Il 30 giugno scadrà la norma transitoria che permette ai frontalieri di poter lavorare da casa per il 40% del tempo di lavoro senza temere impatti tributari.
“La brutta notizia di queste ore – scrive l’Ocst, sindacato ticinese – è che l’esecutivo ha deciso di non rinnovare la validità della norma. Inoltre la stessa Italia (a differenza di quanto ha già fatto la Svizzera) per il momento ha deciso di non aderire ai nuovi regolamenti europei che pur permetterebbero ai frontalieri di lavorare da casa entro il 49,99% del tempo di lavoro senza avere impatti di natura previdenziale. Nonostante tutti i tentativi fatti dalle parti sociali (e i numerosi “ordini del giorno” presentati in Parlamento), l’Italia ha quindi deciso di prendere tempo sul telelavoro. Scelta miope e decisamente dannosa per tutti i professionisti frontalieri del nostro territorio. Il Governo svizzero a sua volta ha cercato a più riprese di convincere la controparte italiana di sottoscrivere in tempo utile un nuovo Accordo amichevole che potesse dare stabilità ad una norma più moderna sul telelavoro”, si legge nel duro comunicato del sindaco ticinese.
I negoziati sono ancora aperti e vi è “fiducia che si possa arrivare ad una fumata bianca. A fronte tuttavia delle resistenze dell’esecutivo italiano, i tempi non saranno brevi (di certo non entro il primo luglio ma probabilmente nemmeno entro l’inizio dell’autunno). Fino a quando l’Italia non accetterà di aderire ai nuovi Regolamenti europei e, contestualmente, di sottoscrivere un nuovo Accordo amichevole con la Svizzera, il telelavoro per i frontalieri resterà così confinato dentro le vecchie regole, che sono molto stringenti e penalizzanti”.
In particolare:
– PIANO PREVIDENZIALE: il telelavoro sarà tollerato nella misura del 24,99% del tempo di lavoro (di fatto un giorno a settimana). Superando questa soglia il datore di lavoro svizzero diventerebbe tenuto ad annunciare il dipendente all’INPS, con il conseguente obbligo di pagamento del relativo contributo.
– PIANO FISCALE: i frontalieri residenti nei Comuni di confine (che di norma hanno il rientro giornaliero) se faranno anche un solo giorno di telelavoro perderanno il diritto di essere tassati solo in Svizzera, scattando per loro l’obbligo formale di fare la dichiarazione dei redditi in Italia e pagare l’IRPEF. Gli altri frontalieri (cioè residenti negli altri Comuni italiani) non subiranno invece impatti fiscali particolari, in quanto essi sono già tenuti in ogni caso a pagare in Italia l’IPREF sul reddito svizzero. Il nostro sindacato, grazie alle proprie partnership internazionali, farà quanto in suo potere per persuadere il Governo italiano ad accelerare i tempi.
NUOVO ACCORDO
Sempre l’Ocst scrive: “Il 31 maggio 2023 il Senato ha approvato in vita definitiva il Disegno di Legge di ratifica del nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri. Nel testo sono state accolte anche numerose nostre richieste che limiteranno gli impatti che il nuovo Accordo avrà sulle tasche dei “nuovi frontalieri”, garantendo quindi un sistema di tassazione agevolato anche per queste persone. Si attende ora che il DDL venga pubblicato in Gazzetta ufficiale. Dopo quest’ultimo passaggio, le Autorità di Italia e Svizzera si scambieranno le relative note proclamando l’entrata in vigore dell’Accordo (anche se poi i nuovi meccanismi di tassazione verranno introdotti solo a partire dal 1° gennaio 2024). Stando a fonti di Governo, lo scambio di note e l’entrata in vigore dell’Accordo avverranno tra fine giugno e inizio luglio, salvo clamorosi rinvii. Ricordiamo ancora una volta che fino a comunicazione contraria avranno diritto a rientrare nel “regime transitorio” (ovvero tra i “vecchi frontalieri fiscali”) unicamente coloro che diverranno tali a tutti gli effetti prima dello scambio di note, cioè appunto prima dell’entrata in vigore dell’Accordo. Questi soggetti – al pari di chi già oggi lavora in Canton Ticino, ha la residenza fiscale nei Comuni di confine e ha il rientro giornaliero – manterranno il diritto a beneficiare dell’attuale sistema di tassazione”.