E dunque eccola la lettera che 20 sindaci comaschi, di cui 11 della Val d’Intelvi assime al presidente della Comunità Montana Lario Intelvese, Ferriccio Rigola, hanno scritto con destinatario il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Si tratta di un documento in cui convergono la delusione e la rabbia per la perdurante chiusura del valico della Valmara, essenziale per gli oltre mille frontalieri intelvesi per andare a lavorare in Svizzera. Una frontiera che però è rimasta esclusa dalla nuove riaperture decise dalla Svizzera nei giorni scorsi, tra cui spicca Maslianico.
“Preme portare alla Sua attenzione – si legge nella lettera siglata da Rigola a nome dei primi cittadini – le serie difficoltà che stanno incontrando gli oltre 1.200 frontalieri che quotidianamente attraversano il confine svizzero per recarsi al lavoro”.
Sulla chiusura del valico della Valmara, viene sottolineato che “sta creando seri disagi, costringendo i lavoratori intelvesi a un percorso alternativo più lungo, oltre a lunghe ed estenuanti code, estendendo di almeno un’ora i tempi per raggiungere le frontiere più vicine per recarsi al lavoro in Canton Ticino, tempi che necessariamente già prevedono grandi sacrifici per gli spostamenti”.
Rigola e i sindaci, dunque, ritengono “opportuno e non rinviabile” un intervento del premier e del governo nel suo complesso nei confronti della Svizzera. Gli obiettivi: “Disporre l’immediata riapertura della dogana di Arogno, se non totale, almeno parziale negli orari di accesso e uscita dei lavoratori; concordare l’applicazione in entrambi i Paesi di un medesimo protocollo, esteso almeno al Canton Ticino, per la sicurezza e la salvaguardia della salute dei lavoratori, giacché in Svizzera non vigono le stesse misure cautelative e di restrizioni attive in Italia (mascherine, distanziamento…)”.
Ora, dunque, la palla passa a Roma. Nelle mani di Conte.