Emergono altri dettagli a loro modo incredibili sullo stato del Viadotto dei Lavatoi, che peraltro già i periti del Tribunale in una recente relazione depositata hanno parlato di “opera compromessa”. Ora si apprende un nuovo elemento per certi aspetti strabiliante vergato nero su bianco dagli esperti dello Studio Enser, incaricato dal Comune di Como di approntare la messa in sicurezza dell’opera.
Con verbale in data 18 settembre scorso, l’ingegnere della società, Gianluca Regoli, ha infatti rilevato “la labilità longitudinale della campata 3-4 a causa della mancanza di un appoggio fisso in tale direzione”.
Ma da dove arriva questa “labilità longitudinale”? La risposta sorprendente è nel passo successivo.
“Tale condizione – si legge nel carteggio riassuntivo di Palazzo Cernezzi – come ipotizzato dal professor Malerba (altro esperto incaricato dall’amministrazione, ndr) nella sua relazione finale e come confermato dall’ingegner Regoli, è riconducibile all’intervento effettuato da Autostrada Pedemontana Lombarda nell’ambito del progetto denominato “Opera connessa TG CO 04” (la Tangenziale di Como, ndr) ultimato nel 2015”.
“In tale progetto, infatti – prosegue il documento – per consentire la realizzazione del nuovo sottopasso stradale è stato necessario modificare le geometrie dell’incrocio tra il viadotto e via Canturina e di conseguenza è stato necessario sostituire le campate 1-2 e 2-3 del viadotto. Siccome le campate 2-3 e 3-4 erano collegate da una catena cinematica il cui appoggio fisso era posizionato sulla pila 3 ma al di sotto della campata 2-3 che è stata rimossa, e siccome al termine dei lavori non è stata ripristinata la catena cinematica, né sostituiti gli appoggi della campata 3-4, quest’ultima oggi risulta labile”.
Insomma, passaggi chiari per quanto tecnici che si possono riassumere così: su un ponte con problemi già evidenti da anni, dopo l’intervento di Pedemontana di 3 anni fa l’opera non venne riconsegnata nello stesso stato originario. Una situazione – si legge sempre nella relazione degli uffici comunali – per cui si “è giunti alla conclusione che tale tratto del viadotto potesse rimanere aperto al traffico in condizioni di sicurezza, a patto che venisse mantenuta la limitazione al transito di veicoli di peso inferiore a 7,5 tonnellate” e in virtù di altre condizioni tecniche.
Peraltro, il 19 settembre successivo sempre l’ingegner Regoli della Enser ribadisce la situazione di criticità in una mail inviata all’ingegnere Andrea Zuccalà di Palazzo Cernezzi: “Il tratto di viadotto che va dalla pila P3 alla pila P4, dopo i lavori realizzati per il rifacimento in carpenteria metallica del viadotto a valle della pila P3 stessa, è rimasto di fatto privo di un vincolamento in direzione orizzontale longitudinale. Attualmente, quindi, il tronco di impalcato P3‐P4 risulta, da un punto di vista teorico, “labile” in direzione orizzontale longitudinale essendo privo di un apparecchio di appoggio che si opponga a tale spostamento (sia verso valle, sia verso monte) ed essendo presente un giunto strutturale sulla pila P3 e sulla pila P4”.
Escludendo la completa chiusura al traffico, secondo l’esperto il rimedio migliore “consiste a nostro avviso nella messa in opera di un ritegno meccanico in carpenteria metallica con funzione del tutto analoga a quelli già esistenti e realizzati nel 2017”.
Con altri suggerimenti: “1) controllo del corretto funzionamento del sistema di monitoraggio esistente da parte della Società installatrice o da parte di chi di competenza, in particolare per il trasduttore (sensore, ndr) collocato sulla pila P4; 2) installazione di un ulteriore trasduttore (sensore) di spostamento sulla pila P3 al fine di misurare lo spostamentorelativo tra la pila P3 e il tratto di impalcato P3‐P4; 3) monitoraggio in continuo automatico degli spostamenti relativi sopra citati; 4) implementazione di un sistema di allarme in grado di allertare immediatamente il Comune qualora lo spostamento monitorato di uno o entrambi i trasduttori citati superasse il valore di 35 mm: in tal caso, a parere di chi scrive, sarà necessario che chi di competenza si attivi quanto prima tramite interventi di somma urgenza (ad esempio chiusura al traffico, installazione di ritegni meccanici in carpenteria metallica, altro); 5) in aggiunta all’allarme al Comune, in caso di raggiungimento del valore di soglia sopra citato si potrebbe installare da subito un impianto semaforico istantaneo di sicurezza di blocco traffico sulla falsa riga di quello che avviene in molti sottopassi in caso di allagamento”.
La conclusione dell’ingegnere però è un ammonimento: “Si fa presente che le attività sopra descritte costituiscono una procedura che evidentemente non può garantire la stessa efficacia anche in termini di sicurezza di quella garantita dalla messa in opera di un ritegno meccanico”. Cioè quello “sparito” con i lavori di Pedemontana nel 2015.
I punti 1, 3 e 4 sono quindi stati immediatamente adeguati; il punto 5 (l’impianto semaforico, ndr) è stato ritenuto procrastinabile in virtù di una condizione di allarme più bassa in caso di spostamento di 20 millimetri, che fornirebbe quindi il tempo di intervenire mantenendo un adeguato margine di sicurezza (l’allarme “nero” scatta a 35 millimetri, limite non valicabile è 50 millimetri).
Nel frattempo, il monitoraggio della struttura è stato attivato dal Comune a partire dal mese di agosto 2017 fino al 30 marzo 2018 con un sistema a lettura locale a causa delle limitazioni dovute alle attività di messa in sicurezza in corso (costo di 7.250 euro totali). Inoltre, dal 1 aprile 2018 è installato un sistema di trasduttori (sensori specifici, ndr) a lettura remota oltre che un sistema di webcam che consentono un controllo remoto degli appoggi (costo 18mila euro).
Ma un altro inghippo era dietro l’angolo: “A causa del protrarsi delle fasi di gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione, la previsione del termine delle fasi approvazione, gara e affidamento dei lavori, inizialmente per il 30/03/2019 deve necessariamente essere procrastinata. Per tale ragione, dovendo mantenere l’indispensabile monitoraggio delle strutture fino all’avvio dei lavori di messa in sicurezza è necessario provvedere al finanziamento di ulteriori 18 mesi di monitoraggio fino alla data presunta di avvio dei lavori, ipotizzata dal sottoscritto per il 30/09/2020”.
Il tutto, ovviamente, con l’installazione del trasduttore aggiuntivo sulla pila 3 come suggerito dalla Enser. Costo: 14mila euro più Iva.
Ma non è finita. Da un’altra relazione della Enser datata 18 settembre 2018, si evincono altri dettagli preoccupanti sullo stato di salute del viadotto.
Ad esempio per la Pila 15 “gli apparecchi di appoggio presentano ancora le targhette provvisorie di montaggio le quali risultano rotte causa spostamento degli stessi verso vale di diversi cm (approssimativamente 10-11 cm)”.
Inoltre “gli elementi prefabbricati costituenti l’impalcato (3 travi in c.a.p.) risultano con intradosso “a gradini” per realizzare la pendenza trasversale: in particolare si osserva che l’elemento di interno curva (lato Sud) presenta un disassamento di quota relativamente importante, dell’ordine di qualche centimetro”.
E ancora: “Guardando in direzione della pila 14 si ha l’impressione che gli apparecchi di appoggio laterali abbiano subito un piccolo spostamento in direzione trasversale in direzione del sedime ferroviario (lato Nord)”.
“Si segnala che al passaggio dei veicoli è chiaramente udibile un suono che proviene dal giunto sulla pila 15 e che ragionevolmente è causato dalla lamiera grecata posata in opera che vibra al passaggio dei veicoli, cosa che fa supporre che tra la lamiera e la pavimentazione stradale non ci sia un varco strutturale completamente libero e quindi attivo, bensì occluso almeno in parte verosimilmente dal getto del conglomerato cementizio della soletta”.
Pila 12: “L’esame dell’impalcato in corrispondenza del giunto rivela una scorretta realizzazione dello stesso sia per quanto riguarda il varco strutturale tra i due tratti di impalcato, sia per ciò che concerne le predalles di sbalzo”.
Appoggio laterale verso pila 13: “Dalla dislocazione tra il perno e la targhetta di montaggio degli apparecchi di appoggio è stato possibile misurare (seppur con qualche difficoltà) lo spostamento orizzontale dell’impalcato in direzione Ovest: 70÷80 mm tratto impalcato P15-P12; 40÷50 mm tratto impalcato P12-P6. La differenza tra gli spostamenti conferma quindi uno stato di compressione/schiacciamento degli elementi posti a cavallo del giunto”.
E poi il gran finale, che è un ritorno da dove tutto è cominciato: le Pile 3 e 4.
“In corrispondenza della PILA 3 durante i lavori di rifacimento del tratto Pila 3 – Spalle 1A e 1B avvenuti nel 2013-2014 è stato realizzato un giunto che oggi appare, per quanto ispezionabile a vista da intradosso, ben realizzato con varco pari a circa 70 mm. Il tratto di viadotto che va dalla Pila 3 alla Pila 4 risulta però privo di un vincolamento allo spostamento orizzontale longitudinale in quanto tale vincolamento era garantito da un apparecchio di appoggio fisso sulla campata Pila 3-Pila2 appunto demolita e rimosso; a fronte di tale rimozione pare non sia stato sostituito l’apparecchio di appoggio unidirezionale longitudinale della campata Pila3-Pila4 con un apparecchio di appoggio fisso. Attualmente, quindi, la campata che va dalla Pila3 alla Pila 4 risulta essere in una condizione statica scorretta e anomala in quanto teoricamente labile in direzione longitudinale”.
3 Commenti
Che bello leggere che l’ingegneria non è una scienza esatta.
Ogni progettista può inserire la sua vena “naïf “
Già, a Como abbiamo le paratie che hanno fatto scuola: studi di ingegneria che si sono susseguiti dicendo tutto ed il contrario di tutto.
Da gennaio ci affideremo ai maghi e fattucchiere certi che anche loro avranno avranno come tutti i mortali la seconda soluzione. Mah …
Non credete a questo giornalaio scrive cose che, o copia da altri quotidiani o non è in grado di controllare . Per fortuna che è gratis ora ma ancora per poco. A quel punto può restare una pagina di facebook
Aiutooo!