Il Consiglio Federale di Berna dice no al certificato antimafia per le aziende italiane che partecipano ad appalti pubblici in Svizzera perché “non è né opportuno né necessario”. Come riferisce Ticino On Line è quanto contenuto in un rapporto pubblicato oggi in risposta a una proposta di un disegno di legge presentata dell’ex consigliere nazionale Marco Romano.
Il documento era stato inviato nel settembre 2022 e mirava a impedire appunto infiltrazioni mafiose in Confederazione. Si ipotizzava, in sintesi, una sorta certificato antimafia per offerenti e subappaltatori con sede nel Belpaese. Ma per il governo di tratterebbe di qualcosa “di discriminatorio nei confronti delle imprese interessate e rappresenterebbe un ostacolo sproporzionato alla loro partecipazione”. Inoltre precisa sempre l’esecutivo di Berna “una legislazione specifica che contempli un simile certificato può essere facilmente aggirata, ad esempio trasferendo la sede di un’azienda in un altro Paese”.
E poi un passaggio non secondario, è inopportuno “nutrire il sospetto generalizzato che tutte le imprese italiane potrebbero avere un legame con la mafia”. Peraltro esiste già la possibilità, in materia di applati pubblici, di contattare l’Italia per ottenere un certificato antimafia qualora i documenti presentati da un’azienda destassero sospetti. Una procedura comunque non rapidissima. Il Consiglio Federale evidenzia infine come la nuova legge sulla Trasparenza delle persone giuridiche concederà ai committenti pubblici il diritto di consultare la banca dati antimafia italiana.