Un ennesimo fulmine a ciel sereno scuote il mondo dei frontalieri e in particolare di quanti puntano a svolgere una parte della propria attività in telelavoro. A comunicare cosa sta acacdendo è l’Ocst, l’organizzazione sindacale più rappresentativa del Canton Ticino con oltre 40mila associati.
“Rispondendo ad un apposito interpello, l’Agenzia delle Entrate ha emesso ieri un parere spietato che accende la rabbia (e l’incredulità) delle parti sociali, delle aziende e soprattutto dei lavoratori. La sentenza espressa dall’erario italiano è netta: dal 1° febbraio 2023 se un frontaliere residente nei Comuni di confine farà anche un solo giorno intero di telelavoro diventerà tassabile in Italia su tutto il proprio reddito”, scrive il sindacato
L’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate si basa sul principio della violazione del “rientro giornaliero”. Questo elemento è infatti da sempre una condizione necessaria per poter beneficiare della tassazione esclusiva del reddito da lavoro in Svizzera in base a quanto previsto dall’Accordo sulla tassazione dei frontalieri del 1974.
“L’Agenzia ha ora deciso di interpretare questo criterio alla lettera (con un formalismo che distrugge ogni buonsenso). Secondo l’erario con il telelavoro di fatto il frontaliere interrompe questo meccanismo e questo lo porrebbe fuori dal dettato dell’Accordo del 1974, facendolo rientrare nella più generale Convenzione contro le doppie imposizioni. Tradotto in parole più semplici: per poter pagare le tasse solo in Svizzera è necessario che il frontaliere non lavori nemmeno un intero giorno dal proprio domicilio (faranno eccezione i giorni parzialmente lavorati da casa, cioè quelle giornate in cui il frontaliere valicherà comunque il confine e si recherà in Svizzera, seppur per una parte ridotta del tempo di lavoro). Si tratta di un’interpretazione che ha molti passaggi contestabili”, si legge.
Tuttavia fino a quando le Autorità non faranno maggiore chiarezza, “il frontaliere dei Comuni di confine che farà telelavoro in caso di controllo incorrerà nel rischio pericoloso di vedersi tassato l’intero reddito da lavoro in Italia (con penalizzazioni finanziarie davvero importanti). L’Ufficio frontalieri del sindacato Ocst ha subito preso contatto con il Governo italiano affinché si negozi al più presto un nuovo Accordo amichevole con la Svizzera che permetta ai frontalieri di effettuare una parte del proprio lavoro da casa senza avere implicazioni fiscali. Lo stesso messaggio urgente è stato recapito dalle parti sociali svizzere ai Dipartimenti federali competenti. Alla luce di questi fatti, fino a quando non si arriverà ad un nuovo Accordo amichevole, il telelavoro resterà dunque una scelta sconsigliata per i frontalieri dei Comuni di confine. Il sindacato è cosciente che si tratta di un tema prioritario per le aziende e i lavoratori. Per questa ragione impiegherà tutte le proprie forze per farsi da facilitatore tra gli Stati nell’ottica di ottenere un nuovo Accordo amichevole”.
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7 Commenti
“Quando un italiano vede passare una macchina di lusso il suo primo impulso non è averne una anche lui, ma tagliarle le gomme.”
Indro Montanelli
Chi vede SOLO l’aspetto economico NON conosce la tutela del lavoro che in Svizzera e’ nettamente inferiore . Invece delle guerre tra “poveri” stupide x definizione, vale la pena di lottare x migliori retribuzioni in Italia, appiattite da decenni!!
Equità è anche ammettere che il regime di vantaggio era legato alle difficoltà di passare ogni giorno una dogana per andare in uno stato estero a lavorare.
Oggi i controlli doganali sistematici non ci sono più a seguito dell’adesione della Svizzera allo spazio Schengen, la mobilità (privata e pubblica) è molto più semplice, e in più con lo smart working, come lei stesso ammette, il dipendente ha ancora meno svantaggi.
A questo punto, quanto è realistico oggi agevolare fiscalmente i lavoratori frontalieri? Pagano (molte!) meno tasse a fronte di quali svantaggi rispetto a chi fa il pendolare in Italia?
Differenze? Eccole: (molte!) meno tutele (per chi le ha, naturalmente), dall’art.18 degli “anziani” al Jobs Act dei neoassunti, che cmq riconosce un indennizzo economico commisurato all’anzianità lavorativa, tutta roba che in CH non esiste. Costi del trasporto pubblico (molto!) più alti (Como-Lugano costa oltre 4 volte Como-Milano), e spese di vitto (molto!) più alte (certo, si può sempre “schiscettare”…), Indeducibilità delle spese (ad esempio, niente bonus edilizi per i frontalieri…), e ora, a meno di eliminare l’unico vantaggio che è quello economico, anche niente smart working (che non mi risulta vietato ai lavoratori italiani). A conti fatti, con questo cambio, se uno può e vuole lavorare in remoto, conviene cento volte l’Italia.
Ma chi controlla? Dai per favore…
Di che equità parla?
Non si pretende il full remote per poter lavorare dalla sicilia, solo di poter avere 1 o 2 giorni a settimana per poter lavorare in smartworking. Sono solo vantaggi: la pandemia ha dimostrato che non c’è rischio di cali di rendimento e il dipendente ha tempo da dedicare ad attività che prima richiedevano la richiesta di un permesso. Aiuta aziende e dipendenti ed è completamente anacronistico andar nel senso opposto. Se poi lei sostiene a prescindere tutto ciò che mette i bastoni fra le ruote dei lavoratori frontalieri (senza un vero razionale) allora è un altro discorso…
Finalmente un po’ di equità