Nei giorni in cui femminicidio e violenze sulle donne sono al centro di drammatiche cronache, su tutti il delitto di Giulia Tramontano, l’ospedale Fatebenefratelli Sacra Famiglia di Erba diffonde dei dati inquietanti. Nel 2021 ben 42 le donne che hanno dichiarato di aver subito violenze di genere (13 hanno accettato di entrare in programmi di protezione), nel 2022, tra gennaio e novembre, altre 34 (7 entrate in protezione). Ma ecco il racconto integrale direttamente dal primario di Ginecologia, Francesco Bernasconi:
Il racconto del primario di Ginecologia
Il tema è di stretta attualità, purtroppo. Ma si sa poco sulle dinamiche e del ruolo dei medici nei casi di violenza alle donne. Di fronte a una donna vittima di violenza che si presenta in un ospedale, va detto, la prima cosa da fare è legittimare la sua sofferenza, permettendole di dare voce al dolore, alla rabbia, all’umiliazione. È importante far capire alla donna che ci sono persone che possono e vogliono aiutarla. Del resto, circa il 95% dei soggetti che arrivano in ospedale per un episodio di violenza domestica è una donna e al di là delle conseguenze cliniche, è molto spesso vittima di violenza psicologica ed economica. Il ruolo dell’ospedale in questi casi è quello di accoglienza, valutazione delle lesioni subite, denuncia all’autorità giudiziaria, accompagnamento nell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia che si occupa dell’accudimento nelle prime 24 ore in attesa che l’Assistente Sociale trovi una collocazione protetta per la donna, sempre che non abbia la necessità di rimanere in ospedale per la gravità delle lesioni, come ci spiega la direttrice dell’U.0. di Ostetricia e Ginecologia Nicoletta Iedà, dell’Ospedale Sacra Famiglia – Fatebenefratelli di Erba, che è, da anni, punto di riferimento e parte attiva della rete provinciale antiviolenza ed è stato classificato come Ente Capofila del Comune di Como. Partecipa alacremente ai tavoli istituzionali di stesura delle linee guida per la presa in carico delle donne vittime di violenza, ponendo attenzione al capitolo delle procedure ospedaliere.
Il primo accesso della donna in ospedale è rappresentato dal Pronto Soccorso – generale, pediatrico e ostetrico/ginecologico. Viene assegnato un codice azzurro, che indica un’urgenza differibile con 60 minuti massimo di attesa, oppure arancione che indica urgenza indifferibile con 15 minuti massimo di attesa, per garantire legittimità alla problematica e la visita in tempi brevi. Oltre agli operatori sanitari ed ai medici che prendono in cura la vittima è possibile, esprimendo il consenso, richiedere l’intervento ed il supporto dell’assistente sociale. Per il colloquio medico viene utilizzato uno strumento predisposto dal tavolo istituzionale provinciale, cioè una scheda di rilevazione della violenza. Questa permette di valutare l’entità del rischio in cui si trova la donna e raccogliere informazioni più complete possibili per rilevare la presenza di lesioni fisiche e traumi psicologici. È fondamentale identificare l’autore della violenza, così da poter schedare l’aggressore, verificare se sono state effettuate altre segnalazioni dello stesso e monitorare eventuali altri accessi della vittima nel medesimo pronto soccorso oppure in altri. Se la prognosi è superiore a 21 giorni, gli operatori del Pronto Soccorso devono trasmettere la scheda di rilevazione della violenza e il verbale di Pronto Soccorso all’autorità giudiziaria competente, indipendentemente dalla volontà della donna. Se, invece, la prognosi è inferiore ai 20 giorni, la scheda di rilevazione della violenza ed il verbale potranno essere inviati all’autorità giudiziaria solo con il consenso della donna. Se dal colloquio medico e/o dell’assistente sociale emerge un rischio elevato dal punto di vista della sicurezza personale della donna (la quale è impossibilitata a rientrare al domicilio), in collaborazione con le Forze dell’Ordine, si vaglia la possibilità di accogliere la vittima temporaneamente in reparto di pertinenza. Ad esempio: pediatria, se ha figli minori; ginecologia, se non ha figli. Un’altra opzione è quella di prendere contatti con la struttura di pronto intervento provinciale avvisando il servizio sociale territoriale e stabilire la donna in centri antiviolenza territoriali. Se la donna, invece, non si trova in una situazione di rischio immediato si dimette con rientro al domicilio, proponendo il contatto con il centro antiviolenza oppure con il servizio sociale ospedaliero per un colloquio in regime ambulatoriale, come racconta l’assistente sociale Francesca Agostani.
La violenza tra il 2021 e il 2022
Nell’anno 2021, presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Sacra Famiglia di Erba, sono passate dal triage 42 donne che hanno dichiarato di aver subito violenza di genere e per le quali gli Operatori sanitari hanno applicato le linee guida ospedaliere per l’accoglienza delle donne vittime di violenza. Di queste 42 donne, 15 sono state accolte nei Reparti Ostetrico Ginecologi e di Pediatria al fine di poter poi lavorare con la rete territoriale e costruire dei progetti personalizzati di tutela. Di queste 15, 13 hanno accettato un progetto condiviso di messa in protezione grazie alla collaborazione tra servizio sociale ospedaliero, forze dell’ordine, servizi sociali comunali e pronto intervento comunitario. Da gennaio a novembre 2022 abbiamo accolto in Pronto Soccorso 34 donne che hanno dichiarato di aver subito violenza di genere, di cui 12 hanno proseguito il ricovero nei Reparti di Ginecologia-Ostetricia o di Pediatria. Di queste 12 donne, 7 hanno poi scelto il collocamento in protezione presso la rete dei servizi.
I Bollini Rosa sono il riconoscimento che Onda attribuisce dal 2007 agli ospedali italiani ‘vicini alle donne’, ossia quelle strutture che offrono servizi dedicati alla prevenzione, diagnosi e cura delle principali patologie femminili, riservando particolare attenzione alle specifiche esigenze dell’utenza rosa. All’Ospedale Sacra Famiglia di Erba sono stati riconosciuti due Bollini Rosa non solo per la modalità di approccio “sensibile e donna-centrico” alle patologie organiche che possono interessare le donne, che vanno dalle patologie ginecologiche ed oncologiche, a quelle endocrinologiche, ma anche per una serie di altri servizi altrettanto importanti, come il percorso codificato per l’assistenza della Paziente (e dei figli minori) vittima di violenza di genere, oltre che l’offerta di figure professionali dedicate come l’assistente sociale, il mediatore culturale, la psicologa.