Sul tema del nuovo stadio Sinigaglia interviene il coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia rivendicando come già nel 2002 proponesse l’attuale visione progettuale sul futuro dell’impianto, scrive:
Nel 2002, a 26 anni appena compiuti, venni eletto in Consiglio comunale con un programma semplice e concreto. Uno dei 5 punti si chiamava Comostadio: non uno slogan, ma un’idea precisa.
Un progetto serio per superare anni di immobilismo, coinvolgere il privato e dare finalmente al Como 1907 uno stadio moderno, funzionale, all’altezza della sua storia e della città.
Quel volantino lo scrissi, lo stampai e lo distribuii di persona. Anche fuori dal Sinigaglia, prima di Como – Empoli del 12 maggio 2002, partita che vincemmo 2 a 0 (speriamo porti bene anche domani io, intanto, faccio gli scongiuri).
Da allora è cambiato tutto: la città è cresciuta, il contesto è completamente diverso. Il Como è in Serie A e davanti a noi c’è una prospettiva che solo pochi anni fa sembrava impensabile: consolidarci nel massimo campionato e, grazie all’impegno e alla visione della famiglia Hartono, guardare con ambizione anche al sogno europeo. Per questo è fondamentale realizzare uno stadio all’altezza delle sfide future: capace di integrarsi nella città, generare valore e diventare un punto di riferimento, non solo sportivo.
Lo stadio si deve fare. Ma si deve fare bene. Con una visione chiara, con attenzione alla viabilità, al rispetto per i residenti, e con lo sguardo rivolto non a domani, ma ai prossimi cento anni.
Chi oggi sostiene il progetto ha tutto il diritto di farlo. Ma io posso dire con orgoglio di averlo fatto quando non era di moda. Quando c’era da metterci la faccia, io c’ero.
Io sono sempre rimasto dalla stessa parte: quella della serietà, della visione e della coerenza.Nel 2002 ero dirigente di Alleanza Nazionale, oggi sono coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia. Non ho mai cambiato casacca, né idea: Como merita uno stadio nuovo. Punto.
In questi giorni leggo molte ricostruzioni, riposizionamenti, improvvise conversioni. Io no. Io ci ho creduto quando sul Como e sullo stadio non c’era tutto questo consenso, né investitori.
Oggi quella visione è più attuale che mai. E realizzarla non è solo un’occasione: è un dovere. Verso Como, verso la nostra storia, verso il futuro della città.
Io non salgo sul carro. Io questo carro l’ho spinto. E continuerò a farlo.
Alè Como!