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Mascherine a 50 centesimi. Scoppia il caos, poi il governo promette: “I farmacisti non ci rimetteranno”

“Le mascherine non potranno essere vendute a più di 50 centesimi”. Questo l’annuncio dato ieri sera durante la conferenza stampa dal premier Giuseppe Conte.

Un cambio delle regole a gioco iniziato (e pure da un bel po’) che, se a partire dal 4 maggio prossimo intende tutelare i cittadini da possibili speculazioni su un bene oggi primario, dall’altro rischia di mettere in seria difficoltà i farmacisti che, fino a oggi, hanno acquistato le mascherine a un prezzo ben superiore a questo.

E le reazioni a questo annuncio, tradotto immediatamente in Ordinanza dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri (e pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale), non hanno tardato a farsi sentire anche nella nostra città tra confusione e scarsa chiarezza, fino alla svolta positiva del pomeriggio.

Domenico Arcuri

Questa mattina, in prima battuta, era partita una mail della segreteria cittadina di FederFarma a firma del presidente Attilio Marcantonio in cui si invitano gli associati “vista anche la complessità burocratica e i rischi per le vendite sottocosto, a sospendere la vendita delle mascherine chirurgiche esponendo il cartello allegato”.

Diversa, invece, la reazione sin da subito di AssoFarm (farmacie pubbliche), come spiega il coordinatore regionale Renato Acquistapace: “Abbiamo deciso di adeguarci all’ordinanza e venderemo le mascherine chirurgiche a 50 centesimi più Iva – spiega – si tratta di un bene necessario e non è giusto che a farne le spese siano i cittadini”.

Immediati, comunque, erano partiti i contatti tra le associazioni di categoria, il Governo, e, in parallelo, con le Regioni.

Infine, nel pomeriggio, l’accordo tra le parti che vedete nel testo qui sotto.

In sostanza, i farmacisti che anche avessero acquistato mascherine a cifre più alte rispetto al prezzo di vendita bloccato, dal 4 maggio, di 50 centesimi, non ci rimetteranno di tasca propria: il governo assicura la compensazione dell’eventuale differenza.

“Noi avevamo subito portato le nostre ragioni e, in via ufficiosa, il Governo si era mostrato d’accordo sul risarcire alle farmacie la differenza di costo sostenuta – spiega il coordinatore di Assofarm – Il problema però è come dimostrare quante mascherine verranno effettivamente vendute. È impensabile tenere copia di tutti gli scontrini, sarebbe un lavoro immane. L’ideale sarebbe stato imporre un limite al ricarico sul prezzo finale: i cittadini avrebbero trovato in giro prezzi diversi, come per tutte le cose. Invece è stato fatto un pasticcio madornale e il timore è che finisca tutto a tarallucci e vino e a pagare saremo noi farmacisti”.

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