“Guarda bene, questa è roba di prima categoria. La tela è presa da un sacco di juta del caffé, la suola è uno pneumatico. Le ha fatte mio padre, durante la guerra: sono un capolavoro, altro che plastica”.
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Già, la plastica, la colla da du’ spicci, le scarpacce cinesi da 10 euro. “Costano come un paio di spritz”. Le compri, le usi mezza volta e poi via, dentro il primo cassonetto. “C’è pure chi pretende di ripararle”.
Ogni mestiere che si fa con le mani è un bel mestiere. Le mani di Mauro Dotti sono spesse, forti, fra le pieghe della pelle segnano la mappa: un enorme atlante che racconta centinaia, migliaia di scarpe passate tra dita che si muovono con la delicatezza di un chirurgo violinista con l’hobby degli origami.
Il negozio di Mauro dovrebbe essere studiato da tutti i chimici specializzati in fragranze: legno antico, cuoio, lucidi e grassi. Altro che diffusori coi bastoncini che si camuffano da profumo artigianale: nelle stanze de La Risuolatrice sembrano aver hanno trovato l’effluvio perfetto.
Quando “la-crisi-il-2008-non-ci-sono-più-soldi-etcetera” sembravano tornati i vecchi mestieri di recupero: ciabattino, arrotino, riparatore, sarto.
Balle, romanticherie durate lo spazio di due servizi Tivvù: colpa di qualche caporedattore che ha letto troppo Proust.
“In cinque anni ho dimezzato gli affari e il personale. Passavano 16mila paia di scarpe l’anno, oggi 7mila“. Bottega storica quella di via Collegio dei Dottori 6 (da qualche tempo trasferita un metro più in là all’interno di una corte). Aperta nel 1953 da Luigi, papà di Mauro, secondo orgogliosissimo negozio dopo quello di Argegno aperto nel 1951. “Siamo figli d’arte” e Mauro (con pieno diritto) gonfia il petto.
E poi cosa è successo?
E poi hanno cominciato a fare le scarpe di plastica e cartone
Beh non è da cinque anni che l’industria si mangia l’artigianato
Il mercato è peggiorato drasticamente, ci sono prodotti pessimi. Ricchi e poveri, tutti comprano scarpacce da poco. E poi i B&B
Scusa, in che senso?
Nel senso che il centro storico si è svuotato ancora di più, non ci sono residenti. Per vivere noi dobbiamo avere le famiglie non i turisti che stanno una notte, riempiono le fogne e bevono la minerale
Sei inferocito, eh
Sai quanti vorrebbero comprare casa qui e non riescono? Tutti i proprietari si sono messi a affittare
Dunque come fai?
Eravamo quattro, oggi siamo due, io e mio figlio Davide
Hai tagliato
Non solo, punto tutto (come abbiamo sempre fatto) su una qualità senza paragoni. Tra poco ricominceremo a produrre scarpe. Guarda queste (si muove con il pudore sacrale di chi estrae un Kandinsky dalla teca, Ndr) sono nostre: fatte nel 1984. La cliente le porta ancora qui, ti sembrano vecchie? Guarda che meraviglia, che fattura
Ci vuole coraggio per ripartire con una produzione microartigianale
Bisogna, abbiamo sempre clienti che portano scarpe e stivali da mille euro, certo non li buttano. Ma, capisci, non basta. Ci specializziamo. E poi tornare alla produzione significa tornare alla nostra arte
Entrano due signore anziane (“Gli anziani, ecco loro conoscono il valore di una scarpa”, dirà). “Mi dispiace signora – dice Mauro – si possono riparare ma ci vorrà tempo per il materiale, ormai si fa fatica”.
Non c’è più chi produce?
Non siamo gli unici in crisi. Ci sono pochissime aziende che fanno suole, cerniere o quanto ci serve nella qualità che ci serve. Vuoi vedere un’ultima cosa?
Certo
Questa, dimmi se non è perfezione
Altro che industria
Ecco
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2 Commenti
Mauro x me è unico poche scarpe ma non buone buonissime e non andrei da nessun altro se nn da lui è un vero professionesta se ho bisogno di un lucido solo da lui trovo prodotti buoni e validi le scarpe cinesi non entrano nel mio guardaroba. Io spero che Lui possa riuscire a sopravvivere a tanta ignoranza siamo in pochi, ma solo da lui trovi il veromanzo professionista nell’arte delle scarpe
Quanti ricordi… il papà di Mauro, il Lüis Ülivee, aveva la sua bottega ad Argegno proprio sotto la casa dove abitavo. Ricordo che da bambino passavo sempre davanti alla sua vetrina ad ammirare un piccolo coccodrillo imbalsamato che Luigi esponeva. Lo stesso che oggi Mauro ha nel suo negozio. Il coccodrillo non è la sola cosa che Luigi ha trasferito a Mauro. Gli ha soprattutto trasmesso la passione per l’arte del “ciabattino”.