“Da questo negozio abbiamo visto il mondo del vino cambiare, in quattro generazioni – spiega Giuseppe Bizzotto, titolare e oste cortese della storica vineria comasca “Da Gigi” che gestisce insieme ai figli Francesco e Umberto e alla moglie Paola – il nostro segreto? Passione e libertà”.
Ai più attenti non sarà sfuggito che Bizzotto non è un cognome esattamente comasco. Il nonno di Giuseppe lavorava infatti come oste a Vicenza, prima di spostarsi a Como per aprire una rivendita specializzata in vini pugliesi nel 1930, passata poi al figlio Luigi nel primo dopoguerra.
Il mestiere e il locale erano molto diversi dal raffinato wine bar illuminato a luci calde che si può intravedere, oggi, passeggiando per via Luini. “Questa parte non esisteva – spiega Giuseppe, indicando una stanza laterale più appartata, sui cui scaffali si possono ammirare infinite varietà di vino – qui mio padre teneva le botti che doveva governare ogni sera, dopo l’orario di chiusura. Tornava a casa tardi, con le mani sporche di rosso”.
In un angolo dell’antico locale, ci sono ancora dei contenitori graduati, un tempo utilizzati per dosare il vino sfuso. “Le cose sono cambiate quando abbiamo cominciato a vendere il vino in bottiglia. Ma il vero punto di rottura è arrivato con lo scandalo del metanolo negli anni ‘80, quando le persone si sono rese conto che la qualità aveva un prezzo” spiega l’oste, mentre gli avventori nell’altra sala, chiacchierano rilassati, tra calici e tartine.
Secondo Giuseppe, consumatori consapevoli si sono trasformati in clienti sempre più esperti e con gusti ricercati. Alcuni cercano l’aiuto di Giuseppe e dei figli nello scegliere. Altri preferiscono utilizzare delle app dedicate, incrinando il rapporto di fiducia quasi sacro tra oste e avventore.
Ma meraviglie (o orrori) della modernità a parte, scherzare sulla qualità del vino non è più possibile. “Abbiamo clienti di un certo tipo che non puoi prendere in giro. Molti stranieri guardano meravigliati a un’attività fondata nel 1930 – racconta Giuseppe, a cui chiediamo il segreto per rispettare una storia che ha radici profonde – l’ingrediente nascosto è continuare a rinnovarsi. Sempre”.
Un altro tipo di rinnovamento, quello generazionale, piuttosto, può essere un problema in un business a conduzione familiare. Ma non per Gigi.
“Qui siano arrivati tutti per scelta e per passione, non per costrizione. Io ho cominciato a lavorare qui nel 1978, dopo un’esperienza nella florovivaistica – racconta l’oste, ormai 66enne – i miei figli non sono stati obbligati a lavorare qui. Mio nipote Pietro, se vorrà, un domani, sarà il benvenuto”.