La guerra delle pizze si avvia verso il finale.
Un braccio di ferro che dura da tempo e che ha obbligato il Comune di Como [con documento ufficiale – pubblicato ieri all’Albo, lo trovate in fondo all’articolo] ad andare in Tribunale per “promuovere azione di sfratto per finita locazione”.
Vicenda dalle radici profonde.
E’ iniziata il 9 luglio 2018, quando Palazzo Cernezzi decide di indire un’asta pubblica per l’affitto del ristorante-pizzeria in via Cesare Cantù 55, locale fino ad allora noto a tantissimi con il nome di “in Centro”. Base d’asta su cui calibrare le offerte: 39mila 803 euro.
L’esito della gara ha visto un clamoroso ribaltone:
Il Barbarossa espugna la Pizzeria In Centro: storico cambio di gestione
Poi Fusione Srl (che a gennaio aveva chiuso i battenti in via Cesare Cantù) si è rivolta al Tar per sospendere l’aggiudicazione ai rivali: l’istanza viene respinta il 25 ottobre 2018.
Eppure la società non ha mollato. E l’insistenza si fa valere al Consiglio di Stato 6 dicembre, quando i giudici accolgono l’istanza cautelare e sospendono la stipula del nuovo contratto tra il Comune e i proprietari del Barbarossa.
Scrivono i togati “Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), accoglie l’istanza cautelare e, per l’effetto, sospende l’esecutività della sentenza impugnata, inibendo – nelle more della definizione nel merito della controversia – la stipula del contratto. Spese di fase compensate. La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti”.
Unico soccombente almeno fino a quel momento: il Comune di Como.
Fusione Srl, infatti, nel ricorso al Consiglio di Stato aveva anche chiesto il riconoscimento dell’indennità di avviamento da parte dell’amministrazione comunale. E il Comune, è stato obbligato a pagare: 47mila euro da corrispondere alla Fusione Srl in due tranche da 23.290 euro ciascuna.
Difficile stabilire se la cifra sia stata già versata, ricevuta o, addirittura, respinta da Fusione. Il Comune, nel documento pubblicato ieri è però chiarissimo:
Ne è nato poi uno scambio di carte tra privati e amministrazione, così riassunto dal dirigente comunale:
il “[…] contratto è stato regolarmente disdettato dal Comune di Como a termini di legge con nota P.G. 37491 7/11/2012 […]”
Lo scorso 30 maggio vi abbiamo raccontato (mai smentiti) come Fusione non avesse mai lasciato i locali.
Anzi, da diverso tempo tirava aria di allestimento: restauri, mobilia, derrate alimentari, cucina attiva. Il 29 maggio sera, per esempio, si è svolta una cena (plausibilmente privata), nello stesso pomeriggio (abbiamo verificato personalmente) la cucina era chiaramente attiva.
In quei giorni il locale risultava ancora chiuso ma chiedendo al personale di passaggio abbiamo colto (con chiarezza) l’intenzione di aprire dal primo giugno.
E la vicenda stava diventando oggettivamente un garbuglio per avvocati esperti.
Così abbiamo semplificato e chiesto a Palazzo Cernezzi: chi può occupare gli spazi?
Il Comune ci ha risposto con poche ma chiarissime righe: “La Giunta Comunale, preso atto che le richieste per la liberazione dei locali inoltrate dal Settore Patrimonio sono rimaste senza esito alcuno, ha dato mandato all’Avvocatura Comunale di procedere giudizialmente nei confronti dell’ex conduttore per il rilascio dell’immobile”.
In questi giorni, peraltro, diversi lettori ci hanno segnalato il locale in attività. Con tanto di menù in strada:
Poco importa ormai perché l’amministrazione è andata avanti. Ieri infatti è stata pubblicata all’Albo Pretorio la determinazione dirigenziale che avvia, in tribunale, la procedura di sfratto.
Scrive il dirigente, Marina Ceresa: “Le intimazioni per la liberazione dei locali inviate dal Settore Patrimonio in data 21 settembre 2018 e 2 marzo 2019 sono rimaste senza esito alcuno […] con nota in data 16 aprile 2019 il Settore Patrimonio, vista la scadenza del contratto di locazione in parola e visto che a seguito di procedura ad evidenza pubblica l’unità immobiliare in questione è stata aggiudicata ad altra società, ha comunicato che “si rende necessario rientrare nella piena disponibilità del bene”, chiedendo di procedere all’attivazione delle procedure per la liberazione coattiva dell’immobile, salva ed impregiudicata ogni altra azione per eventuali ulteriori danni”.
Un commento
Quindi gara da rifare e indennizzo a spese del Comune. Visto il numero cospicuo di casi simili vien da chiedersi se sia l’amministrazione ad essere incapace nella scrittura dei bandi e deicontratti o la normativa nazionale consenta a chiunque con facilità di ricorrere e vincere al TAR o al Consiglio di Stato