“Ho costruito tutto questo grazie a un ago”. Basterebbe questa frase per raccontare la vita (e il lavoro) di Luigi Mango, sartoria in via Volta che porta il suo nome piena di abiti, stoffe e rocchetti che parlano di un’abilità che è a un passo dall’arte, se già non lo è a tutti gli effetti.
Altro che taglia unica e il “signora le sta benissimo!” della commessa davanti allo specchio che (si sa) smagrisce di almeno due taglie. Qui sono tratteggi di gessetto sulle spalle, aghi puntati e metro da sarto.
Roba d’altri tempi, verrebbe da dire, roba per pochi. Eppure la sartoria Mango resiste e lo fa da più di vent’anni.
“Sono figlio d’arte – racconta Mango – mio nonno, i miei zii e mio padre erano sarti. Ho iniziato a bottega da lui a 7 anni”. Finché la provincia di Matera comincia ad andargli stretta: “A 16 anni sono scappato di casa e sono venuto a Milano. Era il 1966 e ho trovato lavoro nella sartoria di Caraceni”.
E dopo 15 anni passati a bottega spiando i lavori dei più bravi, arriva il momento di prendere ago e filo e mettersi in proprio: “Nel 1980 ho aperto una sartoria e una merceria a Lissone.
Ma un giorno la mafia mi ha bruciato tutto. Era il 1996, avevo due figlie e sono dovuto ripartire da zero”.
E per farlo ha scelto Como, prima in via Diaz e ora, da 5 anni, in via Volta. Ma oggi chi ha abbastanza soldi da ordinare un abito?
“Fino a qualche anno fa lavoravo bene. Ora pian piano la clientela storica non c’è più e le nuove generazioni non possono permettersi di spendere 2000 euro per un abito sartoriale, anche se a Milano lo pagheresti 5000 euro – spiega mostrando i dettagli fatti a mano di una giacca – Oggi lavoriamo soprattutto con gli abiti da cerimonia o le rimesse a modello”.
Ma se del lavoro non ci si può lamentare, il vero dispiacere è non poter tramandare a Como la sua arte: “Ci sono tanti ragazzi che non sanno dove andare a imparare – spiega – Io insegno alla Siam (Scuola d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri) a Milano ma mi piacerebbe farlo anche in una scuola a Como, ma non esiste, anche se ho provato a proporla.
E non mi posso permettere di tenere a bottega dei ragazzi, come faceva mio padre”.
E nell’attesa che questo sogno si realizzi, ci pensa la figlia Rosa, 27 anni, a portare avanti la tradizione di famiglia: “Lavoro con mio papà dal 2011 e tengo anche corsi per chi vuole imparare le basi del cucito – spiega – Se fare un orlo costa 20 euro, noi con poco più ti insegniamo a fartelo da solo”.
Che in tempi di crisi e taglia unica, non fa mai male.