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Niente soldi per il Palazzetto di Casate. A Varese Aevv (Acsm Agam) firma il tempio dello sport: ghiaccio, piscina, paddle

La dura realtà ha certificato, solo poche ore fa, come sia sfumata la possibilità di poter ottenere fondi per il maxi progetto da 6 milioni per il Palaghiaccio di Casate (il resoconto). Una notizia sicuramente brutta per il territorio che diventa ancor più amara se si guarda, ancora una volta, a quanto accade a pochi chilometri dal lago di Como. Basta infatti spostarsi a Varese per osservare invece come, nella zona a ridosso dell’Ippodromo, dove sorgeva il vecchio Palaghiaccio, siano in avanzata fase di realizzazione le opere per il nuovo stadio. L’intervento, iniziato a marzo del 2021, si concluderà a giugno di quest’anno. Ci saranno poi in estete i necessari collaudi e da settembre la struttura tornerà ad accogliere le associazioni sportive, gli atleti e gli utenti di piscina e pista di pattinaggio. Nel complesso infatti  oltre alla pista di ghiaccio di ultima generazione, verranno creati campi da paddle e piscine destinate alla didattica del nuoto.

Saranno ricavati, fra l’altro, 1100 posti in tribuna, 1600 metri quadri di parcheggio (64 posti in più rispetto agli attuali). La struttura inoltre sarà praticamente a zero emissioni, grazie a soluzioni tecniche tali da assicurare la massima valorizzazione della risorsa energetica (60% dei consumi da fonti rinnovabili), alimentata da pompe di calore e quasi cinquecento pannelli fotovoltaici oltre che 50 pannelli per il solare termico. Ad aggiudicarsi il bando del valore di quasi 10 milioni di euro è stata Aevv Impianti del gruppo Acsm Agam, insieme a Progetto Nuoto, che si occuperà della gestione sportiva del complesso per i prossimi 30 anni.

Ulteriore elemento da evidenziare è anche stato l’atteggiamento del Comune di Varese che a settembre del 2021 ha deciso di farsi  carico dei costi degli allenamenti fuori provincia degli atleti varesini che non potevano utilizzare l’impianto. “Sicuramente è una grande soddisfazione vedere l’impianto ormai in fase di ultimazione. Qui, tra pista del ghiaccio e piscine si creerà un nuovo polo sportivo di ultima generazione per la città anche in vista delle Olimpiadi di Milano Cortina 2026. Sarà infatti un periodo che metterà gli sport del ghiaccio al centro dell’attenzione e potrà essere anche un’occasione di promozione e turistica”, ha detto il sindaco di Varese Davide Galimberti.

Il nuovo PalAlbani – questo il nome – si candiderà infatti a ospitare gli allenamenti delle squadre nazionali degli sport del ghiaccio in occasione delle Olimpiadi.

Storia molto simile a quella del Politeama, insomma: la raccontiamo qui.

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2 Commenti

  1. Ormai dire che Varese e Lecco ci supereranno alla grande diventa banalità… quando smetteremo di discutere sui flussi di turisti invasori, non ne avremo più perché saranno altrove

  2. Buonasera,
    Cosa volete commentare? Avanti anni luce, e pensare ci poteva essere anche Como.
    La metto sul piano culturale Varese ha avuto Piero Chiara e per molti anni impegnato anche in politica e il suo allievo prediletto Mauro Della Porta Raffo, raffinato giornalista e saggista. Pubblico se consentite uno stralcio di una sua intervista, Como sta perdendo treni ? da anni, a Varese fanno squadra, di fronte a Proteggi del genere bisogna togliersi il “chapeau” Per Antropologia Culturale ecco Mauro Della Porta Raffo un varesino di adozione, da più di 70 anni ecco perché sono avanti … A COMO DOVREMO PRENDERE IL POTERE CON LA CULTURA VERO PETROLIO ? CON IL TURISMO

    L’università segnò un cambio di marcia?

    “Affatto.

    Ci misi dieci anni a laurearmi.

    Ma per forza: mi iscrissi, bongré malgré, a giurisprudenza, e della giurisprudenza non m’importava un fico.

    Frequentare, una noia.

    Dare esami, di tanto in tanto.

    Interessi alternativi: un mare.

    Tra di essi la politica, che aveva cominciato a intrigarmi quando un amico mi convinse a entrare nella Gioventù Liberale.

    L’ideologia del PLI, allora partito importante, corrispondeva alla mia, di radicale dall’anima tricolore.

    Mi sentii a casa.

    E conobbi un’epoca d’oro, segnata da Piero Chiara segretario provinciale e Maurizio Belloni presidente.

    Belloni, avvocato, era una figura elegante, riservata, fascinosa: ricchissimo, a capo di istituzioni varie, tra le quali l’Automobile Club e l’Ente Provinciale per il Turismo, aveva l’abitudine di non tenere mai soldi in tasca.

    Invitava gente al caffè e al ristorante, faceva acquisti nei negozi, quindi salutava con cenno ieratico e veniva ricambiato da generale deferenza. Alla fine di ogni mese, il suo segretario passava a onorare i conti in sospeso.

    Belloni, dopo papà Manlio, è stato il mio maestro di vita.

    Con i liberali avrei successivamente condiviso campagne elettorali, candidature alle elezioni locali e nazionali, iniziative propagandistiche eccetera.

    Fui consigliere provinciale dal ’75 al ’78, costretto al ritiro causa debiti di gioco: Piero Chiara s’impegnò a saldarli, ma in cambio pretese le dimissioni.

    Ricevendole.

    Per mio conto mi sarei presentato nel 2011 come aspirante sindaco.

    Nome della lista: la Varese che vorrei.

    Presi il due e sessantaquattro per cento e, avendolo sottratto al centrodestra, costrinsi il borgomastro uscente Fontana al ballottaggio”.

    3 – Professione giocatore

    -La faticata laurea servì a poco…

    “A nulla.

    Resi contenti i genitori.

    Stop.

    Provai a fare l’avvocato, qualche tempo dopo.

    Ma non era il mio mestiere, possono testimoniarlo i due colleghi, Balzarini e Valoroso, con cui aprii e chiusi uno studio.

    Lo fu invece l’occuparmi di un ente pubblico.

    Successe quando mi misero a dirigere l’Azienda Autonoma di Soggiorno, presieduta dal notaio Luigi Zanzi.

    Fu un periodo, dal ’68 al ’74, straordinario.

    Varese, che aveva vissuto una fase di splendore alla fine degli anni Cinquanta e al principio dei Sessanta, aveva ancora l’energia, la volontà, direi la vocazione a rinnovarsi e progettare, fidare nel futuro e adoperarsi per prepararlo al meglio.

    Zanzi era un vulcanico trascinatore: quando ti chiamava nel suo ufficio non sapevi mai se ti avrebbe trattenuto qualche ora a programmare e discutere o costretto a missioni di un giorno intero o più giorni in diverse parti d’Italia per trovare persone, esempi, finanziamenti utili alla causa varesina.

    Erano anche, i suoi desiderata, circostanze per eventuali digressioni extrafamiliari: qualunque ritardo trovava giustificazione nelle pressanti incombenze imposte dal presidente.

    L’osservatorio astronomico di Campo dei Fiori, i campi di tennis delle Bettole, il parco, il Lido e le piscine alla Schiranna devono la loro realizzazione anche a quest’uomo.

    Soprattutto a quest’uomo”.

    -All’epilogo della direzione dell’Azienda di Soggiorno e alla rinunzia a proseguire nell’attività forense che cosa seguì?

    “Seguì la scelta di dedicarmi all’azzardo, a una laboriosa vita da scioperato.

    Non si deve pensare che il gioco sia solo divertimento.

    Lo è, forse, un poco.

    Ma, a dir meglio e per vero, non lo è assolutamente.

    Giocare richiede impegno, fatica, applicazione.

    E abilità, intuizione, esperienza.

    Ci si dev’essere portati, naturalmente.

    Ma bisogna unire al talento l’impegno.

    Ciò che per un tempo non breve decisi di fare.

    Fino ad allora la mia dimestichezza era stata soprattutto con gli scacchi, della cui associazione locale ero stato nominato presidente”.

    -L’esperienza d’avvio dove e con chi?

    “In un bar accanto al distributore di benzina del notissimo Aldo, in via Sanvito.

    Orari d’ufficio, mattina e pomeriggio.

    Partite a carte e dadi con habitué o clienti occasionali.

    Vincite e perdite.

    Maggiori le prime delle seconde.

    Nessun cenno dell’attività ai familiari: a mia moglie raccontai che prestavo opera in un’agenzia immobiliare.

    Mi copriva l’amico Renzo, che quel mestiere lo praticava davvero.

    E se qualcuno gli chiedeva notizia di Raffo, confermava la mansione da me dichiarata.

    Durò a lungo, ma non poteva essere per sempre.

    Finì che dovetti rientrare nei ranghi della normalità, diciamo così.

    Che presero le vesti di agente d’assicurazioni.

    Per davvero, stavolta.

    Sarò sempre grato a un altro amico, Leonardo, che m’insegnò a tenere corsi di formazione in questo settore e mi riconciliò con il lavoro”.

    -La stagione del gioco si svolse al fianco di Chiara…

    “Ci unirono le carte, il biliardo, il casinò.

    Il mio battesimo avvenne a Campione d’Italia.

    Ci andammo insieme.

    Io persi tutto, lui mi aspettava all’uscita con un rotolo di franchi in tasca.

    Cinquemila.

    Me ne regalò la metà.

    Li aveva vinti giocando contro un tizio che puntava forte.

    Piero, pur con somme modeste, faceva il contrario dell’altro, che continuava a rimetterci fiches, cioè quattrini.

    Per levarsi di torno colui che riteneva un menagramo, gli diede i cinquemila franchi.

    Chiara li volle spartire con me perché, disse, era stato lui a trascinarmi là: si sentiva responsabile”.

    -Chi ci ha rimesso, nelle sfide a carte o altro tra voi due?

    “Sono felice di possedere alcune opere d’arte di cui Piero si privò, per sanare qualche debito di gioco con me.

    Eccone lì un paio sulla parete del mio studio: un Montanari e un Rapp. Quello di Rapp è il disegno della copertina del romanzo ‘La stanza del vescovo’, quello di Montanari ritrae una scena di partita a carte in spiaggia, sotto l’ombrellone”.
    CORDIALI SALUTI, UN ABBRACCIO FORTE
    Davide Fent
    @davidefent

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