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Don Roberto, i gonfaloni, gli spettri, il decoro: l’editoriale di don Angelo Riva che scuote la politica

Nei giorni immediatamente successivi all’omicidio di don Roberto Malgesini, il vescovo Oscar Cantoni, così come la Diocesi tutta, si sono raccolti nel dolore e nella preghiera.

Ora, però, a due settimane dal tragico evento, il direttore del Settimanale della Diocesi, monsignor Angelo Riva, entra con toni molti più decisi nel dibattito pubblico su quanto accaduto, su quanto ha preceduto l’omicidio, su quanto dovrà accadere da ora in poi. E lo fa con un editoriale che contiene passaggi che non è eccessivo definire sferzati, sia verso l’amministrazione sia verso la città stessa o almeno parte di essa.

Questo, ad esempio: “Il lutto cittadino è stato gesto squisito e garbato, come pure l’ammirevole concorso dell’intera città per restituire a don Roberto la dignità profanata dalla mano omicida. Ma non ce ne facciamo niente, se poi, riposti i gonfaloni, tutto ritorna come prima”.

Affermazioni tutt’altro che neutre, se si pensa al dibattito incandescente che da mesi e mesi, ormai, si sviluppa attorno al tema dei senzatetto, degli ultimi, del dormitorio votato dal consiglio comunale e mai aperto, della grata voluta dalla Lega al portico di San Francesco.

Ma don Angelo Riva pone anche interrogativi destinati a rimbombare tra le sale e i corridoi di Palazzo Cernezzi e delle altre istituzioni comasche: “Don Roberto ha lottato a mani nude contro uno dei problemi nodali del nostro tempo: quello della marginalità e dell’esclusione, reso ancor più rovente dalle migrazioni. Quanto la città lo ha sostenuto? O piuttosto ignorato, se non contrastato?”.

La risposta, nell’editoriale, non c’è, ma il solo fatto che venga posta è estremanente indicativo. Anzi, i passaggi successivi sono ancora più chiari.

“Scansarla [la domanda, ndr] dopo i giorni del cordoglio e dell’ammirazione, sarebbe pura ipocrisia. Ovviamente sono tante, e complesse, le sfaccettature del problema. Senz’altro c’è una questione di legalità e sicurezza, perché non esiste che decreti di espulsione restino lettera morta, né che soggetti pericolosi circolino senza controllo, né che il flusso migratorio possa avvenire senza regole e filtri. Ma in attesa di affrontare temi così complessi, risolvibili solo in chiave nazionale e internazionale, non potremmo noi cominciare da una cosa nostra, locale? Trovare finalmente un tetto per le decine di «invisibili» che vagano come spettri (e lordano anche, stavolta visibilmente) nella nostra città; e sotto questo tetto convocare e responsabilizzare le migliori energie solidali e fraterne della città di Como, coinvolgendole in un progetto condiviso di tutela della dignità umana”.

Difficile non pensare che la parola “dormitorio” non sia nel sottotesto di quel “trovare finalmente un tetto per le decine di invisibili che vagano come spettri”.

E ancora, le parole chiarissime: “E’ ovvio che l’appello scuote anzitutto le autorità politiche, a cui spetta di promuovere il concorso di tutti al bene comune. E pazienza (o per fortuna, dipende dai passaporti partitici) se dovesse andare in giro l’immagine di Como come città che non chiude, ma apre spazi di accoglienza e di dignità umana. Non si tratta solo di decoro urbano, ma di far sì che l’estremo sacrificio di un nostro figlio non finisca in niente”.

Insomma, una presa di posizione nettisima e autorevole della Chiesa comasca. Avrà una risposta, al di là del terribile spettacolo di un consiglio comunale che si sta inventando di tutto pur di dilazionare la discussione della mozione leghista sulla cancellata a San Francesco?

QUI POTETE LEGGERE L’EDITORIALE DI DON ANGELO RIVA APPARSO SUL SETTIMANALE DELLA DIOCESI

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un commento

  1. Una riflessione lucida e precisa, al di là di buonismo e cattivismo; più concreta della retorica dell’invasione e del terzomondismo da oratorio.
    Che afferma che un problema sicurezza esiste, ma che basterebbe poco per risolverlo.
    Ma anche un monito per gli amministratori locali, affinché smettano di agitare gli spettri della politica nazionale e si spendano per quello a cui sono stati chiamati: risolvere i problemi della gente invece che alimentare la paura.
    Don Angelo Riva.
    E adesso mi tocca fare pure il tifo per un prete!?

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