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Allarme, Ticino: entro il 2026 mancheranno 12mila lavoratori. Personale cercasi nel commercio, nella sanità e nelle attività scientifiche

Personale cercasi. In Ticino, da qui al 2026, si creerà un buco di circa 12mila lavoratori al netto dei nuovi ingressi nel mondo produttivo di cittadini svizzeri. Lo scenario, che è quello intermedio tra la visione peggiore e quella meno impattante, emerge da un approfondito studio della SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana), elaborato da Edoardo Slerca.

Posti vacanti che la stima del fabbisogno per settore evidenzia essere più alta nell’ambito “Sanità e assistenza sociale”, con oltre il 18% del fabbisogno, a seguire nelle “Attività professionali, scientifiche e tecniche” (quasi il 15,5%) e nell’ambito del Commercio (quasi l’11%). Un calo che potrà essere in parte arginato con il ricorso ai frontalieri.

Ma ecco nel dettaglio cosa sta accendo oltre il confine. “Negli ultimi vent’anni gli occupati in Ticino sono cresciuti ad un ritmo sostenuto, passando da circa 185mila nel 2022 a 241mila nel 2022. In questo lasso di tempo, la quota dei lavoratori frontalieri è salita dal 17% al 32%. Gli occupati residenti permanenti, dal 2017 in poi, hanno fatto registrare una contrazione per effetto del loro progressivo invecchiamento. Tale fenomeno porterà nei prossimi anni ad un crescente disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Infatti, se da un lato sono in aumento i lavoratori che andranno in pensione nei prossimi anni, rimane stagnante il numero di nuovi lavoratori ticinesi che si affacceranno per la prima volta sul mercato del lavoro. Si è stimato che tra il 2022 e il 2026 vi sarà una scarsità di lavoratori (nello scenario medio) superiore alle diecimila unità. Benché tali stime siano state realizzate prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino, la crescita occupazionale registrata nel 2022 risulta essere sostanzialmente in linea con le previsioni. Le imprese cercheranno di sopperire a tale scarsità fornendo delle formazioni interne dedicate o attraendo lavoratori dall’estero. Dato l’invecchiamento complessivo della popolazione attiva da entrambi i lati della frontiera, per sostenere lo sviluppo dell’economia ticinese, nel breve-medio termine sarà fondamentale offrire opportunità lavorative competitive, che consentano da un lato di trattenere i giovani ticinesi sul territorio cantonale”, si legge nel documento.

Ecco allora che i settori nei quali ci sarà un fabbisogno maggiore, ossia “dove la domanda sarà più elevata, saranno le attività manifatturiere, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le attività scientifiche e la sanità. Il confronto tra i fabbisogni occupazionali e l’offerta di lavoro porta a tre scenari di disallineamento. Per il quinquennio 2022-26 si prevede un fabbisogno complessivo di quasi 40.000 lavoratori a fronte di un’offerta di poco più di 11.000 nuovi entranti sul mercato del lavoro. Indipendentemente dallo scenario espansivo considerato si prevede che vi sarà una scarsità di offerta sul mercato del lavoro, di entità variabile compresa tra le 4.700 unità dello scenario negativo e le 17.900 unità dello scenario positivo. Nello scenario di intermedio di riferimento si prevede che la scarsità ammonterà a circa 11-12.000 lavoratori, suddivisi in settori diversi con profili e ambiti professionali molto differenziati tra di loro”, sottolinea Edoardo Slerca.

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6 Commenti

  1. Finché la politica acconsente le situazioni attuali concernenti le paghe aumenteranno ancora i frontalieri…da anni si predica bene….e si razzola male ( mafia e corruzione sembrano aver presa mano larga)

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