Il vescovo di Como, Oscar Cantoni, si rivolge ai fedeli con una lunga lettera che affronta il tema del Coronavirus. La pubblichiamo integralmente di seguito.
Carissimi fratelli e sorelle,
severe misure precauzionali sono state adottate giustamente dalle autorità civili, visto che la nostra Regione lombarda è, in Italia, tra quelle più esposte al pericolo del contagio dal Coronavirus.
Anche la nostra Chiesa di Como ha aderito alle disposizioni date, limitando la vita comunitaria nelle sue manifestazioni più comuni, soprattutto i momenti liturgici e quelli formativi. Le nostre liturgie comunitarie sono temporaneamente sospese (tranne i funerali, da celebrarsi secondo le disposizioni diocesane) e ciò è fonte di tristezza e di possibile disorientamento tra i fedeli.
Viviamo un momento difficile, di grande provvisorietà, ma dobbiamo aiutarci a mantenerci uniti e sereni, nonostante la paura e l’incertezza, senza provocare situazioni di panico.
Se la vita delle nostre comunità parrocchiali è ridotta, non di meno si deve rallentare la nostra comunione, che si manifesta con una vigile attenzione verso le singole persone, soprattutto i più anziani, che non possono essere lasciati soli e gli ammalati.
Siamo vicini come comunità cristiana a quanti operano nel campo della sanità, esponendo le loro persone al rischio di contagio, a tutti coloro che sono impegnati nella tutela pubblica, e a quanti promuovono la ricerca scientifica in vista di individuare cure e vaccini adatti.
In questo periodo la famiglia può ritrovare la sua vocazione originaria di “Chiesa domestica”, così che è facilitata nel pregare insieme anche attraverso i mezzi di comunicazione. È il momento per ritrovare l’unità familiare, tante volte diminuita dalle frequenti occasioni di dispersione a causa dei tanti (troppi) impegni dei singoli componenti.
È questo un tempo opportuno per ulteriori considerazioni perché gli eventi di questi giorni ci interpellano come credenti. Giungono a noi, del tutto impreparati ad affrontarli, e devono essere interpretati alla luce della fede in Dio, che anche nel presente non cessa di essere padre buono e misericordioso.
Si rifletta sulla nostra comune vulnerabilità, condizione umana troppo spesso dimenticata, quasi che l’uomo di oggi sia diventato onnipotente. Non cessiamo, nonostante il progresso tecnico e della scienza, di essere creature deboli e fragili. Questa situazione di precarietà e di disorientamento, in cui tutti siamo dolorosamente coinvolti, ce lo insegna con chiarezza.
In questi frangenti emerge il grado della nostra umanità. C’è chi vive “alla caccia dell’untore”, cercando di evitare accuratamente gli altri, quali possibili portatori del virus. C’è invece chi, pur consapevole dei possibili rischi, tiene conto della presenza degli altri e si pone in atteggiamenti benevoli di solidarietà e condivisione.
Possiamo utilizzare questa situazione dolorosa, che tuttavia Dio permette, per ravvivare la vera carità e riscoprire il vero valore della vita.
In attesa di ritrovarci di nuovo insieme, nelle nostre assemblee eucaristiche, moltiplichiamo la preghiera, valorizzando la comunione spirituale e la recita del santo rosario. È questo il modo di accompagnare da credenti questa dolorosa situazione, confidando nel Dio della vita e affidando a Maria, madre e regina delle famiglie, le sorti della nostra condizione umana.
Sono vicino a ciascuno di voi con affetto di padre e su tutti invoco la benedizione di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.