L’annunciato stop dal prossimo 31 gennaio all’accordo amichevole sul telelavoro tra Italia e Svizzera sta scatenando le più svariate reazioni. Solo poche ore fa davamo conto della lettera inviata da diversi soggetti svizzeri alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (qui i dettagli).
E adesso arriva analoga missiva inviata a Karin Keller-Sutter Consigliera federale Capo del Dipartimento delle Finanze Confederazione Svizzera e al Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti da parte della Regio Insubrica, l’organizzazione transfrontaliera costituita da Repubblica e Cantone Ticino, Regione Lombardia e Regione Piemonte, voluta per promuove la cooperazione tra Italia e Svizzera.
Oggetto il medesimo, ovvero far sedere a un tavolo i due stati per trovare una soluzione e innanzitutto per chiedere che, dal primo febbraio, l’accordo amichevole possa diventare duraturo
Ecco alcuni passaggi della missiva:
La Regio Insubrica ha preso atto con rammarico della decisione di procedere alla disdetta dell’accordo amichevole con effetto a decorrere dal 1° febbraio. Si ricorda che l’attuale quadro normativo imposto dalla Convenzione del 1974 tra la Svizzera e l’Italia relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine prevede l’imposizione fiscale esclusiva nello Stato nel quale l’attività lavorativa è svolta. Laddove vi fosse imposizione in Italia, ciò si tradurrà nella decadenza dello statuto di frontaliere e conseguentemente nella cessazione del ristorno.
Per quanto concerne gli oneri sociali a carico di lavoratori e imprese, il quadro normativo di riferimento è quello europeo. Nel merito l’Unione Europea ha prorogato fino al 30 giugno 2023 l’applicazione flessibile delle regole europee sulla legislazione applicabile in materia di assicurazioni sociali per i lavoratori frontalieri in telelavoro. Nella fattispecie, oltre la soglia del 25% del tempo di lavoro effettuato a distanza scatta la competenza dello Stato di residenza sui contributi versati dal datore di lavoro e dai collaboratori dell’impresa. Anche questa misura è stata salutata con favore dalla scrivente Comunità di lavoro.
Data la rilevanza del tema, l’Ufficio Presidenziale della Regio Insubrica ha convocato un tavolo tecnico che riunisce i principali stakeholder del mondo associativo imprenditoriale, delle organizzazioni sindacali e dell’Associazione dei Comuni Italiani di Frontiera con lo scopo di identificare le principali criticità legate alla fase di transizione creatasi dalla progressiva uscita dalla pandemia. Innanzitutto si è ribadito l’interesse nel regolamentare in modo durevole il tema del lavoro da remoto, favorendone un utilizzo strutturato e ragionevole che non vada a scapito delle regioni di frontiera coinvolte e permetta ai lavoratori e alle imprese di continuare le loro attività, anche da remoto, senza sconvolgimenti dal punto di vista dell’imposizione fiscale e degli oneri sociali.
Questo obiettivo è particolarmente rilevante in una regione come quella Insubrica, che soffre pesantemente il traffico motorizzato e l’inquinamento causato e che ha sino ad ora beneficiato di un utilizzo intelligente e flessibile del lavoro a distanza. Si ribadisce che dal profilo delle assicurazioni sociali il telelavoro è già regolato durevolmente poiché prevista una soglia del 25% (riferita al tempo lavorativo), al di sotto della quale la persona in telelavoro non viene assoggettata agli istituti previdenziali del paese di residenza (regola europea).
È quindi importante che le regole fiscali siano perlomeno parificate a quelle previdenziali. Per favorire la coerenza del quadro giuridico si suggerisce di chiarire che il lavoro da remoto non garantisce un’organizzazione stabile in merito all’assoggettamento fiscale, dal momento che – oltre a regolamentare il telelavoro a beneficio dei dipendenti – è necessario chiarire anche il destino fiscale delle imprese coinvolte. In considerazione di quanto precede e vista la recente comunicazione di disdetta dell’accordo amichevole, la scrivente Comunità di lavoro chiede pertanto che Italia e Svizzera avviino rapidamente dei negoziati volti a disciplinare il ricorso al telelavoro da parte dei lavoratori frontalieri in modo durevole.
Per rafforzare la coerenza e la leggibilità del dispositivo giuridico che disciplina il lavoro a distanza, si suggerisce ai due Stati di favorire un allineamento delle disposizioni fiscali bilaterali a quelle relative alle assicurazioni sociali. La Comunità di lavoro Regio Insubrica ritiene opportuno prevedere l’applicazione del nuovo accordo amichevole permanente a partire dal giorno successivo alla cessazione dell’accordo amichevole formulato in tempi di pandemia, sottolineando come quest’ultimo sia entrato in vigore all’inizio della crisi.
Sempre sullo stesso tema è poi intervenuto il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Raffaele Erba. “Una moltitudine di voci si sta mobilitando per chiedere un passo indietro allo stop dello smart working per i frontalieri. Non riusciamo a comprendere la decisione di non prorogare l’accordo. Negli ultimi anni l’introduzione dello smart working ha generato diversi effetti positivi come il miglioramento della qualità della vita dei lavoratori frontalieri e l’alleggerimento del traffico con conseguente riduzione delle emissioni inquinanti. Prolungare uno strumento che ha funzionato molto bene è doveroso, anche perché le stesse imprese si sono schierate a favore di tale misura”.
2 Commenti
Cons. Erba, non è difficile comprendere: la tassazione ultra-agevolata dei frontalieri è legata al fatto di recarsi ogni giorno oltre confine a lavorare. Se non ci vanno, perché lavorano da casa, devono decadere dall’agevolazione. E mi pare logico e giusto: perché due persone che vivono e lavorano da remoto nella stessa casa devono pagare tasse diverse, solo perché una lavora per un’azienda ticinese e l’altra per un’azienda italiana o di qualsiasi altra parte del mondo?
e dal paleolitico è tutto, linea allo studio