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Cultura e Spettacolo

I 90anni dello scrittore Marzorati: “Io, Margherita Sarfatti e il suo Mussolini. Di cui mai più parlò”

“Sono nato a Milano, ma non mi è mai piaciuto viverci”.

A parlare è Sergio Marzorati, milanese di nascita ma comasco di adozione. Una vita da scrittore – romanziere, commediografo e giornalista – passata anche per i tipi della piccola grande editoria nazionale: il suo Ritorno a Zagabria è nel catalogo di Sellerio da quasi venticinque anni.

Nella ricorrenza del suo novantesimo compleanno (oggi, 14 gennaio 2019), Marzorati è tornato nella sua città natale per visitare la mostra Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano, al Museo del Novecento.

Milano. Lo scrittore e saggista Sergio Marzorati alla mostra ” Margherita Sarfatti segni, colori e luci a Milano ” al Museo del 900 ph. Carlo Pozzoni

A Margherita Sarfatti, Marzorati ha dedicato una biografia (Margherita Sarfatti. Saggio biografico, NodoLibri) che intreccia le vicende della Sarfatti curatrice d’arte a quelle politiche del fascismo.

Como festa per i novant’anni dello scrittore e saggista Sergio Marzorati ph. Carlo Pozzoni

Nel 1912 la Sarfatti, attivista socialista, incontra nella redazione milanese dell’Avanti! il nuovo direttore: Benito Mussolini. Ne nasce una relazione sentimentale destinata a durare un ventennio. Il più illustre storico del fascismo, Renzo de Felice, ha scritto che questa fu l’unica relazione significativa del dittatore all’apice del regime, e che dopo la rottura tra i due Mussolini si dedicò a frequentazioni occasionali e senza impegno.

Un rapporto politico oltre che sentimentale. Margherita Sarfatti fu alta funzionaria culturale del regime fino alle leggi razziali, quando i suoi legami con Mussolini e con il Governo dovettero interrompersi burrascosamente. La Sarfatti, di illustre famiglia ebraica, fu costretta a riparare in Sudamerica per ritornare in Italia, a Cavallasca, solo dopo la fine della guerra.

Marzorati, come ha conosciuto Margherita Sarfatti?

Era nel comasco dal 1947. Nei primi anni del dopoguerra sapevo chi fosse perché il marito di mia zia, la scrittrice comasca Carla Porta Musa, era il pediatra dei suoi figli. Ma la conobbi grazie al nipote, che era un mio coetaneo.

Cavallasca. La tomba della scrittrice e critica d’arte Margherita Sarfatti ph. Carlo Pozzoni

Che impressione le fece?

Lei era come la duchessa de La Vallière, l’amante del Re Sole: entrambe erano state amanti di un uomo al vertice dello Stato ed entrambe incedevano zoppicando. La Sarfatti si scusò con me perché non poteva camminare al mio passo giovane e rapido. Le dissi: “Si immagini, ci sono precedenti illustri: Lord Byron, ovviamente. E poi Louise de La Vallière”. Lei capì l’allusione. Mi telefonò il giorno dopo per invitarmi a pranzo nella sua villa del Soldo, a Cavallasca.

Como festa per i novant’anni dello scrittore e saggista Sergio Marzorati ph. Carlo Pozzoni

Come andò?

Durante il pranzo arrivammo presto al tu. Mi ospitò per la notte. Aveva spesso ospiti nella sua casa, molti spagnoli. E continuava a frequentare il figliastro di Göbbels, che era stato aviatore della Luftwaffe e che anni dopo sarebbe morto in un incidente aereo. Io dormii nel letto che, mi disse, era stato di Napoleone. Lo stesso dove dormiva Mussolini.

Che donna era Margherita Sarfatti?

Una donna pienamente moderna. Un giorno mi comunicò di avere ricevuto l’invito alle nozze di un famoso personaggio pubblico, omosessuale non dichiarato. Un tedesco, non faccio il nome. Il suo commento fu: “Ha lasciato la retta via”.

Che impressione le ha fatto la mostra al Museo del ‘900?

Mi è spiaciuto non rivedere i ritratti che numerosi artisti le avevano fatto, e che lei teneva esposti al Soldo. Ma vederla mi ha riportato alla mente tanti episodi. Ricordo in particolare una lite tra Margherita Sarfatti e Riccardo Bacchelli su chi fosse stato il massimo compositore italiano. Lei era per Verdi, lui per Rossini.

Como festa per i novant’anni dello scrittore e saggista Sergio Marzorati con l’assessore alla cultura Simona Rossotti ph. Carlo Pozzoni

Come si svolgevano quei cenacoli comaschi?

Dato l’altissimo livello culturale della Sarfatti, il tenore intellettuale era elevatissimo. Lei riceveva personalità da tutta Europa. Una volta mi chiese di scrivere a Herman Hesse per invitarlo, voleva conoscerlo.

Accettò?

Non rispose mai. Lui era antifascista, lei era stata ispiratrice e fiancheggiatrice del fascismo fin dagli albori.

Che rapporto aveva la Sarfatti con i suoi trascorsi durante il regime?

Era una gran signora, non nominava mai Mussolini. Solo una volta, che mi ero impuntato su una questione, mi ammonì dicendo: “Attenzione, Sergissimo, perché io conosco uno che è finito appeso…” Mi chiamava Sergissimo perché, diceva, la sapevo lunga.

Grande sense of humour, decisamente.

Un uomo le disse una volta che i suoi capelli rossi, che aveva visto dalla sua macchina in corsa, gli ricordavano l’incendio di Troia. Lei lo rintuzzò: “…ma lei non sarà mai il mio Omero”.

Come riusciva a conciliare questa sua vocazione libera e artistica con le imposizioni volute del regime?

Aveva provato a portare l’arte nelle alte sfere del regime, insistendo anche perché Mussolini si impegnasse in lezioni di violino, che suonava malissimo. Finché lui, con un gesto seccato, le disse di piantarla, in dialetto predappiese. Ma, appunto, le leggi razziali posero fine a tutto questo.

C’era anche altro?

Sicuramente il conflitto con Donna Rachele, che voleva ucciderla.

Che rapporto aveva con le altre personalità eminenti del tempo?

Un rapporto difficile con Eleonora Duse, che aveva un atteggiamento impostato e antitetico al suo. Così come con Gabriele D’Annunzio, cui pure era vicina, anche se non credo sentimentalmente. A questo proposito mi lasci concludere con un aneddoto personale.

Prego.

Un giorno mia madre e mia zia, con altre amiche, portarono in pellegrinaggio al Vittoriale un’amica inglese in visita, che desiderava conoscere D’Annunzio. Questi apparve a un balcone atteggiato a gran Vate, avvolto solo in una toga. Scoppiarono tutte a ridere, ma la più fragorosa fu proprio la sua ammiratrice inglese. Lui si ritrasse alla chetichella senza dire una parola, chiudendosi dietro le persiane.

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