Un fortunale si abbatte sullo Yacht Club Como. Si perdoni la metafora banalmente nautica ma l’immagine veste a modo.
Come sempre, tra gole profonde e beninformati, che poi sempre informati non sono, bisogna fare un’enorme tara. Soprattutto quando di mezzo ci sono iscritti, serissimi obiettivi sportivi e una lunga tradizione.
Ma i fatti ci sono, sono (piuttosto) chiari e non possono essere ignorati dato il peso specifico del sodalizio nella storia cittadina.
Partiamo dalla fine con la notizia: Giancarlo Ge, storico presidente, ha clamorosamente (per alcuni nemmeno troppo) rassegnato le dimissioni.
Lo ha confermato nel pomeriggio raggiunto al telefono, come leggerete tra poco.
Cosa succede? Secondo quanto abbiamo ricostruito finora tensioni nemmeno troppo latenti, certo dalle radici antiche, sarebbero esplose negli ultimi mesi a causa della gestione dell’emergenza Covid.
Così il consiglio della società di viale Puecher si è spaccato.
Da un lato il presidende Ge (al centro della foto) sostenuto dal segretario generale Achille Sauchelli (ultimo a destra).
Dall’altro gli ammutinati, i contestatori: il vicepresidente Davide Calabrò (nella foto, secondo da sinistra), il consigliere Silvio Santambrogio (primo da sinistra) e il tesoriere Fabrizio Milesi (penultimo a destra).
Il tema della sanificazione dei locali, della riapertura del club post lockdown, che qualcuno fissava al 30 maggio, la gestione dei corsi (lo scorso fine settimana ripartiti quelli di vela) avrebbero dato la stura a un malcontento accumulato su più fronti nell’ultimo quadriennio.
Molti sussurri e nessun grido ma nel complesso siamo nel campo delle più classiche faide gestionali, visioni diverse, approcci contrastanti, quantomeno non più conciliabili, su diversi fronti.
Trovatosi in minoranza dunque il presidente si è dimesso.
Quello che sembrerebbe un segno di resa è in realtà una contromossa, se vincente lo dirà il tempo.
Bisogna considerare che la scadenza naturale del mandato del consiglio era fissata per settembre e che lo statuto assegna al capo dimissionario 45 giorni di reggenza. Cioè fino all’assemblea che dovrà rinnovare anticipatamente le cariche. Insomma entro fine giugno nuovo consiglio e nuovo numero uno.
Presidente, ci dicono di frizioni pesanti.
Ma no, problemi con la questione Covid ce ne sono dappertutto. D’altronde con la sede chiusa non potevamo più incontrarci, allora è stato meglio che mi dimettessi e che si andasse a nuove elezioni.
Scusi, non capisco. Cosa c’entra?
Ci sono dei problemi, in questo modo a giugno rinnoveremo le cariche.
Eh, sembra un modo per sbarazzarsi degli oppositori.
Ma no è solo perché venga votata una squadra ben amalgamata.
Quanti elettori?
Tutti gli iscritti in regola con la quota. Sono circa un centinaio, forse qualcuno di più.
E gli altri?
Circa 150 ma, dato il periodo di difficoltà non tutti hanno ancora rinnovato. Detto questo di solito partecipano alle elezioni 120, 130 iscritti. Però mi lasci dire, non ci sono tutte queste tensioni.
Creda, a noi risulta il contrario ma possiamo pure sbagliarci.
I soci sono tutti uguali, questa presa di posizione permette elezioni subito. Pensi che non abbiamo ancora approvato il Bilancio dell’anno scorso.
Si ricandida?
Penso di sì. Sì. E poi massimo rispetto per chiunque verrà eletto.