Le statistiche risalenti solo a pochi giorni fa indicavano un calo nel numero dei frontalieri, complice probabilmente anche la nuova tassazione in vigore da luglio del 2023.
Mai lettura fu più sbagliata, almeno nell’analisi fatta dal Mattino on line, giornale di riferimento della Lega de Ticinesi che la vede in maniera opposta. Perché se è vero che si è registrato un leggero calo – da 79.579 a 78.683 unità – è altrettanto vero che a scendere sono stati i posti di lavoro a disposizione, “oltre 3.000 posti di lavoro in meno. E si è scesi da poco più di 249mila a poco meno di 246mila occupati”, scrivono, sottolineando un contestuale incremento dei disoccupati ticinesi.
Ecco allora che “il leggero calo dei frontalieri è quindi in realtà un ulteriore aumento del peso del frontalierato in Ticino”. E a pagare questa situazione sarebbero i giovani ticinesi costretti a spostarsi a Nord ella Alpi mentre “i frontalieri, loro, stanno benissimo e si spingono a conquistare territori dove una volta sarebbe stato quasi impensabile trovarli”, si legge.
Un’ analisi che viene ulteriormente rafforzata dalla presentazione delle cifre riguardati i numeri di frontalieri in diverse città. A Bellinzona, nel 2004, c’erano meno di 700 frontalieri. “Alla fine dello scorso erano 2.997 unità, in aumento rispetto ai 2.875 dell’anno precedente. L’avanzata frontaliera è proseguita”. E ancora incrementi in diverse realtà: da Arbedo Castione a Lavertezzo e Agno. Nel comune di Tresa sono più di 1.200, a Lugano “sono quasi 16.000”. In salita anche a Mendrisio.
Inoltre, ulteriore attacco, sono al lavoro “nei settori in cui non ci sarebbe alcun bisogno di loro. Per esempio, nelle “attività immobiliari” sono cresciuti da 537 a 577, nelle “attività informatiche e altri servizi informativi” da 1.919 a 1.949, nelle “attività legali e contabilità” da 2.347 a 2.434, nelle “attività artistiche e di intrattenimento” da 941 a 954″.