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Erbonne, paesino per pochi. Pochissimi: solo cinque. E dove i panni si fanno al lavatoio

Un piccolo angolo di paradiso, nascosto tra il monte Generoso e la Valle Intelvi, forse destinato un giorno a scomparire, ma, per il momento, ancora molto frequentato da qualche intrepido camminatore di città alla ricerca di un po’ di tranquillità.

Stiamo parlando di Erbonne, piccola, anzi piccolissima, località di Centro Valle Intelvi, che conta solamente cinque abitanti (sì, cari lettori, non avete letto male).

Il borgo non è difficile da raggiungere, almeno dal 2005, da quando il ponte asfaltato permette ai veicoli di passare. Al contrario, prima non esisteva alcuna strada e i residenti, per potersi spostare dal paese, dovevano districarsi tra i sentieri per raggiungere la Svizzera, a poche centinaia di metri, o Casasco (il borgo della Valle Intelvi più vicino).

 

Passeggiando per i ciottolati si può sentire l’eco di un passato che non esiste più, accompagnato dal muggito di qualche mucca o dalla parlata locale degli ultimissimi residenti rimasti, come Marinella Puricelli, classe 1955: “Il nostro dialetto è un misto tra quello comasco e quello ticinese – spiega – Giù in valle ad esempio chiamano il latte lach, mentre noi, come gli svizzeri, diciamo latt“. Infatti Erbonne, secoli fa, fu un alpeggio elvetico, con più di 150 abitanti, come ci racconta Daniela Puricelli, 51 anni, l’ultima nata a Erbonne (anche se ora risiede in Svizzera): “Una volta la maggior parte degli abitanti erano contadini o frontalieri – racconta – Con il passare del tempo quasi tutti sono deceduti o se ne sono andati altrove, come la sottoscritta”.

Il piccolo borgo è famoso non solo per la sua tranquillità, ma anche per il contrabbando, fenomeno che dilagò mezzo secolo fa su tutto il territorio intelvese. Erbonne fu un punto nevralgico, essendo zona di confine, e al suo interno venne costruita una piccola caserma della Guardia di Finanza per catturare gli sfrusaduur (come vengono chiamati nel dialetto locale), oggi trasformata in un museo: “Io vengo dalla Sardegna ma venni trasferito qua, conobbi mia moglie e mi spostai definitivamente – racconta Angelo Serra, ex finanziere – Sapevamo chi erano i contrabbandieri, a volte erano anche nostri amici. Ti dicevano che andavano a curare le bestie nella stalla e poi sparivano per qualche giorno”.

Nonostante i ruoli ben distinti il clima di armonia non mancava a quei tempi, come ci racconta Marisa Puricelli, che troviamo a lavare i panni, come si faceva una volta, nel lavatoio di paese: “Facevamo spesso molti scherzi ai finanzieri, ma la prendevano sempre sul ridere – spiega – Solitamente andavamo giù alla caserma e gli buttavamo la neve sotto la blanda del letto per farli dormire al freddo. Quante risate ci siamo fatti da bambini!”.

Oggi di tutto questo non rimangono che i ricordi e qualche vecchio testimone di un piccolo paese di montagna, travolto dalla modernità e dal tempo tiranno. Forse la più grande lezione ce la può dare Marisa Cereghetti, classe 1955: “Tanti anni fa a Erbonne c’era addirittura una scuola. Per tenerla aperta ce l’abbiamo messa tutta, ma la gente continuava ad andarsene, io stessa mi ero proposta, come volontaria, per insegnare. Purtroppo non ce l’abbiamo fatta. Io non me ne sono mai andata, amo la solitudine. Oggi le persone vogliono sempre di più, io amo la tranquillità. Alla mia età, se voglio, posso andare senza problemi a fare una passeggiata. Io sono libera”.

L’ARTICOLO CHE HAI APPENA LETTO E’ USCITO SU COMOZERO SETTIMANALE: ECCO DOVE PUOI TROVARLO

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