“Il Consiglio dell’Ordine degli Architetti PPC di Como, raccogliendo volentieri la volontà di apertura e condivisione con la Città espressa dalla Proprietà sul tema della riqualificazione dello Stadio Sinigaglia e aree annesse, ha richiesto, per offrire un contributo ragionato al dibattito che nel frattempo si era spontaneamente animato, di poter vedere il progetto. Con rammarico annotiamo di non avere ricevuto risposta alcuna alla richiesta”.
Comincia così la lettera, a firma della presidente Margherita Mojoli, che accompagna un documento redatto dal Gruppo di Lavoro Visioni Urbane dell’Ordine degli Architetti PCC della Provincia di Como (trovate il documento completo e i nomi dei firmatari in calce all’articolo) nato dalla “forte volontà di espressione dei partecipanti su un tema che la Città tutta sente molto caro” nonostante “il ruolo istituzionale dell’Ordine non preveda tra i propri compiti quello di revisionare i progetti”. La presidente scrive infatti di aver evidenziato nell’occasione “i tempi forse sbagliati per intervenire”. Mojoli ha poi aggiunto: “Siamo consapevoli non sia (il documento, Ndr) l’espressione di tutti i nostri Iscritti, ma abbiamo ritenuto doveroso verso l’impegno profuso e la passione che li ha guidati nello sforzo di riassumere nero su bianco i ragionamenti fatti, trasmettervelo (agli iscritti, Ndr), sperando che possa essere occasione di riflessione. Restiamo a disposizione, qualora la Proprietà decidesse, con le modalità che riterrà, di voler condividere anche con noi il progetto“.
E in un momento che non si può non definire cruciale per il futuro urbanistico di Como, che l’Ordine degli Architetti rompa il tradizionale riserbo istituzionale e prenda una posizione netta è già di per sé non solo una notizia, ma anche il segnale che un progetto di questa portata non possa prescindere dal confronto con la città e non possa essere liquidato con un semplice “o così o niente”. Proviamo quindi ad analizzare punto per punto il documento che, lo ripetiamo, al di là di quanto si possa pensare sulla bontà del progetto del nuovo stadio, resta una voce che non può e non deve essere ignorata.
Una visione frammentata della città
Il primo e forse più ampio tema posto dall’Ordine riguarda la mancanza di una visione complessiva per Como. Il progetto stadio, pur essendo definito “strategico”, viene visto infatti come un intervento isolato in un contesto urbano che “oggi appare come un insieme di interventi puntuali slegati tra loro che invece dovrebbero e andrebbero visti in un’ottica di medio lungo termine volta al futuro generale di Como e non di un edificio o di un isolato”. In questo senso, l’Ordine sottolinea la necessità “non procrastinabile ulteriormente, della revisione di un P.G.T.”, poiché quello attuale si basa ancora su dati e scenari “effettuati nei primi anni duemila”, non più rispondenti all’attuale identità e vocazione turistica della città. Tradotto: vista l’importanza del progetto, non varrebbe la pena inserirlo in una visione più ampia rivedendo il PGT ormai superato?
Possibile criticità nella procedura adottata
Nel merito procedurale, il progetto è stato avviato secondo una normativa speciale (la legge sugli impianti sportivi 2019/2021), che consente accelerazioni, ma impone anche precise condizioni, come la valutazione comparativa tra più alternative progettuali. Ma, si legge nel documento, “non è noto al momento, se siano state presentate alternative di progetto che possano essere considerate tali, se non l’opzione fra non fare nulla o realizzare quanto richiesto dai privati”.

Il Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali (DOCFAP), spiegano gli architetti, non rappresenta infatti “una mera analisi descrittiva ma di un’approfondita attività progettuale a supporto delle decisioni in quanto prevede la predisposizione di alternative corredate da descrizione, per ognuna delle singole soluzioni proposte, dei tempi, della stima sommaria e dell’analisi comparata al fine di rappresentare la miglior opportunità per la collettività e l’ambiente”. Trattandosi, in questo caso, di un contesto delicatissimo dal punto di vista paesaggistico e culturale, “si auspica che sia stata considerata almeno un’alternativa di dimensioni ridotte rispetto a quella nota, con una comparazione dei costi e delle ricadute sul contesto. L’assenza di tale comparazione nei termini e nei contenuti sopracitati rappresenterebbe una violazione della normativa”. Tradotto: sono state valutate alternative meno impattanti, come previsto dalla legge? E se sì, quali?
Un equilibrio compromesso tra pubblico e privato
Preso atto che la legge sugli impianti sportivi concede la coesistenza di attività complementari o funzionali al finanziamento e alla fruibilità degli stessi, uno dei punti più critici evidenziato nel documento riguarda la sproporzione tra interessi pubblici e ritorno per il privato. L’Ordine sottolinea infatti come come “il rapporto fra attività sportive (lo stadio) e spazi acquisiti alla disponibilità del privato (sedime immobiliare per l’albergo, in una delle zone più pregiate della convalle, fronte lago e fronte parco, sedime immobiliare per l’autosilo al “Pulesin) e attività complementari concesse (piscina, albergo, aree commerciali, bar, autosilo ecc.) “appare piuttosto sbilanciato a favore del privato, generando il dubbio che non sia rispettato il ruolo di ‘complementarietà’ delle funzioni accessorie rispetto alla pura esigenza di ristrutturazione dello stadio”. Tradotto: tra hotel con piscina, bar e aree commerciali, non siamo un po’ troppo oltre la “complementarietà” concessa dalla legge?
Necessità di un piano economico più trasparente
Maggiore trasparenza è richiesta anche sul piano economico-finanziario (PEF): “Per maggior chiarezza sarebbe necessario inserire all’interno del PFE il valore economico complessivo della concessione con evidenza delle voci distinte del finanziamento sulla funzione principale sportiva rispetto a quelle complementari”. Solo così sarà possibile verificarne “la ragionevolezza, la proporzionalità e la sostenibilità economica”. E, entrando un po’ più nel tecnico, “prefigurandosi la proposta quale mera iniziativa imprenditoriale d’investimento, non troverebbe applicazione il D.Lgs. 38/2021 che prevede l’affidamento diretto alla società sportiva, bensì ricade nell’ambito del D.Lgs. n. 36/2023 “Codice dei contratti pubblici”, che assicura il principio di concorrenza”. A preoccupare è anche l’ipotesi di una concessione novantanovennale del bene pubblico: “Soprattutto in relazione alla Concessione ipotizzata di 99 anni, che il Comune dovrà rilasciare alla società privata COMO 1907, in relazione al PEF, nel quale si dovrebbero evidenziare, oltre ai benefici dall’intervento per l’operatore (parte privata), anche e soprattutto quelli ottenuti in cambio per la città (parte pubblica) – si legge infatti – al momento si ravvisa un forte sbilanciamento dei benefici in favore della parte privata”. Tradotto: visto il ritorno economico per il privato, forse sarebbe meglio chiarire il valore economico dell’attività sportiva e quello delle attività complementari anche per capire se sia possibile un affidamento diretto o occorra una gara pubblica. Inoltre, in vista di una concessione di 99 anni, andrebbe capito meglio il beneficio per la città visto che, ora come ora, i maggiori benefici sembrano andare al privato.
Mobilità e traffico
L’aumento della capienza dello stadio da 11.000 a 15.000 posti, insieme alle nuove funzioni attive sette giorni su sette, comporterebbe inevitabilmente un incremento del carico urbanistico sulla zona “già oggi in forte sofferenza”, si legge. In questo senso, le soluzioni progettuali, salvo “la pedonalizzazione di via V. Veneto e via Puecher” – considerata positivamente – sono giudicate inadeguate e “orientate solo a garantire l’ingresso dei Pullman ospiti da via Martinelli con impianto semaforico su Via Borgovico e opere di accessibilità al nuovo autosilo in località “Pulesin”. E proprio l’autosilo viene addirittura ritenuto non solo inadeguato “in considerazione del fatto che saranno soppressi oltre 200 stalli ora presenti nell’area stadio e Pulesin, a cui dovranno aggiungersi posti auto dedicati agli utenti delle nuove funzioni”, ma addirittura dannoso poiché “cancella quasi del tutto la possibilità di realizzare il bypass Borgovico”, già previsto nel PGT come infrastruttura fondamentale per la viabilità.
In quest’ottica, l’Ordine propone interventi di scala più ampia, coerenti con il carattere “polifunzionale” della nuova struttura, come la metrotramvia di collegamento area stadio con le stazioni”, già prevista dal PGT, “utile mezzo di trasporto e collegamento con i parcheggi più capienti, come Lazzago e altre aree a parcheggio in citta, Valmulini e aree di sosta strategiche lungo Viale Innocenzo”. Tradotto: l’idea di un autosilo al Pulesin non risolve i problemi che il nuovo stadio causerebbe al quartiere ma, anzi, impedirebbe di realizzare il bypass del Borgovico previsto dal PGT. Ragioniamo piuttosto su un collegamento tra stadio, stazioni e parcheggi di cintura.
Un contesto architettonico unico da rispettare
Il valore dell’area non è solo funzionale o paesaggistico, è simbolico e identitario. “L’intera area assume importanza mondiale grazie al complesso sistema di relazioni spontanee tra i singoli episodi architettonici che vi insistono”, ricorda infatti l’Ordine citando non solo lo stadio, ma anche il Tempio Voltiano, il Monumento ai Caduti, il Novocomum, Casa Giuliani-Frigerio, le sedi della Mila e della Canottieri, tutti elementi che formano “un unicum nel quadro dell’architettura razionalista italiana”. In questo contesto, l’inserimento di nuove volumetrie, come l’edificio di 20 metri d’altezza prospiciente il Monumento, “trova ben poco riscontro nelle volumetrie eccessive con i valori del luogo, pare bensì una scelta meramente di natura economica legata al ritorno dell’investimento da effettuarsi, incurante di proporzioni, volumi, prospettive, relazioni, altezze, sensibilità e valori che si riscontrano nel quartiere razionalista”. Tradotto: un volume come quello proposto nel progetto non rispetta i monumenti che circondano lo stadio e parrebbe giustificato solo da ragioni economiche.
Accessibilità
Viste le attività commerciali previste, il documento sottolinea non solo le limitazioni legate alla sicurezza durante gli eventi, ma fa notare come “non siano state previste aree per la logistica, la sosta e il carico-scarico”, elementi indispensabili per evitare che l’intervento comprometta la qualità dello spazio pubblico. Tradotto: una struttura di quelle dimensioni con albergo, ristorante, bar, negozi ha bisogno di aree per la logistica, ad oggi non note, se no che area pedonale è?
Una richiesta di partecipazione
La riflessione si chiude con una proposta di collaborazione con il Comune, offrendosi come referente per valutare il progetto nell’ottica di un maggiore equilibrio tra interessi privati e pubblici anche alla luce del fatto che, prima ancora del progetto architettonico, servirebbe “un progetto urbanistico per l’intera area, il lungolago e la Città”. “Tutti siamo a conoscenza che lo stadio e la sua riqualificazione non possano risolvere i problemi della Città di Como, sappiamo anche che l’Amministrazione ha un ruolo cruciale e fondamentale per fissare gli obiettivi del progetto e regolare le scelte – si legge infatti – auspichiamo si voglia prendere in considerazione, per la tutela della collettività e non per l’interesse privato, un aiuto per fissare questi obiettivi, che rimarranno ovviamente in capo all’Amministrazione e tali dovranno essere. Per maggior tutela dell’interesse pubblico nella operazione Stadio, auspichiamo che le parti vogliano considerare l’Ordine degli Architetti come un referente qualificato nel definire gli obiettivi comuni, pubblici e privati, per arrivare ad un risultato equilibrato per tutta la città di Como. Gli aspetti della progettazione verranno poi valutati da tutti gli organismi preposti e in cui nutriamo la massima fiducia e stima quali in primis la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, gli uffici comunali e tutti i partecipanti alla conferenza dei servizi futura (decisoria e non istruttoria); prima di un progetto architettonico sullo stadio auspichiamo un progetto urbanistico per l’intera area, il lungolago e la Città”.
Che, tradotto, significa che in una Como che cresce spesso senza direzione, l’intervento dell’Ordine degli Architetti si propone come un invito alla responsabilità collettiva e alla collaborazione tra enti vedendo il nuovo stadio molto più che un luogo da concedere a chi, lecitamente, si propone di riqualificarlo ottenendo importanti benefici economici, prima ancora che sportivi, ma come simbolo di una città che sceglie di progettare il suo futuro, non limitandosi solo a costruire e a spuntare un “fatto” sui programmi elettorali.