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L’architetto Engel: “Maxi parcheggio e fotovoltaico in Ticosa, che tristezza. Tutto obsoleto in 30 anni”

A quasi 17 anni dall’abbattimento della Ticosa, e a oltre quarant’anni dall’acquisto dell’area da parte del Comune, all’infinita serie di sogni e progetti che hanno costellato questo quasi mezzo secolo si è aggiunta, pochi giorni fa, un’ultima proposta, quella avanzata dal Gruppo Acinque che sta approfondendo la possibilità di realizzare un parcheggio da 650 stalli con l’aggiunta di quella che lo stesso sindaco Alessandro Rapinese, durante il consueto appuntamento su Etv, ha definito “la centrale fotovoltaica più grande della provincia” (qui la proposta). In poche parole, parcheggi e pannelli solari. Ma è davvero questo ciò che serve a Como? Sì, secondo l’Amministrazione, visto che questa idea compariva già nel programma elettorale dell’allora candidato sindaco. No, per l’opposizione che, in una nota firmata da Patrizia Lissi (capogruppo Pd in Consiglio comunale), Vittorio Nessi (capogruppo di Svolta Civica) e Daniele Valsecchi (segretario cittadino del Pd), pur plaudendo l’idea di recupero dell’area, ha ricordato che, per una zona strategica come questa, “il solo posteggio risulterebbe riduttivo in un’area che dovrebbe ospitare, ad esempio, anche spazi sociali, aree verdi e luoghi per l’attività sportiva”. Chi ha ragione?

Per provare ad andare un po’ oltre quelle che potrebbero facilmente essere derubricate a prevedibile scontro tra maggioranza e opposizione, abbiamo fatto due chiacchiere con Marco Engel presidente della sezione lombarda dell’Inu – Istituto Nazionale di Urbanistica e architetto con una lunga esperienza professionale nei campi della pianificazione urbanistica e della progettazione di spazi ed edifici pubblici.

In passato lei ha già avuto occasione di occuparsi dell’area della Ticosa. In che modo?
All’inizio degli anni Novanta, con un gruppo di ricerca universitario, abbiamo preso in considerazione alcune aree industriali dismesse dentro e fuori Milano. Allora però si ragionava in termini di centralità e multifunzionalità, con una forte pressione del mercato immobiliare e decine di investitori pronti a speculare a cui occorreva fornire un indirizzo affinché parte dei benefici di un certo tipo di investimenti ricadesse sulla comunità.

Oggi invece?
Dal 2010 circa in poi la situazione si è rovesciata e nulla più accade da solo perché, a parte forse per Milano, non si tratta più di governare processi generati dal mercato immobiliare e finanziario ma di suscitarli cercando investitori e poi gestendo, di conseguenza, le proposte.

E come le sembra, in quest’ottica, l’idea di realizzare dei parcheggi e una centrale fotovoltaica sull’area della ex Ticosa?
Se con questo progetto si intende fare qualcosa di temporaneo nell’attesa di capire la destinazione definitiva di questa zona, c’è anche la possibilità di fare una naturalizzazione transitoria, cosa molto frequente all’estero in aree in attesa di un futuro da definire.

Cioè?
Si piantano alberi, almeno su una parte dell’area, e si aspetta che venga un’idea buona. È vero che anche un impianto fotovoltaico è una soluzione transitoria, visto che tra più o meno trent’anni sarà obsoleto, ma pensare che venga proposto qui è stupefacente e mette anche una certa tristezza.

L’obiettivo del progetto, però, è soprattutto quello di rispondere alla crescente richiesta di parcheggi in città.
Va benissimo, ma prima di pensarlo è stato fatto un serio studio della viabilità cittadina per capire da dove arrivano le auto e come funzionano tutte le strade che portano lì? Pensare a un maxi parcheggio praticamente in centro città è una cosa che fa rizzare i capelli in testa perché, normalmente, una cosa del genere non si fa neanche per servire una stazione ferroviaria.

Perché?
Immaginiamoci che i posti vengano prevalentemente occupati da chi è venuto in città per partecipare a un certo evento finito il quale, contemporaneamente, centinaia di auto si riversano su un’unica strada. Si creerebbe un tappo micidiale.

La soluzione, quindi, quale potrebbe essere?
Per pensare a parcheggi al servizio di una città, la base della pianificazione urbanistica è progettarne tanti di dimensioni ridotte sparpagliati in diversi punti, non un unico maxi parcheggio.

E se, invece, si volesse finalmente pensare a un progetto definitivo, quali potrebbero essere le strade da percorrere?
Nella rigenerazione urbana, secondo me, le strade che funzionano sono solo due: quella che ha portato alla nascita del Mind– Milano Innovation District nell’area dell’ex Expo di Milano e il modello del sistema Reinventing Cities.

Cioè?
Con il MIND un importante investimento pubblico, che ha portato alla creazione dello Human Technopole, del campus scientifico dell’Università degli Studi di Milano, ha trascinato grandi investitori privati. Il sistema Reinventing Cities, invece, è quello creato da quaranta città nel mondo che si sono accordate nel promuovere progetti urbanistici ad elevato valore ecologico, ambientale e sociale in aree di proprietà pubblica messe a disposizione a un prezzo simbolico sulla base di un concorso in cui vengono valutate sia le proposte dei progettisti che quelle degli investitori.

E funzionerebbero anche per Como, secondo lei?
Non potendo contare più di tanto su funzioni pubbliche come un’università, quello di Inventing cities sarebbe il modello più fattibile, anche se in Italia cedere a un privato un’area al di sotto del valore di mercato rischia di mettere in difficoltà il funzionario che firma. Diciamo che, tralasciando l’idea della cessione a prezzo simbolico, l’idea di fondo può essere questa avendo ben chiaro il beneficio che si desidera per la città e cercando, di conseguenza, gli investitori giusti.

Non una cosa facilissima né rapida, in effetti.
Capisco che dopo così tanti anni e così tanti fallimenti si arrivi a pensare che va bene qualsiasi cosa piuttosto che niente, ma bisognerebbe anche capire quanto si è davvero tentato. Probabilmente quello che serve è l’aiuto di un’agenzia di ricerca di investitori per poter trovare il giusto equilibrio tra interesse pubblico e privato per non arrivare a sprecare un pezzo di territorio. E la soluzione difficilmente potrebbe essere solo un parcheggio.

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6 Commenti

  1. Non è necessario essere un urbanista per capire che il principale problema di Como è la viabilità. Creare un parcheggio di 650 posti in area Ticosa non serve ad altro che ad aumentare il traffico. Anche una soluzione tampone, come specifica l’architetto Engel, non risolve il problema del traffico. L’unica soluzione è ridurre al massimo i parcheggi in centro, potenziare il trasporto pubblico, utilizzando anche le tratte ferroviarie, creare ciclopedonali e creare una città vivibile a chi ci vive e non a chi ci viene. Sicuramente il non aver proseguito e cercato di migliorare l’ipotesi di riqualificazione urbana lanciato da Officina Como e ripreso da Lega Ambiente è stato un grandissimo errore da parte di chi c’era prima e ovviamente anche da parte di Rapinese Sindaco che c’è adesso.

  2. Ma è così difficile capire queste cose? Non dico da parte del sindaco, ma da chi ha a cuore il futuro di questa città e dei suoi giovani… Che tristezza, appunto.

  3. Le nostre città, i nostri paesi (soprattutto!) sono governati da pru e Pgt creati da esperti urbanisti. Il risultato e’ lì da vedere…cemento, cemento e qualche “contentino” verdicchio, di facciata. Dove sono stati gli urbanisti sulla ticosa Como negli ultimi 30 anni? Quali proposte ” per amore – vero!- ” della città? Si potrebbe….si potrebbe….si dovrebbe….aveva già tentato bruni con il concorso, di e’ visto che fine ha fatto. Semmai arrivino proposte per mitigare l’impatto del parcheggio, che credo sia obtorto collo l’unica strada percorribile per una vera fruizione pubblica dell’area.

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