Settembre è ormai inoltrato e, destreggiandoci tra restrizioni, mascherine e distanziamento sociale, siamo ufficialmente entrati nella cosiddetta fase 3 dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19.
Ci lasciamo così alle spalle un’estate decisamente atipica e, per molti settori, drammatica. Ma come sta andando la ripresa di settembre nel campo della ristorazione? Si può davvero dire di essere tornati a una certa normalità?
Se i bar e i ristoranti del centro di Como, tutto sommato, possono ancora contare su qualche turista e hanno ripreso il lavoro con i dipendenti degli uffici, la situazione nei quartieri è molto differente. Proprio lì siamo andati nei giorni scorsi, chiedendo ad alcuni gestori e titolari delle attività come stanno affrontando questo momento.
Tra chi si è dovuto reinventare o adattare per sopravvivere, chi è ormai rassegnato e chi invece sta riprendendo il lavoro a pieno ritmo.
Albà…r di Albate
Il titolare Daniele Diomante ci accoglie con un sorriso incoraggiante nonostante il periodo non proprio roseo. “Il nostro cavallo di battaglia era il mezzogiorno – spiega – facevamo consegne in svariate zone industriali qui intorno e andava molto bene. Dopo il lockdown si lavora di più al mattino e alla sera, per le colazioni e l’aperitivo perché i ragazzi sono ancora in giro, ma è calata la pausa pranzo”.
Ed è proprio la grande crisi del mezzogiorno che ha fortemente inciso sull’attività. “Noi siamo una realtà piccola e abbiamo quasi sempre la stessa clientela – continua – purtroppo è cambiata la vita nella pausa pranzo, la gente arrivava dalle ditte nei dintorni ma ora molte non lavorano più come prima. Gli operai non fanno la pausa pranzo, perché o non fanno l’orario continuato oppure lavorano solo pochi giorni per via della cassa integrazione”.
Una situazione che, quindi, ha costretto Daniele a riorganizzare gli orari di lavoro nell’ultimo periodo. “Non prendo lo stipendio da febbraio e temo sarà così fino a dicembre – conclude – A fine giornata faccio comunque il mio incasso ma è cambiata la qualità della vita. Prima, alle 21 o 21.30 andavamo a casa soddisfatti mentre adesso cerchiamo di stare aperti di più per vedere se arriva qualcuno”.
Da Angelo e Cilli ad Albate
Non nasconde le grandi difficoltà che sta affrontando in questo momento Angelo Lategana, gestore del locale insieme alla moglie. “A mezzogiorno chiudiamo direttamente perché le scuole non ci sono – spiega – Tanta gente veniva per le colazioni, mentre ora non abbiamo clienti. Anche la sera, dalle 20 in poi, non c’è già più in giro nessuno. Penso che le persone abbiano ancora paura di stare negli ambienti chiusi, ma anche che ci siano pochi soldi da spendere dopo questa crisi”.
Le difficoltà hanno portato a valutare la peggiore delle decisioni, per chi da anni è legato al proprio locale e ai suoi clienti affezionati: la chiusura dell’attività. “Stiamo lavorando al 50%, mi sa che tiriamo a fine anno e poi chiudiamo – conclude – sono qui a stipendio zero, non ho alcun guadagno ma solo perdite. Tra le bollette da pagare e l’affitto, come faccio? Ad agosto c’è stato il periodo peggiore, adesso sono già quasi 10 giorni che tra asili e uffici si è ripartiti ma è uguale a prima. Certo, ci hanno dato qualche incentivo, ma cosa me ne faccio di 600 euro? Per noi la situazione è davvero tragica”.
Ristorante Trattoria Il Mangiar Bene a Camerlata
Il titolare Andrei Podurea ci accoglie poco prima dell’ora di pranzo, raccontandoci come sta vivendo il momento post-emergenza sanitaria. “Normalmente lavoravamo tanto con la pausa pranzo – spiega – Facevamo tra gli 80 e i 90 coperti al giorno, mentre adesso arriviamo forse a 30. Ho due dipendenti in cassa integrazione e ho dovuto cambiare il menù”.
Una scelta non da poco per il titolare, che si è dovuto reinventare per sopravvivere alla crisi. “Non potevo più tenere una trattoria con menù di lavoro a 10 euro – aggiunge – perché le restrizioni non ci permettevano di avere tanti coperti, non ci stavamo con le spese. Per questo abbiamo deciso di diventare solo ristorante, con prezzi leggermente più alti”.
Non solo un cambiamento drastico di menù, ma anche di clientela. “Prima avevamo clienti che arrivavano in pausa pranzo dalle ditte qui vicine – continua – ma adesso in tanti non si possono permettere di andare al ristorante. Ora i nostri clienti arrivano dagli uffici o sono di passaggio”.
Nonostante il cambiamento, però, al momento Andrei non nota miglioramenti per la sua attività e non si mostra particolarmente ottimista. “Da fine giugno, quando abbiamo riaperto, la situazione è questa – conclude – Penso che sarà uguale nei prossimi mesi, non vedo possibilità di miglioramento finché ci saranno queste restrizioni. Ad ogni modo, non torneremo a fare menù da trattoria perché avrebbe un certo costo, adesso siamo solo in due e quindi dobbiamo adattarci”.
Bar piadineria Ma Dai di Muggiò
In piena pausa pranzo riusciamo a rubare due parole a un indaffaratissimo Paolo Sciaini, titolare del locale, che esce dalla cucina raggiante. “Al momento stiamo lavorando all’80% rispetto a prima – ci dice sorridente – ma non mi lamento, bisogna essere ottimisti. Dopo il lockdown è stato un disastro, da luglio abbiamo iniziato a lavorare con gli uffici qui vicino nelle pause pranzo e adesso sta andando benino con la ripresa di settembre”.
Il locale, che si trova in via Canturina vicino ad alcune scuole e campi sportivi, al momento può quindi contare sulla presenza di clienti che a pranzo arrivano dagli uffici vicini. “Adesso aspettiamo che riaprano le scuole e il Campo Coni – conclude – tanti ragazzi della Ripamonti venivano qui per le colazioni. Non lavoro coi turisti, quindi con la ripresa degli uffici vediamo dei buoni segnali di miglioramento. Si sta muovendo qualcosa anche per gli aperitivi, soprattutto all’esterno. Siamo in una zona strategica, tra i pochi a fare la pausa pranzo e quindi sfruttiamo tutta la clientela locale”.
Ristorante Michele di Ponte Chiasso
Veniamo accolti da una sorridente Albertina, figlia dello storico titolare dell’attività, che ci rivela un periodo tutto sommato felice per il suo locale.
“Non abbiamo avuto molti problemi, grazie alla nostra clientela affezionata – ci spiega – Certo, c’è stato comunque un piccolo calo rispetto a prima ma in confronto ad altri sta andando abbastanza bene, non ci lamentiamo”. Lo dimostra, infatti, il grande numero di clienti che siede ai tavoli in pausa pranzo.
“Siamo un’attività familiare e quindi non abbiamo neppure tanti dipendenti – conclude – non lavoriamo coi turisti, perché siamo in una zona un po’ dimenticata. I nostri clienti sono persone che lavorano nei dintorni e si fermano per la pausa pranzo”.