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Pura meraviglia nell’antico borgo di pietra del Lago di Como: edifici storici rinascono e l’arte abbraccia ogni spazio

Palanzo non è solo un borgo affacciato sul Lago di Como. È uno di quei luoghi che, sfuggiti al turismo di massa, conservano ancora un’identità architettonica e sociale intatta, un senso di comunità raro, e un rapporto profondo con la propria storia. È proprio in questo scenario che nasce Rinnovare l’origine, una mostra che mette in dialogo architettura e arte contemporanea, giovani progettisti e antiche pietre, comunità locale e visioni future.

La mostra verrà inaugurata sabato 24 maggio 2025 alle 16 e sarà visitabile fino all’8 giugno. È curata da Stefano Ceresa, architetto e abitante storico di Palanzo, e da Roberto Borghi, critico d’arte che da anni lavora sulla relazione tra arte e territorio. L’iniziativa coinvolge tre giovani progettisti: Stefano GhilottiSimone Marchese e Carola Masciocchi e gli artisti: Valerio AbateRosa Frazzica e Gregorio Vignola. Ad accompagnare la mostra, è stato realizzato un catalogo pubblicato da Framboise, che ricostruisce la genesi del progetto, ne approfondisce i temi e presenta nel dettaglio le opere esposte e i luoghi che le ospitano. Il volume include contributi critici e riflessioni di Lorenza Ceruti, Enrico Scaramellini, Oliviero e Rocco Vitali.

Questa mostra non si guarda soltanto, si attraversa – ha spiegato Borghi – È un invito a riflettere sul significato delle origini e sul modo in cui possiamo rigenerarle per mantenere viva la memoria e la funzione sociale di un borgo come Palanzo. Volevamo un’esposizione che non fosse statica, ma un’esperienza diffusa, capace di far camminare i visitatori tra corti, lavatoi, bagni pubblici, la biblioteca Veronica e la Casa del Pane. Le opere non fanno da semplice decorazione: sono annotazioni visive apposte sui manoscritti murari di Palanzo. Stratificazioni che mettono in luce le trame nascoste del territorio, dialogando con materiali, volumi e pratiche quotidiane”.

Un laboratorio a cielo aperto

La mostra è strutturata in due anime intrecciate: da un lato, i progetti di rigenerazione urbana elaborati da tre giovani architetti del Politecnico, esposti all’interno della Biblioteca Veronica, l’ex biblioteca volontaria del paese; dall’altro, le opere d’arte site-specific che glossano, letteralmente annotano e interpretano, i luoghi oggetto d’intervento. Le case, le corti, il lavatoio, il bagno pubblico, il vecchio forno del pane: ogni spazio si trasforma in punto di osservazione sulla vita di una comunità e sulle sue possibili evoluzioni. “La nostra idea di rinnovamento – hanno spiegato i tre progettisti – non parte da visioni astratte, ma dal rispetto dei bisogni reali della gente. Lavoriamo su edifici in disuso, luoghi simbolici, spazi pubblici dimenticati, per ridar loro una funzione comunitaria”.

“Il senso di questa mostra – ha continuato Ceresa – era presentare progetti di risistemazione di edifici e spazi di servizio: l’ex bagno pubblico trasformato in punto di raccolta delle uova, un edificio accanto al celebre torchio seicentesco destinato ad essere un punto d’incontro per i giovani, luogo di studio, socialità e magari anche smart working. Quando mai sul lago di Como si era fatto qualcosa per la comunità del paese e non per il flusso turistico?”.

Un paese che riflette su se stesso

“L’autenticità è diventata merce rara sul .ago di Como – ha continuato l’architetto – Palanzo rappresenta una sorta di eccezione: un paese che ha conservato una struttura originaria medievale e una comunità ancora viva. È questo che vogliamo valorizzare: non un’immagine da cartolina, ma un modo diverso di pensare il territorio e la sua evoluzione”. Ceresa non è nuovo a queste iniziative: da anni organizza mostre nel borgo, grazie anche all’Associazione degli Amici del Torchio, fondata attorno a uno degli oggetti più straordinari del paese, un torchio per uva lungo 12 metri, risalente al XVI secolo. “Si tratta di un capolavoro di tecnologia medievale/rinascimentale, era il più grande sul territorio e testimonia l’importanza economica di questo borgo, ricco di vigne e di storia – ha spiegato il curatore – Pensare a un progetto artistico e architettonico qui significa dialogare con un’eredità vera”.

“C’è addirittura chi dice – ha aggiunto Borghi, sorridendo – che il paese sia stato costruito attorno al torchio. Non è vero, ovviamente. Ma è vero che Palanzo era un centro economicamente importante, e che oggi quel torchio è una metafora potente della nostra idea di mostra: una macchina antica che può ancora produrre qualcosa di vivo”.

Le glosse d’arte: un dialogo tra passato e futuro

Le opere degli artisti Abate, Frazzica e Vignola non illustrano i progetti architettonici, ma li commentano, li ampliano, li contraddicono. Sono glosse visive, autonome ma strettamente legate ai luoghi in cui si inseriscono. Una scultura immersa nella vasca del lavatoio, dove ancora oggi alcune anziane lavano i panni; una proiezione nel vecchio bagno pubblico, che stratifica immagini di ecografie addominali e sezioni geologiche, alludendo a un’origine biologica e terrestre al tempo stesso; un intervento nella Casa del Pane, simbolo primordiale di vita e condivisione. La mostra sarà accompagnata, all’inaugurazione, da un dibattito pubblico tra Lorenza Ceruti, Enrico Scaramellini, Oliviero e Rocco Vitali, sul tema del rapporto tra arte, architettura e territorio.

Una mostra da attraversare, non solo da vedere

“Rinnovare l’origine non è una mostra da guardare – hanno concluso i curatori – È una mostra da attraversare, da percorrere fisicamente e mentalmente. È una riflessione su cosa significhi davvero rigenerare un territorio, restituirgli senso, funzione, e perché no, poesia”. Il 24 maggio, insieme all’inaugurazione, si apriranno tutte le corti private e gli spazi pubblici del borgo: un’occasione unica per riscoprire un angolo autentico del Lario e per immaginare, con la guida di giovani architetti e artisti, che sì, un altro futuro è possibile. A partire da qui.

 

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