Un vero e proprio cortocircuito. E’ quello innestato sulla fascia di confine dal nuovo accordo fiscale entrato in vigore a luglio del 2023. Intesa tra i due Stati che ha introdotto la figura del nuovo frontaliere e la doppia imposizione fiscale. Una rivoluzione che ha creato – come si vede dalle prime dichiarazioni dei redditi dei nuovi frontalieri – pesanti malumori vista l’entità dei versamenti da fare nelle casse dello Stato.
Un accordo, lo abbiamo raccontato più volte che ha spinto anche molte persone a rinunciare, dopo aver fatto i calcoli, a un impiego in Ticino e che ha spinto altrettanti lavoratori a non considera più vantaggioso lo spostamento.
E se in passato diversi ticinesi avevano deciso di trasferirsi in Italia per poter pagare meno di affitto e poter contare su un costo della vita minore, ora anche loro si ritrovano invischiati nel nuovo regime fiscale.E la situazione diventa sempre meno vantaggiosa per tutti.
A dare una pima indicazione – come racconta il Cdt – è il direttore del Centro competenze tributarie e giuridiche della Supsi. «Ci sono diversi fattori di cui tenere conto: il costo della vita e gli aumenti di cassa malati in Ticino, da una parte, dall’altra l’accessibilità della proprietà immobiliare in Italia, possono certamente ancora spingere i residenti al frontalierato». Gran parte dei vantaggi, però, sono di fatto annullati dal carico fiscale che, dal 17 luglio 2023, per i nuovi frontalieri «può essere di dieci volte superiore a parità di reddito rispetto a chi risiede in Ticino, dove l’aliquota massima è applicata a partire da livelli di reddito molto più alti».
E vien fatto l’esempio di un imprenditore ticinese che con un’azienda informatica che ha deciso di spostarsi in Italia per abbassare i costi della vita, della casa e continua a lavorare in Ticino. «Ho capito con il tempo che l’unica chance che mi rimaneva, per fare una vita decente e mantenere l’azienda in Ticino, paradossalmente, era andarmene io», racconta l’imprenditore che, tra affitto in Italia, imposte alla fonte e aliquote italiane (previste dal nuovo regime fiscale) riuscirà – sebbene per poco – a spendere meno.
C’è poi per conto il racconto di chi, nuovo frontaliere della provincia del Verbano fa due conti. “Con la nuova tassazione – spiega – rispetto a un mio collega frontaliere di vecchia data, andrò a pagare circa 20mila euro in più. E con un cambio che non è più vantaggioso come prima – basti pensare a quando era a 1,20 – il danno è evidente”, racconta ai media locali. “Hanno svenduto i giovani e le possibilità di lavoro per chi vive nelle zone di confine”.
E la chiusura dei calcoli sulle tasse da pagare per i nuovi frontalieri daranno “un quadro preciso del divario tra il prima e il dopo”, spiegano i sindacati.