Quello che “fa arrabbiare è l’incertezza che mette in uno stato di ansia e attesa continua”.
Bar e ristoranti verso la riapertura, quasi certamente il 18 maggio, ma con incognite enormi e un generale senso vaghezza isitituzionale (tra Stato e Regione), quando non confusione, su tempi, modi, sostegni economici e piani futuri.
Succede ovunque ma Como Città Turistica, che negli ultimi anni ha rimodulato i segmenti commerciali e investito pesante sul sistema, paga e pagherà un dazio altissimo a causa dell’epidemia Covid.
Como e Lombardia, Fontana: “Bar, ristoranti e parrucchieri aperti il 18 maggio? Decisione giovedì”
Lo sa bene il presidente di Confcommercio, Giovanni Ciceri. Solitamente sul diplomatico, stavolta è furibondo: “Siamo in attesa, quali norme arriveranno? Quali protocolli ci saranno? Come dovranno ripresentarsi e comportarsi i titolari? Non ci sono indicazioni e non ci sono aiuti per la riapertura”.
La Confcommercio, in attesa di indicazioni regionali e nazionali, si è data un protocollo di massima “girano cose incredibili – accusa Ciceri – si parla di distanze di tre, quattro metri ma si capisce ben poco”.
Ne abbiamo parlato in questi giorni:
Bar e ristoranti, prime ipotesi: autocertificazione per le famiglie, metri quadri per cliente, addio a buffet e menù di carta
Una cosa è certa, “con le regole sanitarie, certamente giuste e necessarie, sarà un miracolo se bar e ristorani faranno il 30, massimo 40% del fatturato di prima. Mi chiedo chi andrà a mangiare con l’idea di farsi provare la febbre o di dover autocertificare la famiglia”.
Il punto, secondo Ciceri, “non è soltanto la riapertura anticipata, noi vogliamo sapere qual è la reale situazione del contagio, quanti sono veramente i positivi. Brancoliamo nel buio, non siamo medici quindi vogliamo capire quanto sia rischioso aprire. Hanno anche invertito l’onere della prova, se il dipendente si infetta l’esercente deve dimostrare che non l’ha fatto sul luogo di lavoro”.
E poi i controlli su quelle che saranno le nuove misure di sicurezza e distanziamento: “Che siano controlli veri e non sulla carta”.
Le richieste del numero uno di via Ballerini sono chiare: “Niente fiscalità per due anni, sia locale che nazionale (e in questo molte amministrazioni comasche ci stanno venendo incontro) e aiuti economici a fondo perduto. Credete, come faranno a sopravvivere i piccoli bar di paese senza sostengno. La categoria è tra le più danneggiate, pensiamo a chi è in affitto d’azienda. Noi abbiamo dimostrato grande responsabilità in questi mesi, ora serve solidarietà. Una città senza bar, ristoranti e negozi è desertificata e lo abbiamo visto”.