello della spesa, proiettano gli infermieri italiani, con il loro magro stipendio, in una situazione di estremo disagio. E’ un dato di fatto, la politica nazionale e regionale ci ha letteralmente voltato le spalle. Siamo agli ultimi posti in Europa per retribuzione media. L’arrivo del ‘ciclone inflazione’ e l’aumento del costo della vita non hanno certo fatto il paio con la revisione degli stipendi dei professionisti dell’assistenza. E se al Sud chi ha la fortuna di avere ‘casa di famiglia’ o paga un affitto ragionevole, riesce a reggersi o galla, al Nord, con il caro abitazioni, scatta una vera e propria battaglia per la sopravvivenza”.
11 Commenti
… E questo é solo il settore sanitario, c’é una continua fuga di laureati e professionisti giovani dall’Italia perché in Italia non hanno futuro.
Governo fallito..
Perché le persone pensano che si stia meglio ma in realtà i 5000 € in svizzera equivalgono ai 1700 euro in Italia ma nessuno lo dice.
Si ma se li portano tutti in Italia e in Svizzera non spendono neanche per un caffè
Stessa situazione al confine con la Francia dove abito io ….
Tutti si lamentano degli stipendi da 1500 euri,che sono da fame,e concordo. Ma allora un pensionato da 700/1000 euri,cosa deve fare ? Non curarsi? Non mangiare ? Non vestirsi ? La verità è semplice,in questo paese,dai politici in giù,tutti rubano,tutti se ne fregano dell’altro. Però i soldi per l’Ucraina,si trovano,i soldi per mantenere gli immigranti si trovano,per mille schifezze si trovano…e allora per gli italiani a quando ????
Sono espatriato in Svizzera dove mi sono stabilito dal 1973 e col tempo ho preso anche la nazionalità. Vedo che la situazione in Italia va tra alti e bassi ma la tendenza mi sembra negativa su molti fronti. La radice di questo malessere sta nell’unita e nella costruzione de Bel Paese. La ricchezza prodotta al nord e tra le più alte in EU. È sempre stato così anche nel passato ma almeno avevamo più Staterelli. O il Nord e l’Italia tutta di europeizzano o meglio ancora si americanizzano o I e EU andranno sotto il dominio del gigante cinese (-russo).
“Va pensiero sull’ali dorate ……..”
Quello dell’infermiere (di corsia sopratutto) è un lavoro duro, fisicamente e psicologicamente parlando, un lavoro essenziale per tutti noi.
Siccome tale professione non può esser svolta da robot è importante che la nostra collettività metta questi professionisti nelle migliori condizioni utili a sopportare questo peso: ciò si dovrebbe tradurre in turni lavorativi più brevi e retribuzioni nettamente più alte di quelle attuali (perché quando un infermiere giunge a guadagnare meno di un qualsiasi impiegato vuol dire che qualcosa non sta funzionando.)
Bisogna anche considerare che la professione infermieristica è usurante e non sostenibile dalla laurea alla pensione; bisognerebbe dunque anche pensare a formule di pensionamento anticipato e di riduzione del carico orario con il progredire dell’età.
Attuare tutto ciò mi sembrebbe il minimo ringraziamento possibile verso chi ogni giorno si prende cura di noi e dei nostri cari.
Ma lo Stato punta a privatizzare la sanità quindi non gliene frega niente della fuga di medici ed infermieri. A sto punto però mi detassi la busta paga di tutti i servizi sanitari di cui di fatto non posso usufruire, se non con tempistiche non compatibili con la prestazione di cui si necessita.
Ad ogni modo a Como e Lecco non si vive neanche con uno stipendio da dipendente comunale, tanto per fare un esempio. Quindi il problema di stipendi inadeguati, a Como, Lecco, Milano etc riguarda tutti, non solo gli infermieri. Prendano nota i vari Molteni, Fermi, Braga e compagnia bella, tra un taglio di nastro ed un aperitivo “elettorale”. Gli stipendi (tutti) devono essere incrementati, alleggeriti di tasse e differenziati tra nord – centro e sud, proporzionandoli al costo effettivo della vita, perché con 1500 euro a Como fai la fame, a Reggio Calabria vivi dignitosamente.
Il sabato e la domenica, ma anche in settimana, sulle strade attorno al lago di Como è un continuo di moto, sempre + moto, i ristoranti sono sempre pieni, i carrelli dei supermercati pure, c’è chi con uno stipendio di 1500 euro si compra la Tesla, poi però si lamenta che 500 euro di affitto al mese sono troppi. Non bisogna aumentare gli stipendi ma cambiare la testa dei cittadini.
Ma che film stai vedendo? Vai a fare la spesa, in qualsiasi supermarket, e vedi cosa porti fuori con 50 euro di budget. E fai anche a vedere chi sono i frequentatori dei ristoranti e chi guida una Tesla. Io manco una Panda riesco a comprare, con tutte le spese che devo affrontare.
Fate una PEC a Fontana, Bertolaso, Meloni. In questo momento i “pieni poteri” ce li hanno loro.
Magari invece di strizzare l’occhio agli evasori, di ammorbidirne le pene e di definire le tasse che noi invece paghiamo fino all’ultimo euro “pizzo di stato”, trovano i soldi per pagarvi.
Perché i soldi ci sono, cavolo se ci sono.
Mettete in galera gli evasori come nel resto del mondo e vedete come saltano fuori…
Ma i problemi di Meloni sono nell’ordine: andare a Ciampino ad accogliere Chico Forti (ma nessuno le dice niente, ma come cazzo si fa?), presenziare a un immondo convegno spagnolo ripetendo litanie, tutelare tassisti e balneari, le punte dell’evasione fiscale italiana