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L’addio a Como della giovane campionessa di volley, ingaggiata in America: “Là posso giocare e studiare, Italia troppo indietro”

C’è chi parte per una vacanza, chi per cambiare vita. E poi c’è chi parte perché, semplicemente, altrove c’è quello che qui manca. Questa ormai è diventata la storia di molti giovani italiani, talentuosi e determinati, che decidono, spesso a malincuore, di lasciare la propria terra per inseguire opportunità che il loro Paese non riesce ancora a garantire.

Tra loro c’è Alice Viganò, classe 2006, pallavolista comasca d’eccellenza e studentessa al liceo linguistico, pronta a cogliere quell’occasione che qui a Como non ha trovato e volare in California per studiare e giocare a pallavolo all’università di Malibù. “Se in Italia ci fosse stata la stessa visione dello sport e dello studio insieme che hanno in America, probabilmente sarei rimasta. Ma qui siamo ancora anni luce indietro”, ha raccontato Alice con voce lucida, matura.

La pallavolo tra studio e allenamento

Una maturità che si è costruita a suon di allenamenti quotidiani, trasferte fin da adolescente, lontananza dalla famiglia e orari scolastici incastrati tra le ore in palestra. “È stato un po’ pesante, ma ce l’ho fatta. A causa dei continui spostamenti per giocare ho cambiato spesso anche liceo e lingue d’indirizzo, ora parlo fluentemente inglese e spagnolo, francese un po’ meno e del tedesco è meglio non parlarne. Adesso sto andando bene a scuola, manca poco alla maturità ed è un sollievo”.

La sua carriera sportiva è iniziata a Como, nelle giovanili della Città Murata, poi il passaggio a Monza, dove ha vissuto tre anni intensi, e infine Albese, in Serie A2. Un percorso che le ha insegnato l’autonomia, la gestione del tempo, il sacrificio. “Giocavo e studiavo ogni giorno. Gli allenamenti erano quotidiani. A volte era davvero tosta incastrare tutto con la scuola“. Ma quella fatica ha avuto un senso, perché ha forgiato una giovane donna determinata e indipendente. “Quando ero più piccola mi ha aiutato vivere fuori casa, mi ha fatto maturare. Ora posso dire che sono una persona indipendente, so cavarmela da sola”.

La nuova avventura a Malibù

Alice ha scelto di partire, ha optato per l’università di Malibù, non solo per la località da sogno, ma per un motivo ben preciso: “È stato il connubio tra contesto sportivo ed educazione a convincermi. Là ho trovato degli allenatori che mi hanno fatta sentire subito a mio agio e soprattutto supportata. È bello sapere che posso contare su di loro e questa è una cosa importantissima. Certo, anche il programma universitario è ricco, ma è l’ambiente sportivo ad aver fatto la differenza. Appena mi hanno spiegato bene come funziona lì, mi si è aperto un mondo. Voglio giocare ad alto livello, ma non voglio rinunciare allo studio. In Italia spesso gli atleti studiano online, ma innanzitutto non è semplice e non è quello che voglio, mancano gli stimoli. Invece in America è tutto organizzato per far funzionare entrambe le cose. Se per esempio hai gli allenamenti il mattino le lezioni vengono organizzate nel pomeriggio, è tutto studiato per permettere agli studenti di fare sport senza dover rinunciare allo studio, o viceversa”.

In Italia, purtroppo, la situazione è molto diversa. Lo sport ad alto livello e lo studio universitario sono spesso due strade che si escludono a vicenda. “Qui sembra che lo studio venga sempre messo in primo piano. Come se per continuare con la propria educazione bisognasse rinunciare a tutto il resto. E invece no. È la mentalità che deve cambiare“.

Tanti altri ragazzi nella stessa situazione

Questa situazione non riguarda solamente Alice, molte sue compagne di squadra hanno lo stesso problema. Alcune sono già partite, altre stanno considerando di farlo. “Tante altre ragazze che conosco hanno scelto di andare via, perché qui si fa fatica. Ed è un vero peccato, perché il talento c’è ma serve un sistema che lo sappia riconoscere e coltivare”.

Eppure, la decisione di partire è stata praticamente obbligata dalle circostanze, non è una situazione facile. “Sento un po’ di malinconia. Adesso che manca poco inizio a realizzare che lascerò casa, amici, famiglia. Ma voglio provarci. Anche se i primi mesi saranno difficili, credo ne valga la pena. È un altro mondo“.

Le chiediamo se un giorno tornerà. “Non lo so. Voglio vedere come mi troverò. Magari starò bene e resterò, oppure dopo un anno cambierò idea. Ma adesso voglio cogliere questa opportunità che qui non c’era“. Un consiglio per i giovani che si trovano nella sua stessa situazione? “Non bisogna mai mollare. Se ti piace veramente quello che fai, vale la pena rischiare. Gli ostacoli si superano, sempre”. E se avesse il potere di cambiare qualcosa in Italia? “Voglio dire ai ragazzi che è possibile studiare e fare sport ad alto livello insieme, anche se è difficile. E non è giusto che qui non abbiamo la possibilità di farlo, manca proprio la volontà, la visione. Lo sport non è un nemico dello studio, anzi. È una risorsa”.

Ora la palla va alle istituzioni

Il messaggio di Alice è chiaro, il talento in Italia non manca. Manca invece il coraggio delle istituzioni di crederci davvero. Manca una cultura che sappia valorizzare i giovani, senza costringerli a dover cambiare Paese per realizzarsi. Manca, soprattutto, una visione che metta al centro il futuro, quelle possibilità che, per ora, i nostri ragazzi trovano più facilmente altrove. “Spero davvero che le università italiane capiscano prima o poi, perché è un peccato perdere così tanti talenti. Al giorno d’oggi la pallavolo è uno sport molto popolare e amato, prima o poi anche le università se ne renderanno conto. Ma deve esserci spazio per crescere, non solo per chi è già arrivato”.

Un giorno l’Italia e le università capiranno come investire adeguatamente sui propri giovani, per chi resta e per chi decide di portare l’eccellenza del bel Paese altrove, e forse sarà anche il giorno in cui Alice potrà tornare. Non per nostalgia ma per scelta.

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