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“Riforma della Chiesa, esigenza comune”. Un anno da cardinale per il vescovo Cantoni e in autunno il sinodo

Sabato 27 agosto 2022, nella Basilica di San Pietro, papa Francesco creava venti nuovi porporati, fra loro anche il Vescovo di Como, Oscar Cantoni, cardinale presbitero, titolare della Basilica di Santa Maria Regina della Pace in Monteverde – Roma. Durante il rito il Pontefice invitò i cardinali ad «avere voglia di cose grandi, a vivere una potenza umile con un’universalità attenta ai dettagli». Indicò, inoltre, quali dovessero essere le caratteristiche dei cardinali, capaci di farsi vicini ai fratelli e alle sorelle con passione e tenerezza, disposti a «lasciarsi guardare negli occhi da Dio che gli domanda: posso fidarmi di te?».

«A un anno esatto dalla mia creazione a cardinale – è la riflessione di queste ore del Vescovo di Como Cantoni – sinceramente non finisco ancora di stupirmi. Considero la decisione di papa Francesco come un vero dono del Signore, consapevole che i doni di Dio sono sempre gratuiti e immeritati. Perciò continuo a rimanere pieno di stupore per questa inattesa scelta, che mi impegna a una responsabilità più grande. Ho accolto il dono del cardinalato nella chiara certezza di avere ricevuto una nuova, esigente chiamata, che conferma e intensifica quelle precedenti, non già di poco conto. Sono in verità consapevole che, da sempre, quanto più grande è il dono, tanto più impegnative sono le responsabilità che si è chiamati ad assumere». Guardando all’incarico all’interno del Dicastero per i Vescovi, il cardinale Cantoni osserva di «essere proiettato su orizzonti più vasti, ma anche a volte più impegnativi di quelli dei nostri ambienti italiani. Intravvedo anche tante situazioni ecclesiali e tante dimensioni personali identiche o molto simili alle nostre. È bello, comunque, e consolante conoscere una Chiesa giovane e viva, che richiede nuovi pastori che sappiano stare in mezzo alla gente, in spirito di servizio, disposti a giocarsi attraverso nuove vie di evangelizzazione, perché Gesù Cristo sia conosciuto, amato e seguito». Dopo aver vissuto con emozione la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, con un milione e mezzo di giovani (fra loro oltre 400 i partecipanti dalla diocesi di Como) e pensando all’apertura, in autunno, del Sinodo dei Vescovi, il cardinale Cantoni sottolinea che oggi «si avverte l’esigenza comune di attuare una riforma di Chiesa che susciti interesse per aiutare l’umanità intera a progredire verso una vera fraternità, fondata sulla giustizia e la pace. Ciascuno però deve fare la sua parte!».

Il testo integrale dell’intervista al cardinale Oscar Cantoni sarà pubblicato sul prossimo numero de “Il Settimanale della diocesi di Como”, in uscita con la data del 31 agosto, solennità del patrono della città e della diocesi di Como Sant’Abbondio, e sarà a disposizione sui mezzi di comunicazione diocesani.

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6 Commenti

  1. Uno degli aspetti più interessanti della Chiesa è la sua struttura organizzativa. Da duemila anni abbiamo tre livelli gerarchici: il Papa, i Vescovi e i Diaconi. I Cardinali sono Vescovi che hanno diritto di eleggere il Papa ma sono anch’essi Vescovi. È una struttura semplicissima che sopravvive, questo è un vero miracolo, da duemila anni e ha consentito una parcellizzazione totale. Per intendersi, i paesi e le città europee sono case intorno a un campanile. Ridurre le sedi vescovili può essere una scelta ma per chi vive con l’obiettivo della divulgazione del Verbo più che una scelta, è una resa al progressivo abbandono della Chiesa da parte di tantissimi ex-fedeli. Il problema, invece, sono le prelature personali e le associazioni cattoliche (Opus Dei, Comunione e Liberazione, ecc) che, anche se formalmente condizionate alla Gerarchia, assumono un ruolo e un potere di aggregazione totalmente autonomo e indipendente da quello della Chiesa e delle sue strutture. Per contrastare la progressiva neo-secolarizzazione, bisogna ritornare al ruolo che in passato, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, hanno avuto oratori e parrocchie e abbandonare quel proselitismo laico, associativo e a volte perfino elitista, che è stato alimentato negli ultimi quarant’anni dai predecessori di Papa Francesco. Un parere personale su un tema troppo complesso per tutti ma troppo interessante.😊

    1. I Movimenti hanno fatto scuola alla Chiesa, perché evidentemente nella Parola di Dio (Neocatecumenali), nella preghiera (Comunità carismatiche), nella famiglia (Focolarini ed altri), nell’impegno socio-economico (Comunione e Liberazione) la Chiesa delle parrocchie era, e rimane, largamente deficitaria sia nelle proposte formative per i laici, sia nella efficacia delle iniziative sociali, sia nella significatività della testimonianza fatta con i laici o dai soli laici. Per cui di fronte ad una Chiesa che continuava a comportarsi di fatto come un sordocieco, lo Spirito Santo ha fatto gli straordinari, sommuovendo il laicato al di là dei recinti invecchiati dell’Azione Cattolica e delle Confraternite.
      Ha fatto tesoro di questo la Chiesa per rivedere l’assetto riduttivamente funzionalistico delle chiese locali? Ancora oggi il 90% delle parrocchie fà quello che faceva 150 anni fà ed oltre, cioè sacramenti e sacramentali: battesimi, cresime, benedizioni ecc.; punto e basta.

      Domandiamoci: ma non è la Chiesa/parrocchia che deve insegnare al popolo ad osservare i comandamenti (se non c’è chi insegna, non c’è chi impara…; e questa, a realizzarla, già sarebbe parte notevole di un’autentica “conversione pastorale”); ma non è la Chiesa/parrocchia che deve andare, detto con un’immagine, di villaggio in villaggio, come faceva il Fondatore (“conversione missionaria”), perché nella parrocchietta tutto sommato si continua a stare bene, ma le 99 pecore, che piaccia o meno, si trovano oramai fuori.

  2. Dimentichi quanti edifici “ecclesiastici” adibiti ad alberghi per “pellegrini” senza sottostare a leggi e regolamenti dello Stato italiano e quanti milioni di euro di IMU non pagati…

    1. Non credo serva rinfocolare polemiche.

      Mi piacerebbe, piuttosto, che i Vescovi italiani guardassero al coraggio infaticabile della Sede di Pietro, ed emulassero, con gioia evangelica (chiedo troppo?), le organiche riforme economiche del Pontefice volte ad eliminare ogni posizione che si dimostri antiquata, privilegiata o parassitaria ed ogni zona grigia e potenzialmente criminogena, situazioni oggi davvero davvero ingiustificabili.

      Con la soppressione di almeno! una settantina di sedi episcopali (e come vorrei che fosse la CEI per prima ad offrire al Pontefice un piano di riduzione delle sedi vescovili), quanti presbiteri sarebbero recuperati al servizio pastorale, quanti impiegati laici stipendiati di meno vi sarebbero, quante edifici principali o secondari si potrebbero dismettere per reimmetterli poi nel mercato, quale ampia scala di economie risulterebbe volendo tenere conto anche solo della spesa corrente di funzionamento di ciascun vescovado, da moltiplicare per settanta.
      Insomma quanta pesante zavorra da scrollarsi di dosso per diventare una Chiesa “a misura di Vangelo”: libera, fraterna, credibile e luce per il mondo.

  3. Quanti temi lasciati a prendere polvere per poi diventare urgenti nella Chiesa italiana!

    Per esempio, quello della riduzione del numero delle sedi vescovili, tema risalente al 1965 e all’impegno di san Paolo VI, riproposto poi da san Giovanni Paolo II, ed ora di nuovo perseguito, pur tra tante resistenze, da Papa Francesco.
    Bisogna avere il coraggio di ammetterlo: Diocesi con meno di 400.000 battezzati difficilmente, nell’epoca dei social, hanno più senso, se non a garantire ai vescovi qualche poltrona in più, e ad assicurare agli aspiranti curiali, i “preti da scrivania” che non mancano mai, un posticino riparato.
    E lo spending review andrebbe allargato anche agli edifici di culto e agli istituti culturali ecclesiastici: quante chiese semivuote, quanti enti duplicati, o di fondazione puramente celebrativa, nella medesima Regione ecclesiastica! Col trascorrere del tempo la Chiesa italiana si è dotata di una struttura ridondante e particolaristica, economicamente caricata sulle spalle del Popolo di Dio, dimenticando che invece un’istituzione leggera libererebbe maggiori risorse per la missione evangelizzatrice; missione che in effetti la costituisce e la identifica appunto come Chiesa, e non solo come una delle tante istituzioni mondane.
    Speriamo che la CEI riesca ad offrire una forte testimonianza di rinnovamento profetico con questo Sinodo in itinere.
    Speriamolo, e preghiamo!

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