E’ pieno il salone del Carducci, c’è un’ottantina di persone contate male, ma alla fine a fare notizia sono quelle poche sedie vuote. Gli assenti sono i rappresentanti delle istituzioni, che erano state invitati a un incontro e a un confronto sul tema “Minori non accompagnati: L’esperienza della città di Como fra normative, prassi e contributo del terzo settore”. Sì, perché mentre la politica nazionale si infuoca per l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, Como si interroga sul presente e il destino degli Msna, una fredda sigla che etichetta gli oltre 12mila ragazzini dai 14 ai 18 anni sbarcati in Italia dal 1° gennaio al 30 settembre. L’anno scorso erano stati 14mila, nel 2016 anno record 25mila. Vengono quasi tutti da Egitto e Tunisia e il tema dell’accoglienza dei Minori stranieri non accompagnati tocca davvero tutti.
Introduce e modera con competenza gli interventi l’avvocato Antonio Lamarucciola dell’Osservatorio Giuridico per i diritti dei migranti. Più volte si parla di un “cortocircuito istituzionale” sul tema. Non è un caso probabilmente che nonostante siano stati invitati manchino i rappresentanti di Prefettura, Comune di Como e Questura. Nessuno per tutta la serata butta però in politica il dibattito. Il tema è troppo complesso. Per Gabriele Pirola della Fondazione Somaschi onlus, che partecipa al tavolo istituzionale sul tema, con Csv, Cometa e altri rappresentanti del terzo settore, il messaggio più bello è proprio la sala piena, mentre nel 2022 al primo incontro c’erano solo 7 persone. Le questioni cardine della serata sono i minori, ma anche i neomaggiorenni, che da un giorno con l’altro si trovano a vivere una condizione di clandestinità. Ragazzi a cui serve ancora avere un tetto sulla testa, un po’ di amore, ma anche un servizio educativo e formativo.
Luce Bonzano, avvocato dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), Tiziana Colasanti giurista, referente del tavolo regionale sui Msna per il Garante infanzia e adolescenza della Lombardia e Alessandra Migliore, pure lei avvocato dell’Osservatorio Giuridico per i Diritti dei Migranti cercano di inquadrare la questione dei minori non accompagnati in punta di legge. Questione che non riguarda ovviamente soltanto Como, i territori di confine o le amministrazioni non guidate dal centrosinistra. Nei giorni scorsi, a Milano – spiega Bonzano – sono stati portati dall’amministrazione Sala 50 minori nel Cas (Centro di accoglienza straordinaria) di via Corelli destinato agli adulti. “Ci sono strutture in muratura, ma i ragazzini sono stati alloggiati nei container, in giardino, per isolarli” ha spiegato. Fino al 2017 la normativa era estremamente disorganica. A mettere un po’ di ordine ci ha pensato la legge Zampa o legge 40 con le sue contraddizioni come la competenza data solo ai Tribunali per Minorenni già sovraccarichi e la nebulosa indicazione relativa ai Sai, strutture che prevedono la copartecipazione dei Comuni, ma su base volontaria. Così ci sono amministrazioni che partecipano, come Cremona, e altre che invece ne stanno fuori. Un decreto legislativo, da convertire in legge entro i primi di dicembre, renderà le procedure di accoglienza dei minori ancora più complesse.
La platea si scalda un pochino, c’è chi chiede se si possano confiscare degli immobili al Comune di Como per darli alla Prefettura in modo che realizzi dei Sai. Viene anche chiesto se si possa intervenire in qualche modo su un sindaco che non accolga i minori, con chiaro riferimento al recente caso avvenuto a Como con il braccio di ferro tra il sindaco Alessandro Rapinese e la Prefettura, con i ragazzini portati poi al Cas della Croce Rossa a Lipomo (qui le cronache). L’avvocato Bonzano è però lapidaria. “E’ sicuramente giusto dare risalto a queste situazioni. Dal punto di vista legale forse si potrebbe sporgere denuncia per omissione di atti d’ufficio, ma si tratta di strumenti che non hanno efficacia immediata. Potrebbe arrivare anche il rinvio a giudizio per il sindaco, ma di solito dopo quattro anni. Credo che l’obiettivo nostro sia che qualcuno prenda in carico i minori subito e una denuncia penale non risolve certo il problema”.
In platea anche la capogruppo del Pd a Palazzo Cernezzi, Patrizia Lissi, che vorrebbe quantomeno costringere in qualche modo il Comune di Como ad aprire un Sai. Alessandra Migliore entra nello specifico del caso della Parrocchia di Rebbio e dei suoi 150 minori accolti nel 2023. Viene elogiato il lavoro dei volontari, il bel rapporto con i professionisti della sanità e con alcune donne arabe che si sono messe a disposizione per ascoltare i ragazzi che hanno frequentato soltanto la scuola coranica e non parlano una parola di francese o inglese. “Ragazzi con difficoltà – ricorda – che vengono anche da violenze domestiche importanti, come prima esigenza hanno quella di lavorare” probabilmente per ripagare il debito fatto dai genitori per mandarli su un barcone in Italia”.
Anche Don Giusto Della Valle usa solo toni moderati, parla dell’importanza del dialogo con le istituzioni. “Serve alla nostra città qualcuno che tiri le fila, è vero ma almeno dal basso c’è tanto movimento. Dobbiamo sollecitare le istituzioni affinché utilizzino disponibilità e competenze” ha spiegato Don Giusto. Poi le due proposte concrete. La prima è la riapertura del Centro Puzzle di Tavernola, chiuso dal 2016. “Il messaggio di questa serata può essere l’impegno di tutti a riaprire il Centro Puzzle. Dobbiamo essere concreti però, trovare chi interloquisca con il Comune per dire al sindaco che c’è da parte nostra anche la disponibilità a gestirlo. Ospitava 30 persone”, spiega. L’altro versante riguarda gli appartamenti per i neomaggiorenni. “Chi compie i 18 anni e ha un lavoro non va lasciato solo o rischia di perdersi. Sono stato in Fondazione Cariplo e c’è disponibilità nel bando per l’housing sociale – ha detto ancora il parroco di Rebbio – Il migrante oggi viene inteso come un problema, mentre è una risorsa, va solo accompagnato in un percorso educativo e formativo per essere un cittadino responsabile”.
10 Commenti
Sindaco tieni duro, niente centri. I comaschi sono con te.
Io no
io non ci sono
Neppure io
Bene bene ora mi è tutto chiaro: c’è chi vuole che il comune riapra il centro di Tavernola.
C’è chi dichiara che lo gestirebbe.
Ma io penso che le 80 e più persone presenti possono tranquillamente rinunciare a un caffè al giorno pari a 1,20 euro e con i circa 3000 euro raccolti, ogni mese per sempre, affittare a Tavernola gli appartamenti necessari per iniziare a superare questa emergenza, che a me ora suona assolutamente strana.
Certo che nessuno rinuncerà a un caffè al giorno per aiutare questi ragazzi che tra l’altro non si sa da dove arrivino e soprattutto non si sa chi gli paga il biglietto del treno per fare centinaia o migliaia di chilometri per arrivare qui,attendo i furiosi commenti in merito a questo scritto.
Ha stato Soros a pagargli il treno
No somo stati Salvini e la Meloni se no gli toccava parlare dei conti pubblici che vanno a remengo…
1,20 euro per 80 persone uguale 3000 euro. Signori della corte, ho concluso.
@Paracarro: 1,20 (euro) x 80 (persone) x 31 (giorni) = 2976 euro al mese. Arrotondiamo a 3000. Il conto è giusto
Hai ragione, ho letto di corsa che stavo correndo a prendere il drone.