“Ci hanno abbandonati, sotto il temporale, in mezzo alla folla, senza alcuna assistenza. Se siamo riusciti a salire su quel treno, lo dobbiamo solo a mio padre e alla capotreno”. A parlare è Michela Barrasso, non vedente, che con il marito Domenico Cataldo, ipovedente, un cane guida e tutte le valigie al seguito, ha vissuto un’esperienza che definire surreale è poco. Michela ci ha raccontato la vicenda e ha voluto denunciare pubblicamente una mancanza del servizio di assistenza ai viaggiatori disabili nella stazione di Como San Giovanni.
“Quel giorno pioveva tantissimo – ha raccontato Michela – dovevamo arrivare a Padova con il treno Eurocity, poi prenderne un altro per andare a Monselice. Siamo arrivati in stazione come al solito, con calma, e ci aspettavamo l’assistenza prenotata, ma non si è presentato nessuno. Noi prenotiamo sempre l’assistenza perché è difficile navigare nelle stazioni con le nostre disabilità, dovendo anche gestire il cane guida e tutte le valigie. Di solito c’è un operatore che ti aiuta a salire sul treno, a trovare i posti, e poi scende. Non di nulla di straordinario, ma fondamentale per noi“. Questa volta invece qualcosa è andato storto e il supporto di cui Michela e Domenicano necessitano non è arrivato. “Meno male che c’era mio padre, ci ha dato una mano lui, senza non so come avremmo fatto. Ma non tutti possono avere un familiare sempre a disposizione“.
“Si sono rifiutati di farci sedere nei posti per disabili”
Inoltre, ha raccontato, i posti prenotati per persone affette da disabilità, regolarmente acquistati, erano stati occupati da passeggeri del treno precedente che era stato cancellato e non volevano cederli. “Una in particolare, con un bambino si è rifiutata di spostarsi. Solo dopo l’intervento deciso della capotreno siamo riusciti a sistemarci. Ma c’era tantissima gente e la situazione sarebbe potuta diventare pericolosa“.
Non si tratta di un caso isolato. “A Como San Giovanni ci era già capitato in passato. Stavolta, con il maltempo, magari ci sono state difficoltà aggiuntive, ma bastava una telefonata: ‘Scusate, non riusciamo a raggiungervi’. Invece niente, e intanto rischi di perdere il treno. Non possiamo essere noi a dover chiamare e rincorrere l’assistenza ogni volta, magari mentre stai cercando di orientarti con il cane guida e con i bagagli sotto la pioggia”.
Il problema? Mancanza di formazione e numeri d’emergenza inaccessibili
Michela ha le idee chiare su cosa servirebbe per migliorare il servizio: “Prima di tutto formazione. A Padova, per esempio, per farci prendere il treno per Monselice, l’operatore si è messo a correre in modo spropositato. Io me la cavo, ma ci sono persone, magari con altri tipi di disabilità, che non riuscirebbero a seguirlo. Servirebbe anche un numero di emergenza che risponda subito, non un centralino che ti fa perdere tempo prezioso”.
A intervenire è anche Domenico: “La percezione che abbiamo è che il servizio prima funzionava molto meglio. Ora sembra tutto affidato a cooperative che assumono personale poco formato, o addirittura incapace di comunicare. Capita di trovare operatori che non parlano italiano, o addirittura con problemi di tossicodipendenza. Questo è gravissimo: non puoi affidare la sicurezza di una persona affetta da disabilità a gente che non è in grado di assolvere a un compito così delicato”.
Domenico prosegue con una riflessione dura: “Spesso chi fa assistenza lo fa ‘a tempo perso’, tra una pulizia dei bagni e l’altra. Ma l’assistenza non è un servizio da improvvisare. Serve professionalità, rispetto e preparazione“.
Zero risposte ai reclami
Alla domanda se abbiano ricevuto risposta da Trenitalia o altri enti, Michela e Domenico scuotono la testa. “Nessuna risposta. Solo un messaggio automatico che diceva che l’indirizzo non è più abilitato per ricevere reclami. Oltre due giorni dopo ci è arrivato il link alternativo”. Domenico ha concluso con un auspicio semplice: “Speriamo domani, al ritorno, di non avere altri problemi. Perché basta poco per evitarli: rispetto, comunicazione, e un minimo di organizzazione“.