Sono giorni in cui, complice il ritrovamento delle monete romane sotto il Cressoni, ci sentiamo un po’ tutti Indiana Jones.
Ma pochi sanno che a Como c’è un altro tesoro ritrovato, come vuole la tradizione dei cantieri cittadini, durante la costruzione di un nuovo edificio. A dire il vero non è l’unico ma la sua particolarità è quella di non essere conservato in un museo ma di essere vivo e parte integrante della città.
Talmente vivo da essere capace di trasformarsi di volta in volta in un castello da espugnare, una montagna da scalare, una casa in cui giocare o un trampolino da cui fare i salti facendo divertire da più di 50 anni generazioni di bambini.
Di cosa sto parlando? Se dicessi “di un monolite di marmo di Musso” ci sarebbero solo sguardi persi nel vuoto peggio che durante un’interrogazione di storia.
Ma se dico “il sassone dei giardini a lago” scommetto che non c’è un comasco che non ci abbia giocato da bambino. Ma oltre ad essere un bellissimo gioco, questa pietra racconta una storia che non tutti conoscono.
E’ la storia, si dice, di un blocco di marmo partito dall’alto lago appena abbozzato e con i marchi della cava da cui proveniva e destinato, forse, a qualche nuovo edificio in città.*
Viaggiava su un barcone di abete bianco ed era praticamente arrivato in porto quando, per ragioni che non conosciamo, la barca affondò portando con se in fondo al lago il suo carico.
E li è rimasto per secoli, sepolto sotto una città che si trasformava e prendeva pian piano il posto del lago finché fu trovata, come vuole la “maledizione” (o meglio dire la “benedizione”) dei cantieri comaschi, durante i lavori di costruzione del palazzo Brumana in piazza Mazzini, tra il 1963 e il 1964.
Non fu fatto un vero e proprio scavo archeologico ma insieme a esso furono trovati i probabili resti dell’imbarcazione, alcuni cocci di anfore e due murature simili a moli.
Da qui l’ipotesi che si trattasse del porto di Como romana, di cui non esistevano altre tracce. Questo finché nel 2001, scavando per realizzare il parcheggio sotterraneo in Piazza Cacciatori delle Alpi, furono trovati nuovi resti riconducibili a un porto che dovrebbero essere riportati qui a breve in uno spazio espositivo multimediale realizzato ad hoc.
Senza voler entrare nel dibattito tra studiosi sulla collocazione del porto, sarebbe bello che anche il sassone, dopo anni di onorato servizio, uscisse dall’anonimato e potesse raccontare la sua storia ai bambini che giocano. Chissà che nel progetto dei futuri giardini a lago ci si possa ricordare anche di lui.
La storia del sassone dei giardini a lago è ricavata dallo studio di Fulvia Butti Ronchetti “I materiali del porto di Como” pubblicato dalla Società Archeologica Comense nel volume “L’antica via Regina” (Como, 1994)