Ormai è realtà dal primo gennaio: chi, dalla Svizzera, verrà a fare shopping in Italia dovrà pagare l’Iva sugli acquisti di importo pari o superiore a 150 franchi e non più – come avveniva in passato – a 300 franchi
Una seccatura per tutti coloro che non hanno tanti soldi nel portafoglio e che magari, scegliebdo prodotti più economici nei supermercati comaschi, rischiano di vanificare parte del risparmio.
Adesso per questi frontalieri della spesa in Italia, oltre alla riduzione della cifra oltre cui scatta l’Iva, si presenta un ulteriore intoppo non da poco. L’app svizzera di sdoganamento QuickZoll, vista come un rapida soluzione per evitare l’assalto agli uffici di frontiera “nasconde” infatti delle insidie.
Come illustrato da Tio.ch, non è tanto il suo utilizzo a creare problemi, ma il fatto che l’app impone all’utente un’aliquota Iva non ridotta dell’8,1% su tutto, anche sui prodotti che invece sono tassati con un’aliquota ridotta del 2,6%. Tra questi vi sono alcuni alimenti, bevande analcoliche, medicinali, libri e riviste.
La decisione di applicare uba sola aliquota Iva è stata presa per semplificare e velocizzare la procedura d’imposizione che però ha risvolti negativi sul portafoglio.
Ad esempio, acquistando 250 franchi di merce e dichiarandola via QuickZoll, l’esborso anche per merci con Iva al 2,6% sarebbe più di 20 franchi di Iva, più del triplo dei 6,5 franchi se dichiarati di persona, o via modulo, in dogana.
Una situazione magari non nota a tutti e che il Consiglio Federale ha detto di puntare a risolvere con l’introduzione nell’app dell’aliquota ridotta ma non prima – sembra – del 2026.
Intervistato dal Tages-Anzeiger, Martin Kocher (esperto fiscale) critica l’aliquota unica: «Non esiste una base giuridica che autorizzi una tale semplificazione delle tariffe. L’app può portare a una falsa tassazione e potrebbe incoraggiare il contrabbando di importazioni».